Quella sera abbiamo respirato “la gioia dell'amore” ed avuto la testimonianza di una famiglia che, pur tra i normali problemi, sceglie ogni giorno di costruire un mondo migliore
del 26 luglio 2017
Quella sera abbiamo respirato “la gioia dell’amore” ed avuto la testimonianza di una famiglia che, pur tra i normali problemi, sceglie ogni giorno di costruire un mondo migliore
In questi mesi ho partecipato a diversi incontri sull’Amoris Laetitia, tutti con ottimi relatori e certamente interessanti; tuttavia nessuno di questi mi ha stimolato a scrivere qualcosa, poiché – pur ascoltando parole molto ricche – sembrava mancassero la vita, il respiro, l’anima.
Di recente, invece, sono stato invitato ad un compleanno, alla festa per i cinquant’anni di uno storico e carissimo amico, Agostino, sposato e padre di ragazzi. La location, di per sé originale, è stata un cine-teatro di Piazza Armerina, che da buon architetto Agostino ha salvato e riconsegnato alla cittadina e soprattutto ai giovani ai quali da sempre dedica la vita da Salesiano Cooperatore insieme alla moglie Cinzia.
Che c’entra tutto questo con l’esortazione apostolica? Un attimo di pazienza, adesso si spengono le luci, si apre il sipario ed inizia lo spettacolo! Sul palco Agostino e la sua famiglia, dinanzi ad un pubblico di più di cento parenti ed amici, mettono in scena gli anni trascorsi, dalla nascita ad oggi, tra musica, canzoni, foto, video, racconti, e persino la macchina del fumo. Canta “Luna” di Gianni Togni, “Teorema” di Ferradini con l’entrata in scena di Cinzia per il duetto, imbraccia la chitarra per dedicare “A te” di Jovanotti alla figlia Gaia che danza nel frattempo in scena, suona la chitarra in “Un giorno credi” di Bennato insieme al primogenito Gabriele, mentre il secondogenito Samuele presenta disinvolto e con ironia i diversi momenti della performance; tutti applaudiamo, tanti ballano e ridono quando intona “Per colpa di chi” di Zucchero, che è stata la ninna nanna dei figli! Nel frattempo, alle spalle, vengono proiettate le foto dell’infanzia, dell’adolescenza, della giovinezza, di pochi mesi e giorni fa, volti di ieri e di oggi, di parenti ed amici che hanno festeggiato dal Paradiso e quelli che non smettono di sognarlo; ci sono la laurea, gli anni del Movimento Giovanile Salesiano, il viaggio a Sarajevo– nascosto ai genitori – durante la guerra nella ex-Jugoslavia insieme ai “Beati i costruttori di pace”, il matrimonio, i viaggi, la nascita dei figli, l’oratorio a conduzione laicale insieme a Cinzia, l’impegno in politica e quello giornalistico, il servizio nella Chiesa e nella società, l’attuale scommessa sull’accoglienza dei migranti in Sicilia secondo il carisma di Don Bosco.
È stato un vero spettacolo, una vera festa, in cui tutti ci siamo sentiti famiglia ed in famiglia! E come in tutte le famiglie e in occasione delle feste, abbiamo pure mangiato abbondantemente e bella è stata l’attenzione ai fratelli migranti presenti, con piatti tipici africani. Sì, perché per anni il sogno di questa famiglia è stato quello di recarsi in Africa in missione, figli compresi; poi l’Africa ha raggiunto potentemente la Sicilia ed il sogno si è solo un po’ trasformato, ed in fondo questa è la fantasia di Dio a cui abbandonarsi.
Quella sera abbiamo respirato “la gioia dell’amore” ed avuto la testimonianza di una famiglia che, pur tra i normali problemi, sceglie ogni giorno di costruire un mondo migliore non solo per sé, ma sempre aperta all’altro, al coinvolgimento di molti, dando spazio alla Provvidenza.
Alla fine, a mo’ di bomboniera, ci è stato donato un segnalibro con un “grazie” e questo pensiero che ci ha fatto sorridere: Crescete come buoni rivoluzionari. Studiate molto per poter dominare la tecnica che permette di dominare la natura. Ricordatevi che l'importante è la rivoluzione e che ognuno di noi, da solo, non vale niente. Soprattutto siate sempre capaci di sentire nel più profondo di voi stessi ogni ingiustizia commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo: è la qualità più bella di un rivoluzionario.
Chi è l’autore? Un santo, un papa, Don Bosco, Papa Francesco? No, Ernesto “Che” Guevara…in una lettera ai figli; ed in fondo così tutto torna in famiglia!
Marco Pappalardo
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