Li chiamano “video shock” e li mostrano tanto per far emergere un po' di indignazione, prima di voltare pagina fino alla prossima videogallery. Ma fermatevi un attimo e fatevi qualche domanda...
Vincendo una certa ripugnanza e facendomi un po’ schifo in questo torbido acquario che è diventato il mondo dove tu stai da spettatore, fin che ti va bene, fin che non capita a te di essere gettato nel mondo virtuale sotto il segno dei pesci e dell’acquario, chi la sogliola e chi lo squalo, chi in vaschetta e chi in piscina, ho cliccato sull’ennesimo “video shock”. Quello di Bollate, periferia impiegatizia di Milano, niente affatto degradata, niente che ricordi Scampia. Niente?
L’afasia completa, il biascicare parole e bestemmie senza senso, quella cosa che abbiamo imparato a nominare e a descrivere sui giornali come “branco”. E che ovviamente, catturata in immagini, offre sangue caldo e audience a trasmissioni tipo Le Iene. Nel caso, il filmato è anche più agghiacciante, il solito cellulare di un ragazzino del gruppo che riprende la scena già immaginando probabilmente lo scarico sul Facebook.
Pochi istanti e il mucchietto selvaggio di ragazzini intuisce la caccia e la preda: una ragazzina dai capelli neri e un’altra dai capelli tinti biondi, vestita con un giubbottino da bronx, aggressiva, teppista, che prende a male parole la nera.
Pochi istanti ancora e, come in un acquario dove un pesciolino solitario distillasse un amen di sangue da un piccola ferita, il piranha gli è addosso con tutti gli altri attorno frementi e famelici. “Su fagli male!”. “E vai!”. “E dagli!”. Gli altri pesci sono ragazzi coetanei della tinto-bionda e della solitaria cresta nera. Ragazzini che assistono feroci e incoraggianti il pestaggio come a un combattimento di cani.
In effetti, non è un combattimento di cani, è un pestaggio di una ragazzina da parte di un’altra ragazzina. Un pestaggio senza un po’ di pietà, intercalato da insulti e bestemmie. Calci, pugni in faccia, la nera presa per i capelli e trascinata a terra dalla bionda tinta. Ecco, spiegherà poi la dida del video, il pestaggio scaturito dall’accusa di una di avergli rubato il ragazzo all’altra. Quindici anni! E nessuno intorno che muova un dito. Tutti a fare il tifo. E l’anonimo che filma con sadico piacere la scena da postare su Facebook.
Interessa niente che i siti dei grandi giornali l’abbiano derubricata a “video shock”, come ormai si fa di regola, e sbattuta in faccia ai loro visitatori. Un po’ per farci l’ennesima denuncia indignata, un po’ – tanto – perché si sa che questa è roba che fa tanti clic. Interessa poco anche la morale. Perché la morale si vede da sé e chissenefrega, anzi, ciccia, alla denuncia che scatterà a questi ragazzi qui.
Interessa invece questo: qualche giorno fa, a proposito dell’ennesimo massacro di cristiani in Nigeria ad opera dei sanguinari islamisti del gruppo Boko Haram – che nella lingua indigena significa, alla lettera, “l’educazione occidentale è peccato” – un cardinale nigeriano ha osservato: «Il governo ha speso miliardi per acquistare ogni tipo di gadget, ma non conta quanti soldi si spendono fintanto che si ragiona in termine di potenza contro potenza, fuoco per il fuoco; non si può così risolvere il problema della sicurezza». E come si può risolvere allora? «Abbiamo bisogno di comprendere come un giovane di 27-28 anni, con una laurea in chimica o in un’altra disciplina finisca per vivere nella boscaglia; qualcosa è accaduto nella sua mente. Per cambiare la mente di questo giovane occorre avvicinarlo, ma non con un’arma».
Ecco, questi da noi hanno 15-16 anni invece dei 27-28 nigeriani. Non tagliano teste e non sgozzano nessuno ma, fatte le debite proporzioni, hanno in corpo lo stesso male, nelle mente lo stesso vuoto. E anche qui, finalmente, dovremmo ammettere: il governo spende miliardi per ogni tipo di gadget e emergenza scolastica, corsi di educazione alla legalità, parodie dell’affettività, insegnamento delle regole e delle buone maniere. Ma poi, alle porte di Milano, come a Scampia, come davanti all’entrata di qualunque scuola di stato italiana, tu trovi questi grumi qui, questi ragazzi da boscaglia. A cui tutti fanno la morale e pretendono di entrare con un pungiglione psicologico nella testa, ma ai quali non sanno proporre altro che chiacchiere sull’uguaglianza, antimafia, regole, legalità, denunce anti casta. E il “goditela”, tanto la vita è breve e vale niente.
Dopo di che, ecco le scene ordinarie dalla giungla di un’adolescenza omologata e allo stato brado, ragazzini che vagano per le nostre strade metropolitane esposti ad ogni vento e a ogni azione di pura istintività bestiale. Sono pieni di un rancore come se gli stessi corpi non sapessero con chi prendersela per il niente che hanno dentro. E così si ficcano in ogni guaio, in ogni filmato, in ogni Facebook. Pur di sbattere la faccia da qualche parte e si tiri la giornata.
Com’è che succede questa cosa? Ma noi non siamo il progresso, il multi culti, la lotta per i diritti civili, la legge e i maestri della legge, i maestri della denuncia e la società più impregnata di urgenza di pulizia, onestà, senso civico? Non siamo l’epoca del Mastrolindo applicato in ogni piega della società, scuola compresa? Non spieghiamo tutti i giorni in scuole di ogni ordine e grado che siamo tutti uguali, tutti buoni, tutti impegnati nel rendere migliore il mondo, tanto che con raffinata perizia e con martellamento di ogni mezzo di comunicazione siamo costretti a dire che il significato della vita è relativo, è tutto un gioco, conta l’emozione, la ragione che ci ha dato Dio è identica a quella di un cane, se per caso studi è solo per farti una buona professione futura? Vabbè, che noia. Così poi c’è il figlio di papà che vegeta sul tweet spaparanzato sul divano. E c’è il figlio di una massa anonima di poveri cristi che gira nel mondo come una belva in gabbia.
Tutto qui. Anche da noi è così. O non è forse vero che tutto, dalla politica all’antipolitica, dai social network al cinema, dall’antimafia alla filosofia dei Vattimo, non racconta altro che Boko Haram, “l’educazione occidentale è peccato”? In verità, abbiamo anche noi bisogno di comprendere come un ragazzino e una ragazzina di 15-16 anni, che non sta nella giungla e non va in giro a piedi scalzi, finisca per vivere nella boscaglia del nulla.
Luigi Amicone
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