Nel giorno in cui ricordiamo la morte di Don Andrea Santori pubblichiamo una sintesi dei testimoni di Cristo uccisi nel 2007 nelle varie parti del mondo, così come è apparsa sull'Agenzia Fides. Dietro a ognuno di essi c'è una storia di donazione, una vita donata a Cristo e ai fratelli per amore.
del 05 febbraio 2008
Anche il 2008 si è aperto all’insegna di gravi violazioni del diritto di libertà religiosa nei confronti dei cristiani in varie parti del mondo. Ricordiamo i due casi più eclatanti del momento.
 
In India nello stato di Orissa, intorno a Natale, le violenze dei fondamentalisti del Vishva hindu parishad (VHP) hanno provocato ferite profonde e difficilmente rimarginabili: morti e decine di feriti, distruzione o danneggiamento di 70 fra chiese e istituzioni, 5.000 cristiani vittime di gravi soprusi, decine di villaggi devastati, persone ancora nascoste nelle foreste e sui monti. Denunciato dai vescovi della Conferenza episcopale indiana (CBCI) lo stato di ansia e di paura di una comunità che sperimenta un “autentico Calvario”.
 
In Iraq, dopo una tregua natalizia che aveva acceso nuove speranze, una raffica di auto-bombe contro chiese e edifici di ordini religiosi sembra aver riportato il clima sociale al dicembre del 2005, quando apparve chiaro l’intento dei fondamentalisti islamici di cancellare la presenza cristiana nel paese. «Noi leader delle chiese cristiane – ha dichiarato il patriarca della chiesa assiriana antica Marra Addai II – abbiamo sempre ammonito di non poter accettare una costituzione islamica. Siamo originari di questo paese e continuiamo a lottare per avere il diritto di vivere in casa nostra. La nostra storia è di un paese pluralista, con molte comunità e molte religioni e tutte hanno il diritto di esistere». In questi anni di guerra hanno abbandonato l’Iraq circa 250mila cristiani, emigrati forzatamente nei paesi vicini, in particolare Siria, Giordania e Libano.
 
Anche il cardinale Emmanuel III Delly, patriarca di Babilonia dei Caldei, ha lanciato un appello per ricordare che «i luoghi di culto sono luoghi di pace e tranquillità, sono luoghi di preghiera. Se alcuni attentano a essi, forse questo è un messaggio per il governo, che non c’è ancora la pace». «Costoro vogliono attirare l’attenzione dell’occidente e degli altri, perché sono state attaccate anche le moschee e altri luoghi di culto, ma nessuno ne ha parlato», ha precisato il presule ai microfoni della “Radio Vaticana”. «Dunque, sicuramente questi atti sono stati compiuti per attirare l’attenzione dell’occidente, affinché non si pensi che la situazione si sia appianata, in Iraq...». Il patriarca ha concluso il suo appello chiedendo le preghiere dei cristiani del mondo per il suo paese. «Ecco il vostro dovere, il dovere di ognuno di noi: chiedere al Signore della Pace di darci la pace. Questa è l’unica cosa. Non possiamo fare altro ...».
 
Questa violenza di radice cristianofobica e fondamentalista è però la punta emergente di una più generale sofferenza che i testimoni di Cristo incontrano in varie parti del mondo. Ne fa fede il consueto Rapporto dell’AgenziaFides, che riportiamo nel secondo “Speciale” dell’anno, in cui viene fornito l’elenco degli operatori pastorali che hanno perso la vita in modo violento nel corso del 2007.
 
 
L’amore non è un accessorio
 
Nel complesso sono stati uccisi 21 tra sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi, tre in meno rispetto al 2006 e quattro in meno rispetto al 2005. Negli ultimi tempi, il conteggio di Fides non riguarda solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma tutti gli operatori pastorali morti in modo violento o che hanno sacrificato la vita consapevoli del rischio che correvano, pur di non abbandonare il proprio impegno di testimonianza e di carità. Non si usa di proposito il termine “martiri”, per non entrare in merito al giudizio ecclesiale successivo e anche per la scarsità di notizie sulla loro vita e perfino sulle circostanze della loro morte. Li proponiamo ai nostri lettori perché il sacrificio della loro vita non sia dimenticato, e perché ognuno di loro, in misura diversa, ha offerto il suo contributo alla crescita della Chiesa in diverse parti del mondo.
 
Alla luce delle parole di papa Benedetto XVI – «Se amare Cristo e i fratelli non va considerato come qualcosa di accessorio e di superficiale, ma piuttosto lo scopo vero e ultimo di tutta la nostra esistenza, occorre saper operare scelte di fondo, essere disposti a radicali rinunce, se necessario sino al martirio. Oggi, come ieri, la vita del cristiano esige il coraggio di andare contro corrente, di amare come Gesù, che è giunto sino al sacrificio di sé sulla croce» (visita pastorale a Velletri, 23/9/07) – tutti questi operatori pastorali senza dubbio avevano fatto una scelta radicale: essere testimoni dell’Amore di Dio in realtà spesso dominate dalla violenza, dal degrado, dalla povertà materiale e spirituale, dalla mancanza di rispetto della dignità e dei diritti dell’uomo. Anche quest’anno i corpi senza vita di alcuni di loro sono stati trovati ore o giorni dopo il decesso, vittime, almeno in apparenza, di aggressioni, rapine e furti che colpiscono indiscriminatamente la popolazione presso cui prestavano il loro servizio pastorale e che vengono sempre più spesso denunciati a voce alta dalla chiesa locale e dalle conferenze episcopali.
 
È il caso del missionario novantenne p. Mario Bianco, morto in Colombia in seguito ad aggressione di alcuni banditi alla ricerca di soldi e oggetti di valore. O ancora di p. Fernando Sanchez Duran, nei pressi di Città del Messico, noto per il suo impegno a favore dei giovani tossicodipendenti, sequestrato e ucciso, mentre dalla parrocchia sono scomparsi con lui un’automobile, un televisore e un computer. Il missionario p. Ricardo Junious è stato rinvenuto all’interno della casa canonica con mani e piedi legati, morto per strangolamento e con evidenti segni di tortura: apprezzato per il suo impegno missionario, per il suo zelo pastorale e per l’assistenza ai poveri, si era particolarmente impegnato per contrastare il traffico di droga e la vendita degli alcolici ai minorenni. Ricordiamo ancora p. Allard Msheyene, degli Oblati di Maria Immacolata, ucciso in seguito all’aggressione subita per il furto della sua automobile: le rapine stradali in Sudafrica sono una vera piaga; oltre 12mila all’anno. Un altro esempio di altruismo e di generosità viene da d. Nicholaspillai Packiyaranjith, coordinatore del Jesuit Refugee Service nel distretto di Mannar (Sri Lanka), che è rimasto ucciso dall’esplosione di una bomba piazzata sulla strada che il sacerdote percorreva per portare assistenza al campo rifugiati e all’orfanotrofio di Vidathalvu.
 
Come dimenticare poi la testimonianza dell’unica religiosa morta violentemente nel 2007, sr. Anne Thole, che non è stata uccisa dalla mano dell’uomo, ma ha sacrificato la sua vita nel tentativo di salvare quella degli altri. Dopo aver messo in salvo cinque malati di Aids dall’incendio che stava distruggendo la struttura dove erano ricoverati, suor Anne è voluta tornare indietro per portare fuori anche gli altri tre, ma il soffitto è crollato uccidendola. “Possiamo ancora salvarne qualcuno” sono state le sue ultime parole mentre si avventurava tra le fiamme.
 
 
Panorama per continenti
 
Riguardo ai continenti dove nel 2007 sono state registrate il maggior numero di vittime tra gli operatori pastorali, figura al primo posto l’Asia, bagnata dal sangue di 4 sacerdoti, 3 diaconi e un seminarista. Davanti alla chiesa del Santo Spirito a Mosul (Iraq), sono stati uccisi il parroco, p. Raghiid Ganni e tre diaconi (Basman Yousef Daoud, Ghasan Bidawid e Wahid Hanna). Il santo padre Benedetto XVI, esprimendo il proprio dolore al vescovo di Mossul dei Caldei, mons. Paulos Faraj Rahho, ha assicurato la sua preghiera affinché il loro sacrificio «inspiri nei cuori di tutti gli uomini e le donne di buona volontà un rinnovato impegno a respingere le strade dell’odio e della violenza, a combattere il male con il bene, e a cooperare per accelerare l’alba della riconciliazione, della giustizia e della pace in Iraq». Nelle Filippine sono stati uccisi 2 sacerdoti (p. Fransiskus Madhu, missionario verbita, e don Florante Rigonan, sacerdote diocesano) e un seminarista, rimasto coinvolto in un tentativo di rapina mentre era a casa per le vacanze. Nello Sri Lanka don Nicholaspillai Packiyaranjith è rimasto ucciso dall’esplosione di una bomba mentre svolgeva la sua opera di assistenza ai rifugiati.
 
In America sono stati uccisi 6 sacerdoti ed 1 religioso. Il Messico è la nazione in cui la Chiesa ha pagato un triplice tributo di sangue, con tre sacerdoti uccisi: don Humberto Macias Rosales, p. Fernando Sanchez Duran, e il missionario p. Ricardo Junious. A essi si aggiungono 2 sacerdoti uccisi in Colombia (p. Mario Bianco dei Missionari della Consolata, e don José Luis Camacho Cepeda), un sacerdote fidei donum ucciso in Brasile (don Wolfgang Hermann) e un religioso in Guatemala (fratel Enrique Alberto Olano Merino).
 
L’Africa ha visto la morte violenta di 3 sacerdoti e 1 religiosa. La nazione con il maggior numero di vittime è il Sudafrica, con 1 sacerdote e 1 suora: p. Allard Msheyene missionario Omi, e sr. Anne Thole perita nell’incendio della struttura che ospitava i malati di Aids. Seguono il Kenya (p. Martin Addai dei Missionari d’Africa) e il Rwanda (dove si è spento il congolese don Richard Bimeriki, vittima di un’aggressione nella sua terra natale).
 
In Europa sono stati uccisi due sacerdoti, entrambi in Spagna: don Salvador Herandez Seller con una lunga esperienza missionaria in Ecuador, e don Tomas Perez.
 
 
Un elenco sempre aperto
 
A questo elenco provvisorio stilato annualmente dall’Agenzia Fides, deve comunque essere aggiunta la lunga lista dei tanti “militi ignoti della fede” di cui forse non si avrà mai notizia, che in ogni angolo del pianeta soffrono e pagano anche con la vita la loro fede in Cristo. «Non di rado, infatti, anche oggi giungono notizie da varie parti del mondo di missionari, sacerdoti, vescovi, religiosi, religiose e fedeli laici perseguitati, imprigionati, torturati, privati della libertà o impediti nell’esercitarla perché discepoli di Cristo e apostoli del Vangelo; a volte si soffre e si muore anche per la comunione con la Chiesa universale e la fedeltà al papa» (Benedetto XVI, Angelus 26 dicembre 2007).
 
In questo contesto, concludiamo ricordando tre vicende emblematiche, che rispecchiano le situazioni e i rischi che affrontano quotidianamente, quasi sempre nel silenzio, quanti operano alle frontiere dell’evangelizzazione.
 
Padre Jim Brown e il laico Wenceslaus Vimalathas sono scomparsi il 20 agosto 2006 da Jaffna, nel nord dello Sri Lanka, una delle zone più calde del conflitto fra le forze dell’esercito regolare e i ribelli del Liberation Tigers of Tamil Eelam: di loro, nonostante ripetuti appelli, non si è ancora saputo nulla. La seconda vicenda riguarda il missionario verbita p. Ho Tran Bach, che il 9 agosto 2007 a Sydney (Australia) è stato assalito da uno sconosciuto penetrato nel collegio durante la notte ed è stato accoltellato alla gola. Nonostante la gravità delle ferite, il missionario è sopravvissuto, mentre alcune informazioni di stampa lo avevano dato per morto senza curarsi di rettificare poi la notizia. Infine il lungo sequestro nelle Filippine del missionario del Pime, p. Giancarlo Bossi, conclusosi con la sua liberazione: «Penso ai sacerdoti, alle religiose e ai laici missionari caduti sulla trincea dell’amore al servizio del Vangelo. Ci potrebbe dire tante cose al riguardo padre Giancarlo Bossi, per il quale abbiamo pregato durante il periodo del suo sequestro nelle Filippine, e oggi gioiamo nell’averlo tra noi. In lui vorrei salutare e ringraziare tutti coloro che spendono la loro esistenza per Cristo sulle frontiere dell’evangelizzazione” (Benedetto XVI, Loreto 1 settembre 2007). (Agenzia Fides 29/12/2007)
 
 
Visti da vicino
 
Il missionario della Consolata (IMC) padre Mario Bianco, novantenne italiano, è morto il 15 febbraio 2007 a Manizales (Colombia) in seguito alle conseguenze di un’aggressione subita il 4 febbraio. Alcuni malviventi avevano fatto irruzione nei locali che un tempo ospitavano il seminario della Consolata nella località di Manizales. Nella struttura viveva p. Mario insieme a un altro missionario italiano e ad alcune persone che si occupano dei servizi, mentre i seminaristi risiedono ora altrove. Nel tardo pomeriggio di domenica 4 febbraio alcuni banditi sono entrati nei locali, hanno legato e malmenato p. Mario e una impiegata, e hanno aggredito anche l’altro sacerdote che poco dopo era rientrato. Per alcune ore i malviventi hanno cercato soldi e oggetti di valore, alla fine sono fuggiti sull’automobile dei missionari, ritrovata due giorni dopo, portando con sé oggetti per un valore di qualche migliaio di euro. P. Mario è stato subito ricoverato in ospedale, non appena i banditi si sono dati alla fuga, ma nonostante le cure è morto per infarto il 15 febbraio (cf. Fides 17/2/2007).
 
Padre Martin Addai, 46 anni, originario del Ghana, dei Missionari d’Africa (Padri Bianchi), è stato ucciso sabato 10 marzo 2007 in Kenya, a Nairobi. Stava andando a far visita ad alcuni amici, quando, vicino al seminario, alcuni banditi lo hanno fermato e gli hanno sparato. Sembra sia morto sul colpo. Il suo corpo in seguito è stato gettato sul ciglio della strada e i suoi aggressori sono fuggiti con l’auto, che è stata ritrovata domenica sera. I confratelli e gli studenti del seminario di cui p. Martin era rettore, non vedendolo rientrare sabato sera non si sono preoccupati, perché sapevano che si era recato alla festa della sua comunità. Solo nel tardo pomeriggio di domenica 11 marzo sono scattate le ricerche. P. Martin Addai era nato a Adamsi, diocesi di Kumasi, in Ghana, il 12 novembre 1960. Entrato in noviziato a Kasama (Zambia) il 19 settembre 1984 e ordinato sacerdote nel 1990, aveva lavorato in Mozambico, nella diocesi di Chimoio. Dal 1993 al 1996 aveva proseguito gli studi a Roma, per la licenza in teologia morale, quindi un anno di spiritualità in Canada. Tornato in Mozambico, aveva insegnato nel seminario maggiore di Maputo, prima di essere nominato rettore del Filosofato di Ejisu, Ghana, fino al 2004. Eletto membro del capitolo generale del 2004, era stato inviato a Nairobi, come rettore del seminario di teologia dei Missionari d’Africa (cf. Fides 13/3/2007).
 
Don José Luis Camacho Cepeda, 54 anni, peruviano, è stato assassinato a coltellate nella notte tra l’11 e il 12 marzo 2007 nella sua abitazione a Bogotà (Colombia). Il sacerdote viveva infatti da circa 20 anni in Colombia. Non avendolo visto presentarsi in parrocchia per celebrare la santa Messa per due volte consecutive, il parroco della “Chiesa di San Carlo Borromeo” a Bogotà ha iniziato a cercarlo presso la sua abitazione. Il sacerdote è stato trovato ucciso nel suo appartamento.
 
Padre Fransiskus Madhu, 30 anni, missionario verbita (SVD) nativo di Flores (Indonesia), è stato ucciso domenica 1 aprile 2007, Domenica delle Palme, nel villaggio di Mabungtot, diocesi di Tabuk, nel nord delle Filippine (isola di Luzon), mentre si stava recando nella cappella del villaggio di cui era parroco, per celebrare la santa Messa vespertina. Alcuni uomini gli si sono avvicinati e hanno aperto il fuoco contro di lui usando armi da guerra. Raggiunto da cinque proiettili che hanno colpito organi vitali, il sacerdote è giunto ormai cadavere all’ospedale dove era stato trasportato dopo l’aggressione. Padre Madhu era missionario in quella zona dal 2005, e la gente locale lo descriveva “gentile e premuroso, attivo e dal carattere schietto” (cf. Fides 3/4/2007).
 
Suor Anne Thole, 35 anni, nata in Swaziland e cresciuta in Sudafrica, delle Suore Francescane della Sacra Famiglia (conosciute come Nardini Sisters) è morta la mattina della Domenica delle Palme, 1 aprile 2007, mentre cercava di mettere in salvo alcuni malati di Aids da un incendio che stava distruggendo la struttura dove erano ricoverati, presso la missione di Santa Maria a Ratschitz, 30 chilometri da Dundee (Sudafrica). Il tetto in paglia dell’edificio ha preso fuoco, forse a causa della sigaretta accesa di uno dei malati, e subito le fiamme hanno preso vigore. Gli infermieri hanno messo in salvo cinque degli otto malati presenti nella struttura, e suor Anne è tornata indietro per portare fuori anche gli altri tre, ma il soffitto è crollato uccidendo lei e i tre malati. Suor Anne si trovava da due anni a prestare servizio in quell’ospedale, oltre a essere anche responsabile del noviziato del suo ordine religioso (cf. Fides 4/4/2007).
 
Don Richard Bimeriki, congolese, della parrocchia di Jomba, nel nord Kivu (R.D.Congo) è morto in un ospedale del Rwanda il 7 aprile 2007, in seguito alle gravi ferite riportate durante un’aggressione subita nella sua parrocchia il 12 marzo. Secondo le ricostruzioni di alcuni testimoni, gli aggressori, vestiti con uniformi militari, avevano fatto irruzione nei locali chiedendo da bere, quindi hanno aperto il fuoco contro il sacerdote.
 
Don Wolfgang Hermann (46 anni), della diocesi tedesca di Trier (Treviri), è stato ucciso nel pomeriggio del 10 aprile 2007 a Belém, nel nord del Brasile, da un giovane che si era introdotto nella sua abitazione, molto probabilmente con lo scopo di compiere un furto. Don Herrmann era nato a Bad Kreuznach (Germania) ed era stato ordinato sacerdote nel 1985 per la diocesi di Trier. Nel 1995 è partito, come sacerdote fidei donum, per la diocesi di Parnaiba in Brasile. Nel 2000 era tornato nella diocesi di Trier, dove ha lavorato fino a settembre 2006 come parroco in diverse parrocchie, prima di ritornare in Brasile (cf. Fides 12/4/2007).
 
Don Salvador Herandez Seller, spagnolo, 75 anni, è stato trovato morto per le conseguenze di colpi inferti alla testa, l’11 aprile 2007, nella sua abitazione di Murcia (Spagna). Uomo di carattere allegro, generoso e pacifico, tollerante verso tutti, il sacerdote era originario di Cehegin. Ordinato sacerdote nel 1959, nel 1962 era partito missionario per l’Ecuador, in qualità di membro della Organizzazione di cooperazione sacerdotale ispanico-americana (OCSHA). Tornato in Spagna da 19 anni, si era dedicato al ministero di parroco e di cappellano degli emigrati.
 
Don Humberto Macias Rosales, messicano, 52 anni, è stato ucciso la sera del 1° maggio 2007 ad Aguascalientes (Messico) nei pressi della sua abitazione con tre colpi di arma da fuoco sparatigli da uno sconosciuto. Subito soccorso e trasportato all’ospedale, è spirato poco dopo. Parroco di “Nostra Signora della Luce” ad Aguascalientes, il sacerdote era molto amato e apprezzato dai suoi fedeli e dai confratelli sacerdoti per il suo spirito di servizio e l’intenso lavoro di evangelizzazione che svolgeva.
 
Nel pomeriggio di domenica 3 giugno 2007, davanti alla “Chiesa del Santo Spirito” a Mosul (Iraq), dopo la celebrazione della santa Messa, sono stati uccisi il parroco, padre Ragheed Ganni e tre diaconi: Basman Yousef Daoud, Ghasan Bidawid e Wahid Hanna. I quattro stavano per salire in macchina, quando un uomo si è avvicinato e ha sparato uccidendoli. P. Ganni è il primo sacerdote cattolico ucciso in Iraq. Il patriarca di Babilonia dei Caldei Mar Emmanuel III Delly e i vescovi del Sinodo patriarcale, in una loro nota diffusa dopo il tragico evento, hanno affermato: «Si tratta di un crimine vergognoso, che qualsiasi persona di coscienza rifiuta. Coloro che lo hanno commesso hanno compiuto un atto orribile contro Dio e contro l’umanità, contro i loro fratelli che erano cittadini fedeli e pacifici, oltre a essere uomini di religione che sempre hanno offerto le loro preghiere e le loro suppliche a Dio onnipotente perché portasse pace, sicurezza e stabilità a tutto l’Iraq» (cf. Fides 4/6/2007).
 
Justin Daniel Bataclan, 20 anni, filippino, seminarista della Società San Paolo, è stato ucciso la sera del 7 giugno 2007 da un ladro entrato nella casa della sua famiglia, dove si trovava per le vacanze, a Cubao, Quezon City (Metro Manila). Udendo dei rumori, Justin è andato in cucina per indagare, quindi è stato assalito dal ladro ed è morto in conseguenza delle molteplici ferite riportate. Il giorno seguente, a conclusione delle vacanze estive, sarebbe dovuto rientrare nel vocazionario paolino di Silang dove avrebbe cominciato il quinto anno di formazione. Justin dimostrava una personalità tranquilla; era diligente, affidabile e molto applicato negli studi. Inoltre, a motivo della sua grande abilità con il computer, era il responsabile del settore informatico del vocazionario. La fotografia era la sua passione.
 
Fratel Enrique Alberto Olano Merino, salvadoregno, 29 anni, della Congregazione dei Fratelli Maristi delle Scuole (Piccoli Fratelli di Maria), è stato ucciso nella notte fra il 9 e il 10 giugno a Città del Guatemala, molto probabilmente da criminali comuni. Mentre infatti stava rientrando con alcuni confratelli nella sua residenza, fratel Enrique è stato aggredito da due uomini armati a scopo di rapina. Intanto altri due uomini, a bordo di una automobile, si sono avvicinati al gruppo e hanno aperto il fuoco, uccidendo il religioso. Da 7 anni in Guatemala, fratel Enrique era professore al liceo e impegnato nella pastorale giovanile.
 
Il corpo senza vita di don Tomas Perez, 75 anni, parroco di Villafranca de Cordoba (Spagna), è stato ritrovato nel suo appartamento con evidenti segni di violenza. La mattina del 16 luglio 2007 una persona che abitualmente lo aiutava per le pulizie domestiche si è recata come sempre nella casa del sacerdote e lo ha trovato senza vita. La popolazione locale, circa 4.000 abitanti, è molto tranquilla, e il sacerdote esercitava qui il suo ministero da più di 30 anni. Un comunicato dell’episcopato di Cordoba lo descrive “dal carattere aperto ed affabile, una persona amata e conosciuta dalla gente presso la quale esercitava il ministero sacerdotale”.
 
Padre Fernando Sanchez Duran, parroco della parrocchia di Santiago Tlaltepoxco, nella località di Tepeji del Rio, a nord della capitale, Città del Messico, è stato sequestrato e ucciso il 22 luglio 2007. Il fratello ne aveva denunciato la scomparsa poche ore prima, sottolineando che dalla parrocchia erano scomparsi un’automobile, un televisore e un computer. Le forze dell’ordine hanno rinvenuto il cadavere del sacerdote, morto apparentemente per asfissia, gettato in uno stagno. I fedeli consideravano p. Fernando come un sacerdote esemplare, particolarmente conosciuto per il suo lavoro a favore dei giovani tossicodipendenti della regione.
 
Padre Ricardo Junious, Omi, 70 anni, originario degli Stati Uniti, è stato rinvenuto il 29 luglio all’interno della casa canonica della parrocchia “Nostra Signora di Guadalupe” nel quartiere di San Rafael a Città del Messico. Un confratello della vittima ha trovato nel dormitorio il cadavere del sacerdote riverso a terra, con le mani e i piedi legati, morto per strangolamento e con evidenti segni di tortura. Molto apprezzato per il suo impegno missionario, per il suo zelo pastorale e per l’assistenza ai poveri, negli ultimi tempi p. Ricardo si era particolarmente impegnato per contrastare il traffico di droga e la vendita degli alcolici ai minorenni, che avvenivano vicino alla parrocchia.
 
Padre Florante Rigonan, 48 anni, filippino, parroco di Sant’Isidoro a Pinili (Provincia di Llocos Norte, nel nord delle Filippine), è stato aggredito poco prima della mezzanotte del 27 agosto mentre stava rincasando dopo aver celebrato la messa vespertina e cenato con alcuni amici. Raggiunto da numerosi proiettili, è morto sul colpo. Secondo una ricostruzione della polizia, il sacerdote stava salendo sul suo furgoncino quando è stato raggiunto alla schiena da almeno nove proiettili. L’automezzo è stato poi svuotato di ogni cosa. Padre Rigonan era entrato in seminario dopo gli studi in medicina, ordinato sacerdote nel 1997, dal 2000 era parroco a Pinili.
 
Don Nicholaspillai Packiyaranjith, sacerdote diocesano e coordinatore del Jesuit Refugee Service nel distretto di Mannar (Sri Lanka), è rimasto ucciso dall’esplosione di una bomba piazzata sulla strada che il sacerdote percorreva per portare assistenza al campo rifugiati e all’orfanotrofio di Vidathalvu. L’esplosione si è verificata sulla Poonery Road, in località Kalvi’laan, la sera di giovedì 26 settembre, e ha lasciato sgomenta tutta la comunità cattolica locale, che apprezzava molto l’opera instancabile di p. Nicholas. Mons. Oswald Gomis, arcivescovo di Colombo, ha diffuso un messaggio di condoglianze in cui afferma: «Siamo profondamente scioccati dalla tragica morte di p. Nicholas. Condanniamo questi atti di violenza che infliggono dolore e lutto ai civili innocenti. Esprimiamo la nostra profonda solidarietà al vescovo di Mannar, mons. Rayappu Joseph, al clero, ai fedeli e alla famiglia di p. Packiyaranjith». Inoltre il vescovo afferma: «Con gratitudine per l’opera che il p. Nicholas svolgeva, come sacerdote impegnato per il suo popolo, offriamo ferventi preghiere a Dio, Padre di misericordia, perché doni a lui il riposo eterno e ogni consolazione spirituale a quanti piangono la sua perdita» (cf. Fides 27/9/2007).
 
Padre Allard Msheyene, detto “Mako”, dei missionari Oblati di Maria Immacolata , sudafricano, è spirato il 6 ottobre 2007 in Sudafrica, in seguito all’aggressione per il furto della sua automobile. Secondo le informazioni dell’istituto missionario, p. Allard, collaboratore del maestro dei novizi, si era recato nella parrocchia “St. Peter” di Nelspruit, 330 chilometri a est di Johannesburg, per offrire il suo aiuto pastorale nel fine settimana. Dopo aver celebrato la santa Messa venerdì sera, 5 ottobre, a Ka Nyamazane, il sacerdote ha offerto un passaggio a un giovane che tornava a casa e si è diretto verso la parrocchia. Poco dopo è stato ritrovato ferito ai bordi della strada nel municipio di Msogwaba. Un’ambulanza lo ha trasportato al Themba Hospital, a Kabokweni e da qui è stato trasferito all’ospedale di Nelspruit, più grande e attrezzato, dove è stato operato di urgenza ed è morto nelle prime ore del mattino del 6 ottobre. Le rapine stradali in Sudafrica sono una vera piaga: oltre 12mila all’anno, il picco si è registrato nel 1998 (16mila) (cf. Fides 10/10/2007).
Antonio Dall’Osto
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