Ligabue e Vasco alle prese con l'ampiezza della ragione.
del 03 novembre 2008
“Cosa c’entra questo cielo lucido che non è mai stato così blu, e che se ne frega delle nuvole... mentre qui, manchi tu!”.Canta così il “maestro di Correggio” (al secolo Luciano Ligabue e non Antonio Allegri, il pittore seicentesco) e subito presenzia nelle classifiche, mobilita i fan, fa parlare di sé, suscita apprezzamenti, opinioni, qualche critica, a noi fa sorgere una domanda: perché il cielo lucido non c’entra?    Non vorremmo mettere in bocca al Liga profeta del mondo giovane e della filosofia del Bar Mario idee, parole e concetti che non sono nelle sue intenzioni, ma ci pare che anche lui una volta di più ceda, come il suo più navigato compare Vasco, al minimalismo affettivo, all’autoreferenzialismo emotivo di un’epoca umana e giovanile che loro stessi hanno contribuito a creare.
Ci aspettavamo finalmente un Liga non manieristico, magari un’artista dal ritrovato lustro rockeggiante anni ’90. Avevamo atteso l’ultimo Vasco, quello de Gioca con me, così come si attende un cantore della postmodernità per ritrovarci nuovamente di fronte al travaglio usato di lascivie già sentite in Rewind… Con tutto il rispetto, l’attenzione e l’ascolto di artisti italiani che riescono ancora a riempire gli stadi e a parlare a folle di adolescenti, giovani e adulti, non possiamo non riconoscere anche in loro i tarli della Postmodernità. Li avevamo apprezzati come cantanti “contro”, ci piacevano per la loro musica e le “domande forti” che – sono certo – potrebbero saper suscitare come un tempo, eppure anch’essi – come il qualunquismo imperante del pop commerciale – non ci comunicano che i manifesti di una postmoderna ragione frammentata, parcellizzata, esplosa, incapace di cogliere se stessa e – soprattutto per noi – di far crescere. Se educare è suscitare interrogativi, qui ci pare che la pappetta omogeneizzata sia più che pronta: una ragione debole che – per Liga – non riesce a raccapezzarsi più di fronte al cielo lucido delle domande forti, degli interrogativi di senso più veri per l’uomo. Evidenze emotive e palpiti eroticizzanti – quelli di Vasco – di una vita divisa tra l’ultimo e fuggevole impegno affettivo e una storia, forse quella che poteva essere “La” storia della vita, terminata per chissà quali arzigogoli psicologisti dell’ultima moda neofreudiana di Rizapsicosomatica.
Per noi non è così! Il Cielo Lucido c’entra sempre! Le domande di senso non vanno eluse, né affogate nelle passioni, perché contrariamente a quanto un’improbabile volgata filosofica possa pensare, se gli interrogativi ultimi sono negati o non hanno nulla a che vedere con ciò che si agita nel nostro cuore allora nemmeno la vita ci appare carica di novità e degna di essere vissuta. Coraggio Liga. Fatti forza Vasco. Vi vogliamo bene lo stesso, ma non possiamo non cantare anche noi una Ragione “forte” che può e deve animare cuore e affetti verso il Bello, il Buono, il Vero.
 
Proponiamo in queste pagine la relazione di Francesco Butturi, filosofo e docente di Filosofia morale presso l'Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, tenuto nell’ottavo forum del Progetto Culturale della CEI celebrato a Roma il 2-3 marzo 2007. Ciò che il professore spiega con la sua proverbiale chiarezza ci scalda il cuore e apre prospettive nuove anche per l’ “educativo”. In tempi in cui il dettato delle neuroscienze sembra dissezionare chimicamente scelte, emozioni e sentimenti; dove lo sguardo amorevole di una madre sul proprio bimbo addormentano evoca le estasi evoluzioniste sull’esito economico della selezione naturale, crediamo irrinunciabile, contro qualsivoglia maestro del sospetto – si chiami Nietzsche, Vattimo o Piero Angela – evitare di costringere la ragione nel riduzionismo scientista, imperante nella volgata filosofica di questi tempi. Questa ci appare come la priorità irrinunciabile di chiunque voglia avere a che fare con l’Umano Integrale che è il Signore Gesù.
 
don Lorenzo Teston
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