Ogni giorno i nostri giornalisti ci raccontano storie giovanili drammatiche... di violenza tremenda: omicidi, violenze, orge sataniche... Da pochi giorni ho pianto un giovane genovese, suicida a 17 anni. Chi è abituato ad andare al di là delle parole sa bene che dietro certi gesti c'è sempre un disagio...
del 18 dicembre 2007
Ogni giorno i nostri giornalisti ci raccontano storie giovanili drammatiche.. di violenza tremenda: omicidi, violenze, orge sataniche… Da pochi giorni ho pianto un giovane genovese, suicida a 17 anni. Chi è abituato ad andare al di là delle parole sa bene che dietro certi gesti c'è sempre un disagio e dietro al disagio c'è sempre una situazione di solitudine, perché essere soli è la cosa peggiore che possa capitare ad una creatura che è fatta per amare ed essere amata, immagine di Dio Amore, trinitario.
Quando chiesero a Gesù quale fosse la cosa più importante della vita, il primo dei Comandamenti, egli rispose con decisione: il comandamento dell'Amore, per Dio, per il prossimo, per se stessi, e nel dubbio che qualcuno avesse frainteso, raccontò una parabola in cui un samaritano 'si prese cura' di una persona 'bastonata' dalla vita.
'Prendersi cura'… che bella questa espressione… Nel racconto evangelico 'prendersi cura' diventa accompagnare la persona sofferente in una locanda. Gli studiosi della Bibbia con sicurezza affermano che questa 'locanda', nel pensiero di Gesù, fosse la Chiesa, cioè una comunità.
Nel mondo giovanile la chiesa è spesso rappresentata da un gruppo giovanile. Un gruppo giovanile può essere la risposta al bisogno di crescita, di cura, di amore che abita il cuore di tutti i giovani.
Non posso immaginare la mia giovinezza senza una comunità.
Ma come far vivere un gruppo? Un mio amico psichiatra mi ricorda sempre che psicologicamente siamo strutturati secondo uno schema settimanale: ciò che importante va fatto almeno tutte le settimane! Lui dice che l'ideale per un gruppo giovanile sarebbe incontrarsi almeno una volta tutte le settimane. Dalla mia esperienza mi sono accorto che la vita di una comunità dipende dall'impegno nella vita spirituale di ogni singolo. Dalla mia esperienza vedo che se in un gruppo giovanile qualcuno, due o tre persone, comincia una vita spirituale seria, magari accompagnata da un padre spirituale, quel gruppo non si ferma più, perché lo Spirito Santo lo spinge e diventa un gruppo di 'santi' che cambiano davvero il mondo intorno a loro.
La preghiera comune, la disponibilità a raccontare la propria vita, la voglia divertirsi, cenare, giocare, scherzare insieme sono momenti necessari. E' importante pensare e realizzare insieme qualche gesto concreto per gli altri, per la città. Il lavoro, gli affetti, lo studio, i problemi veri mi sembrano ambiti di confronto che non possono mancare, il bisogno di speranza di tanti giovani ha bisogno di volti adulti; nel gruppo giovanile c'è posto la testimonianza di testimoni adulti, di un vita cristiana felice, sia professionalmente che vocazionalmente.
Gesù ha iniziato così, raccogliendo intorno a sé una comunità di 12 persone…
E' appena iniziato l'anno dell'Annuncio, secondo del triennio dell'Agorà. Forse la sfida di una comunità giovanile in cui ci si vuole bene, che supera ogni individualismo,  è il primo annuncio di cui il mondo di oggi ha bisogno… voi cosa ne dite?
                                                                                                         
PS. Ho appena messo il punto per concludere l'articolo; mi viene in mente, con un brivido, una frase che mi ha detto un giovane animatore, dopo che ho, durante un incontro,  commentato il 'si prese cura' del parabola del Buon Samaritano. 'Scusa don, ma chi si prende cura di noi educatori? Voi preti dove siete, come facciamo a rintracciarvi per essere ascoltati e magari perdonati con il sacramento?' Ho pensato, con un brivido, ai miei ritmi di vita…
don Nicolò Anselmi
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