Omelia tenuta da don Albert Van Hecke in occasione delle prime professioni religiose dei salesiani il 8 settembre 2007 a Colle Don Bosco. «Dio chiama ogni uomo e donna fin dal momento del suo battesimo. Ma Egli sceglie anche alcuni che sono capaci di dare tutto, di dare la loro vita per questo progetto, totalmente e per sempre, per vivere ‚Äòla passione' di Dio in questo mondo e nella storia. Non per essere termometri, ma per essere termostati che suscitano calore, entusiasmo, fede...»
del 11 settembre 2007
Il Vangelo ci porta a sei chilometri da Nazaret, in un piccolo villaggio di nome Cana. Si organizza una festa di nozze. La festa doveva essere ricordata da tutti come un avvenimento eccezionale.  Gesù e Maria sono fra gli invitati e con loro anche i discepoli e molte altre persone. Capita ciò che non dovrebbe capitare. Manca il vino. Gesù viene un po’ preso a sorpresa dalla sua Madre con la domanda di aiutare questa gente. Risponde: Ma non è ancora giunta la mia ora.’ Ma chi può resistere ad una domanda di una mamma e davanti all’imbarazzo della gente? E Gesù rivede il suo piano, il suo progetto e compie il primo segno della realtà nuova di cui voleva essere il protagonista: rendere comprensibile l’Amore immenso di Dio per gli uomini e far vivere in anticipo ciò che Egli stesso riserva a quelli che Gli rimangono fedeli: una bella festa nell’eternità.
 
Meditando su questo Vangelo in questi ultimi giorni e attraversando questa mattina la piazza qui al Colle andando verso la casetta di Don Bosco,  mi è venuto in mente un episodio della vita di Don Bosco.
 
Siamo nella prima domenica di luglio 1846: Don Bosco aveva 31 anni e non erano ancora tre mesi dacché che si era stabilito a Valdocco.
Dopo una massacrante giornata passata all’oratorio in un caldo torrido, Don Bosco sviene.
Fu giudicato all’estremo della vita. Gli viene dato il Viatico e l’Unzione degli infermi.
Per otto giorni Don Bosco rimase fra la vita e la morte. Ci furono dei ragazzi che, in quegli otto giorni, non bevvero un sorso d’acqua per strappare al Cielo la sua guarigione. Nel Santuario della Consolata, i piccoli muratori si diedero il turno per la preghiera giorno e notte. Sabato, Don Bosco ebbe la crisi più grave. Non aveva più forze. Nella notte molti temettero la fine. Ma questa non venne.
Venne invece la ripresa, la ‘Grazia’, strappata alla Madonna da quei ragazzi che non potevano rimanere senza padre. E Don Bosco parte per i Becchi per riposarsi presso Mamma Margherita.
Tre settimane dopo, nel pomeriggio, appoggiandosi a un bastone, Don Bosco s’incamminò verso l’oratorio. I ragazzi gli volarono incontro. I più grandi lo costrinsero a sedersi sopra un seggiolone, lo alzarono sulle loro spalle, e lo portarono in trionfo fino al cortile. Cantavano e piangevano.
Entrarono nella cappella di Pinardi e ringraziarono insieme il Signore.
Nel silenzio, Don Bosco riuscì a dire queste parole:  ‘Cari ragazzi, la mia vita la devo a voi. Ma siatene certi: d’ora innanzi la spenderò tutta per voi’.
 
Sono forse le parole più forti che Don Bosco disse nella sua vita. In quei momenti, il suo oratorio non era più progetto suo, ma diventava progetto divino. In quel momento l’acqua della sua vita si cambia definitivamente in vino per i suoi ragazzi. Furono in qualche modo le nozze di Cana per Don Bosco.
In quel momento il Signore chiede a Don Bosco un salto. Cioè:  non seguire più il proprio progetto, ma diventare per i ragazzi, progetto di Dio. I ragazzi diventarono il gregge del pascolo del Signore e lui, Don Bosco, il pastore, farà di tutto per condurli a Dio. E’ la sua professione solenne con cui si consacrò per sempre ai giovani.  
 
Siamo nel cuore  della nostra  professione alla vita consacrata.
 
Certo, Dio chiama ogni uomo e donna fin dal momento del suo battesimo.
Ma Egli sceglie anche alcuni che sono capaci di dare tutto, di dare la loro vita per questo progetto, totalmente e per sempre, per vivere  ‘la passione’ di Dio in questo mondo e nella storia. Non per essere termometri, ma per essere termostati che suscitano calore, entusiasmo, fede.
 
In un modo tangibile ed eminente don Bosco ha reso questo amore reale e visibile per i giovani, i quali non avevano futuro e si sentivano feriti. Egli si avvicinava ai giovani senza complessi, senza condizioni, senza domandare troppo circa la loro persona. Come Gesù, spinto dallo Spirito Santo, camminava, girava; non aspettava un invito dalle persone, non aspettava i tempi né le condizioni più favorevoli. Don Bosco andava cercando i giovani per far loro capire che c’è un Dio che li ama, assicurandoli che la loro vita vale molto più di quanto essi abbiano mai potuto sognare.
 
Proprio per questo lo si vede sacerdote, nelle strade, nel mercato e nelle prigioni. La sua dedizione ai giovani non dipendeva dalle loro capacità e dalle  loro abilità. Per don Bosco non si deve essere perfetto, ben educato, santo. Non era necessario che loro fossero tra i migliori: ‘basta che siate giovani, per andarvi incontro – diceva – perché in voi, Dio è già presente’.  E voglio tanto che voi lo sappiate.
 
Come essere discepoli del nostro Padre Don Bosco?
 
Conosciamo il sogno del mantello dei dieci diamanti, del settembre 1881. Don Bosco vede nel suo sogno un uomo molto maestoso, vestito di un ricco manto che gli copriva la persona. E’ uno dei sogni più importanti, che parlava dei grandi progressi della Congregazione, ma anche dei gravi pericoli che la minacciavano.
 
Non entro nel contenuto di questo sogno, ma nella sua scia vi propongo di comprare, carissimi confratelli, quattro bei mantelli:
 
Un primo mantello: quello dell’ ‘ascolto’, come frutto della vostra obbedienza alla voce di Dio nella Bibbia, nel Vangelo di Gesù e alla voce di Dio nel mondo e nella vostra propria vita. Per questo non smettete di stare, come siete, ‘con Dio’, di spendere tempo per lui.
Per essere obbedienti anche alla storia della Congregazione e a Don Bosco: amare Don Bosco e la sua missione per i giovani più poveri. Per ascoltare il suo grido ‘Da mihi animas, cetera tolle’.
Per essere finalmente obbedienti alle attese dei giovani e per poter dire a loro, a nome di Gesù e come Gesù: ‘Io sono qui per te.’  Ecco il senso dell’obbedienza consacrata.
 
Un secondo mantello: quello della ‘disponibilità ’, come frutto della vostra povertà, che vi fa sentire che la vita è un dono immenso ricevuto dalle mani di Dio, e dono di tante persone: i vostri genitori, la vostra famiglia, (e qui vorrei, a nome della Congregazione e di tanti confratelli presenti,  dire a loro ‘grazie’: continuate a sostenere questo loro cammino ), dono anche che arriva da vostri amici e da vostri confratelli.  E quello che abbiamo acquistato noi stessi, ci è dato per donare.
Questa povertà che vi fa vivere una intensa solidarietà con quelli che non hanno più niente o a cui hanno rubato la ricchezza della vita. Sapendo che i poveri hanno portato più avanti la Chiesa che non i ricchi.
Una povertà che vi fa dire con il Gesù del Vangelo ai giovani : ‘Che cosa vuoi che faccia per te?’. Ecco il senso della povertà consacrata..
 
Un terzo mantello: quello ‘della cordialità e della magnanimità ’, come frutto della vostra castità, che vi rende capaci di amare molti giovani con la serenità dei vostri sentimenti e con la ricchezza della vostra affettività. Essere padri e madri per i giovani, che non hanno conosciuto l’amore. Con un cuore spontaneo, ma delicato, con un cuore tenero e tuttavia non debole, con una sensibilità reale e tuttavia padrona di sé. E’ un dono reso possibile dalla grazia di Dio, attraverso lo Spirito di carità.  Penso che un uomo casto sia sempre un uomo misericordioso, come il Buon Pastore.
Una castità che vi fa dire ai giovani: ‘Sai, c’è qualcuno che ti ama e ti rimane fedele’. Ecco il senso della vita casta consacrata.
 
Un quarto mantello: quello ‘ della fedeltà’ , come frutto della vostra devozione a Maria, la Madre di Gesù. Essa fu sempre presente nei momenti importanti della sua vita. Non abbandonava mai il suo Figlio. Essa fu anche la Madre della vocazione di Don Bosco, indicava il suo campo di lavoro, Madre del sistema preventivo, Protettrice dei giovani, finalmente Aiuto in qualsiasi momento della sua vita.
Una devozione che vi fa dire ai giovani: ‘Anche tu, puoi cambiare l’acqua della tua vita in vino per tutti.’
 
Con questi 4 mantelli potete affrontare tutte le stagioni della vita: la primavera, l’estate, l’autunno, l’inverno…
 
Questo è il nostro progetto di vita, questa è la nostra strada di santità e di felicità. La strada del ‘Da mihi animas, caetera tolle’. Ci sono altre strade nella vita. Buone e ricche. Ma questa è la nostra.
 
E che questa strada sia piena di senso, lo prova la vita di tanti confratelli che ci hanno preceduto, e di tanti confratelli che vivono e lavorano con noi.
 
E finisco con un augurio: con le parole della prima lettura dal profeta Geremia. Non c’è niente da aggiungere ed è chiara: ‘ Non dire: Sono giovane, ma va’ da coloro a cui ti manderò. Non temere, perché io sono con te per proteggerti ’.
don Albert Van Hecke
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