Un buonismo camuffato apre il varco alla selezione

Se si arriva considerare lecito distruggere un essere imperfetto, infatti, cambia completamente il modo di considerare la malattia e la sofferenza nella società: da disgrazie inevitabili da affrontare con solidarietà e comprensione, queste diventano fenomeni inammissibili, errori di valutazione, pretesa di disturbare una società felice.

Un buonismo camuffato apre il varco alla selezione

da Attualità

del 04 ottobre 2007

È facile comprendere il punto di vista dei genitori sardi che desiderano un figlio sano, e quindi considerare crudele chi si oppone al loro progetto in nome di una 'ideologia astratta'. È facile sostenere che la loro è di fatto una scelta umanitaria, che salvaguarda i sentimenti e i desideri di due persone, e che pertanto non ha niente a che vedere con l'eugenetica, ideologia resa infame dalla realizzazione pratica che ne ha fatto il nazismo in anni non ancora tanto lontani. Là, nel passato, c'era una figura esecrata, Hitler, che voleva realizzare un mito pericoloso e insano, la purezza della razza; qui, oggi, c'è solo una coppia di genitori che vuole un bambino sano e non è sicura di poterlo avere. Eppure, si tratta in entrambi i casi di una selezione di chi è sano attraverso la distruzione di chi è malato e quindi imperfetto, ma il passaggio dal piano pubblico della volontà di Stato al registro privato del desiderio, ampiamente condiviso, di due esseri umani, sembra purificare il caso di Cagliari dalla terribile accusa di eugenetica. Invece non è così: si tratta in entrambi i casi di un atto di eugenetica, e non basta il cambiamento del soggetto che decide a renderlo moralmente accettabile. E anche il fatto che si tratti di un caso privato non ne cancella la funzione etica negativa per la società: una sentenza che lo ammette crea un precedente per altri casi, e se la selezione è permessa per la talassemia sarà presto impossibile rifiutarla in caso di altre malattie. Ecco, quindi, che la nostra società rischia di diventare un luogo dove si pratica la selezione eugenetica, con tutte le conseguenze del caso. Se si arriva considerare lecito distruggere un essere imperfetto, infatti, cambia completamente il modo di considerare la malattia e la sofferenza nella società: da disgrazie inevitabili da affrontare con solidarietà e comprensione, queste diventano fenomeni inammissibili, errori di valutazione, pretesa di disturbare una società felice. Quindi, un peso e un fast idio per gli altri sempre più difficile da sostenere. Soprattutto, riappare, sotto mentite spoglie, quell'utopia dell'uguaglianza che già tante disgrazie ha provocato nel secolo passato: se siamo tutti uguali, in questo caso tutti sani, si realizzerà una società felice. Un'utopia che, sotto forma di purificazione razziale, giustificava anche i nazisti nella loro pratica eugenetica. E nella Germania di allora, come ci ricorda Alice Ricciardi von Platen, medico chiamata come esperta al processo di Norimberga, la manipolazione dell'idea di eugenetica era forte: «Chi voglia approfondire la genesi dell'idea di eutanasia nell'ideologia nazionalsocialista non deve credere che si parlasse apertamente del significato di questo termine». Anzi, «i cultori di eugenetica svilupparono un atteggiamento quasi benevolo verso i soggetti affetti da malattie ereditarie. Attraverso la legge, in fondo, si era provveduto a loro favore». Tanto che, scrive ancora, i medici coinvolti nel programma di eutanasia «erano animati da un ingenuo idealismo: desideravano aiutare il singolo e la società nella malattia, combattere attivamente la sofferenza dei malati». Sono parole che potrebbero essere applicate perfettamente ai difensori attuali della selezione preimpianto degli embrioni, i quali si presentano come campioni della scienza a difesa della felicità umana. Mentre chi avverte la pericolosità di questa scelta viene dipinto invece come un essere crudele, perché in nome di astratti principi obbliga alla sofferenza povere coppie di sposi che desiderano un figlio.

Lucetta Scaraffia

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