Un articolo su come i giovani vivono la sessualità in libertà, ma cosa capita veramente?
Ho la fortuna di fare un bellissimo mestiere che mi dà il privilegio di ascoltare ciò che spesso nessun altro ha mai ascoltato, di conoscere in profondità persone diversissime tra loro, di poter scorgere quello che c’è di più autentico dietro le maschere, i ruoli e gli atteggiamenti culturalmente mainstream.
Le persone che ascolto con più frequenza sono giovani under 30, e considero una grande opportunità il fatto che tra questi, la maggior parte non sia cattolica. Sono giovani del mondo e, da quello che fa l’operaio a quella che frequenta l’università, con tanto di collettivi universitari e attivismo di vario genere, hanno in comune un fatto: vivono la loro sessualità in maniera “libera” appunto, senza i condizionamenti della morale cattolica riguardo a castità, rapporti prematrimoniali, ecc.… e me ne parlano. Mi raccontano di come è davvero la sessualità vissuta così. Protetti dal non giudizio di quella che qualcuno chiama “la stanza delle parole”, hanno il coraggio di aprirsi e di dire ad alta voce con onestà come si sentono e cosa pensano.
È interessante il fatto che spesso, queste “confessioni” che fanno a se stessi più che a me, siano accompagnate da un certo senso di inadeguatezza. Mi spiego.
Dal cuore delle ragazze emerge quasi sempre il desiderio di una relazione profonda, intima, che sia emotiva ed affettiva, non solo sessuale; emerge il desiderio di essere scelte, magari non per tutta la vita, (dando quasi per scontato che prima o poi ci si lascerà) ma di certo è presente il desiderio di essere scelte per il tratto di vita che passeranno con quella persona. La cosa curiosa a questo punto è che, subito dopo aver espresso queste cose, si sentono quasi in dovere di giustificarsi: ci provano a dividere sesso e relazione ma, nella maggior parte dei casi, non ci riescono e, immaginando invece che per tutte le altre sia facile, si sentono inadeguate o sbagliate a causa di questo loro sentire. Ci provano a vivere “relazioni aperte”, l’ultima frontiera della libertà e dell’emancipazione, ma anche in questo caso ammettono, quasi come fosse una colpa, che non fa per loro.
I maschi, di contro, fanno tenerezza perché si ritrovano spesso incastrati nel ruolo che la società affibbia loro, ovvero di quelli che devono performare, sempre disponibili al sesso, e di conseguenza sono preda anche del nuovo ruolo, molto attivo, che assumono le ragazze, dando per scontato – vedi sopra – che ai ragazzi piaccia così.
In realtà, spesso i ragazzi confessano di essere spiazzati dall’intraprendenza femminile, e questo causa loro anche episodi di disfunzioni sessuali. Recentemente un ragazzo, raccontandomi proprio di come avesse fatto “cilecca” ad un primo appuntamento in cui non aveva per nulla messo in conto il sesso, mi ha detto: “non me lo aspettavo, non lo avevo previsto, ma mi sono detto vabbè non fare lo sfigato, approfittane, ma il mio corpo non è stato d’accordo”.
Già, perché tu puoi provare a usare il tuo corpo come ti pare, ma il corpo non è solo un corpo, non è una macchina da usare a tuo piacimento, non è solo una funzionalità biologico-meccanica. Il tuo corpo è molto di più, non è qualcosa, è qualcuno: tu, per la precisione. Ogni fibra del tuo corpo è inscindibile da ciò che vibra nella tua interiorità, nelle tue emozioni, e in tutto ciò che ancora non conosci di te ma esiste.
Proprio per questo le cose non vanno come ti aspetti: credi di poter approfittare di quella ragazza così disponibile, e invece ti ritrovi a perdere l’erezione; vuoi a tutti i costi avere la tua prima esperienza sessuale con un ragazzo per non sentirti diversa dalle tue amiche, ma poi scopri che quell’atto ti fa male fisicamente, provi dolore invece che piacere, e ti chiedi come mai.
E allora si arriva all’effetto paradossale: pensando di poter vivere la sessualità in maniera libera e fluida, svincolata da se stessi e dalla relazione con l’altro, all’opposto si diventa maschi e femmine sessualmente impotenti, cioè non in grado di viverla pienamente; pensando che non ci siano limiti nell’usare la propria sessualità, in realtà ci si ritrova limitati, a partire dal fatto molto concreto di non riuscire ad avere rapporti completi e quindi anche arrivando ad evitarli per non incorrere in nuove delusioni e frustrazioni.
Ma attenzione, non aspettatevi a questo punto, di contro, un elogio della castità tout court, un’apologia della morale cattolica che quella sì, che è garanzia di una buona sessualità.
No, dipende. Infatti, accanto ai giovani libertini c’è un’altra categoria che, per ragioni diverse, si trova impantanata nelle stesse difficoltà. E non solo per quanto riguarda la sessualità agita ma ancora prima, nel rapporto con questo aspetto così importante – se non fondante – della vita: infatti, anche attraverso il ministero che svolgiamo nella Chiesa, parlando con le persone, incontriamo non di rado blocchi, paure, rigidità, evitamenti, che interferiscono nelle relazioni ben prima di arrivare a vivere la sessualità in camera da letto.
Ci stiamo riferendo alla categoria di giovani, figli di una certa educazione religiosa – dannosa – che purtroppo esiste ancora: quella in cui il corpo è negato e la sessualità è taciuta quasi fosse qualcosa da temere o di cui vergognarsi o semplicemente da tollerare per certi fini.
Purtroppo ci capita ancora di riscontrare come spesso l’educazione sessuale sia trattata solo al livello di ciò che si può e non si può fare. In questo modo però, pur con le più buone intenzioni, la sessualità viene ridotta ad una funzionalità da gestire, ad un atto, il rapporto sessuale, che coinvolge solo una parte di noi, gli organi genitali.
Il problema è che la sessualità è molto di più: è molto di più di ciò succede in camera da letto, è molto di più di un comportamento, è molto di più dell’incontro di due organi sessuali. Quindi non possiamo trattarla come qualcosa che è possibile disattivare o mettere sottochiave per un periodo e poi riattivare quando ci sono le giuste condizioni (magari nel matrimonio) aspettandoci che tutto funzioni spontaneamente. Ne rimarremo immancabilmente delusi.
La sessualità inizia molto prima e non riguarda solo il fare, ma abbraccia tutta la persona, anche il pensare e il vissuto emotivo e relazionale. Ad esempio: come penso al mio corpo e a quello dell’altro? che valore do alla sessualità? che rapporto ho con il piacere? Come integro questo aspetto della mia vita in ciò che sono e nelle relazioni che vivo?
Insomma, la provocazione è questa: attenzione a cosa e come comunichiamo su questo argomento noi cattolici, perché rischiamo di provocare altrettante “vittime” tante quante ne sta facendo la rivoluzione sessuale, anzi, a ben vedere lo abbiamo già fatto per tanti anni in passato. E rischiamo anche di ritrovarci con gli stessi errori di fondo: separare la sessualità dal resto della vita come se fosse una dimensione accessoria a sé stante, ridurla ad un mero gesto che coinvolge solo la genitalità, finendo così per svilire a nostra volta questo grande dono di Dio, che racchiude il mistero della nostra identità e del nostro destino.
Ma allora come fare se sia l’assenza che la presenza di regole in campo sessuale sembra avere effetti nefasti sulla vita dei giovani? Come parlare di sessualità? Cosa dire?
Rispetto al come siamo sempre più che convinti che se non ci si è riconciliati con questa dimensione fondante della vita umana, meglio tacere, se no, insieme alle nostre parole, trasmetteremo inevitabilmente anche tutte le nostre irrisoluzioni.
Sul cosa, da parte nostra possiamo dire che, di tutti gli approcci che abbiamo incontrato, soltanto la teologia del corpo di San Giovanni Paolo II ci sembra in grado di offrire una visione unitaria capace di tenere insieme tutte le dimensioni della persona, capace di conciliare la verità con l’esperienza, la bellezza della sessualità e il bene della persona, i desideri profondi del cuore e la realtà ferita dello stesso cuore umano, proponendo un cammino non motivato da giudizio, moralismi e rigidità, ma solo dalla bellezza che il cuore intuisce. Una bellezza a cui il cuore di tutti – cattolici e libertini- anela, anche se molto spesso non lo sa.
P.S. Giunti alla fine di questo articolo ci rendiamo conto che il tema richiederebbe molteplici approfondimenti (che speriamo saranno oggetto di articoli futuri) queste sono solo alcune suggestioni generali, ma crediamo valga la pena iniziare da qualche parte.
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