Un altro San Giuseppe Cafasso

Quando Caino è innocente. Il rev. Carroll Pickett ha assistito a 95 esecuzioni capitali; apostolo dei condannati a morte negli Stati Uniti. Mi disse di non aver ucciso. Domandò anche se mi poteva chiamare 'papà'. Non padre, ma papà, perché, mi disse, non aveva mai avuto un papà. 'Non c'è problema', dissi. Poi mi raccontò come la sua vita avesse preso una piega sbagliata...

Un altro San Giuseppe Cafasso

da Teologo Borèl

del 25 giugno 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

          Nel 1989 Carlos De Luna è stato giustiziato per l’assassinio di Wanda Lopez, cassiera in una stazione di servizio vicino al paese Corpus Christi, in Texas, avvenuto sei anni prima. Ora uno studio del professore di Diritto alla Columbia University, James Liebman, e del suo team di studenti afferma di aver provato la sua innocenza. Per De Luna la pena capitale - si legge nel lungo articolo pubblicato sulla 'Columbia Human Rights Law Review' - è stata il risultato di un’indagine superficiale, di una testimonianza inaffidabile e di una difesa inadeguata. Lo studio conclude che l’omicida non era Carlos De Luna, ma Carlos Hernandez, un suo conoscente che gli somigliava come una goccia d’acqua. Il Sir ha rintracciato l’ex cappellano carcerario Carroll Pickett, 79 anni, testimone tra il 1980 e il 1995 di ben 95 esecuzioni, tra cui anche quella di Carlos De Luna. Reverendo Pickett, lei è l’ultima persona che ha parlato con De Luna prima dell’esecuzione. Che cosa le ha detto?

          'Mi disse di non aver ucciso. Domandò anche se mi poteva chiamare 'papà'. Non padre, ma papà, perché, mi disse, non aveva mai avuto un papà. 'Non c’è problema', dissi. Poi mi raccontò come la sua vita avesse preso una piega sbagliata: si era avvicinato a persone sbagliate, si era trovato nei posti sbagliati al momento sbagliato. Mi domandò anche come sarebbe avvenuta l’esecuzione e se gli avessi potuto tenere la mano, almeno quando il protocollo lo consentiva'. Quali sentimenti condividevano con lei i condannati?

          'Quelli che avevano qualche tipo di credo religioso sopportavano meglio il momento. Gli altri erano estremamente nervosi, disperati. In quegli ultimi minuti di vita mi confidavano tante cose. Dipendeva dalla loro personalità, ma quasi tutti citavano le circostanze del crimine per il quale si trovavano lì dov’erano. Alcuni se ne vantavano e confessavano pure altri delitti altrettanto feroci. Altri maledicevano il giorno in cui si erano macchiati di quelle azioni. Altri ancora, quelli innocenti come De Luna, immaginavano come potevano essere andate le cose per davvero. Quelli innocenti come De Luna erano i più difficili da rincuorare'. Tra le 95 persone che lei ha incontrato prima dell’esecuzione ritiene ci fossero altri innocenti oltre a De Luna?

          'Senza dubbio, almeno in due casi, a mio parere. Poi bisogna sempre considerare che un terzo di quelli giustiziati nel periodo in cui andavo nel 'braccio della morte', sia pure complici nei delitti, tecnicamente non avevano ucciso. Ma la legge attribuiva loro le stesse colpe di chi aveva materialmente tolto la vita a un’altra persona, di chi aveva premuto il grilletto'. Fino a poco tempo fa in Texas i condannati potevano concedersi un ultimo pasto speciale. Un anno fa il senatore del Texas, John Whitmire, ha intimato alla corte di giustizia del suo Stato di interrompere la pratica, definendola sconveniente, perché molti detenuti alla fine non consumavano il cibo richiesto. Lei che ne pensa?

          'Il condannato poteva compilare un questionario e scrivere che cosa voleva avere come ultimo pasto. Ma tra quello che richiedeva e quello che otteneva ci passa il mare. Quei manicaretti di cui parlano tanto i giornali - tripli cheeseburger, braciole alla griglia, torte con burro di arachidi - sono solo le richieste di condannati. In realtà nei piatti poi trovavano solo quello che c’era nella cucina della prigione, non altro. Ma in ogni caso, quello che in molti non capiscono è che chi si prepara a morire non ha bisogno di molto. Il sole cala, è l’ultimo giorno della loro vita, scende un silenzio gelido. Questi condannati assaggiano appena il cibo e lo lasciano da una parte. Non si sentono di farsi una scorpacciata. Semmai pensano a quali saranno le loro ultime parole o a chi le rivolgeranno, ripercorreranno la loro vita'. Dopo l’esecuzione la salma viene consegnata ai familiari del condannato?

          'Alcune settimane prima dell’esecuzione il condannato può indicare come desidera venga disposto delle sue spoglie. Se non specifica nulla, o la famiglia non vuole farsene carico, viene seppellito nel cimitero carcerario di Huntsville, nella parte orientale del Texas'. Qualcuno viene al funerale o va a visitare i suoi cari?

          'Dipende. Molte famiglie sono davvero povere e non si possono permettere di venire alle esequie, specie se abitano distante dal carcere. Altre partecipano e poi visitano il campo santo. Ricordo in particolare una ragazza. Veniva ogni anno nel giorno del compleanno del morto. Portava una torta e ne assaggiava una fetta sulla tomba del fidanzato'. La pena di morte è sempre meno popolare negli Stati Uniti, ma secondo recenti sondaggi circa il 60% degli americani è ancora favorevole. Perché?

          'Forse perché quasi nessuno ha visto un’esecuzione da vicino. Si tratta di una pratica molto crudele, a volte anche più dolorosa del previsto. Purtroppo molti non capiscono che il carcere è già una condanna terribile'.

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