Per lo stomaco dei nostri laici, è un osso duro: non va proprio giù la storia del bambinello di Betlemme. Ancora, ancora, parlare di angeli ma quel presepe, quell'asino e quel bue... richiedono una dose troppo alta di bicarbonato per poterli digerire! Eppure sembra che non sia così indigesta la storia anche ai nostri fedeli musulmani.
del 22 gennaio 2008
Per lo stomaco dei nostri laici, è un osso duro: non va proprio giù la storia del bambinello di Betlemme. Ancora, ancora, parlare di angeli ma quel presepe, quell’asino e quel bue... richiedono una dose troppo alta di bicarbonato per poterli digerire!
Eppure sembra che non sia così indigesta la storia anche ai nostri fedeli musulmani. Salvo i fondamentalisti o qualche italiano convertito a Maometto, gli altri non sono poi così arroganti da pretendere che il presepe venga abolito nelle nostre scuole e che non si parli di Gesù e di Maria, i quali nel Corano godono di stima migliore di certi nostri opinionisti, che si sono riservati la «loro» libertà di pontificare su tutto e su tutti, togliendola a chi non la pensa come loro, soprattutto se cristiani.
Quando due anni fa, i ragazzini del mio oratorio in terra emiliana hanno raccontato la storia del bimbo Gesù, ci fu uno «scandalo» tra gli insegnanti, perché ragazzini italiani, indiani, marocchini e srilankesi di diverse religioni avevano recitato la storia del Natale: «Per rispetto delle religioni, dovevate narrare di Nonno Gelo o Nonno Inverno e non obbligarli a sentire una storia che non è loro!».
Erano lamentele di insegnanti, che per tutto l’anno avevano raccontato storie indiane, arabe e fatto danzare danze multietniche e obbligato a mangiare cibi delle diverse culture, senza che qualcuno dei credenti cristiani avesse da dire, considerando tutto ciò un arricchimento culturale...
È comunque triste cancellare dalla memoria dei nostri ragazzi il Natale del bimbo, che ha ispirato meravigliose opere d’arte, poesie, racconti e drammi, scritti e quadri che hanno riempito musei e biblioteche del mondo. Tra l’altro, l’anno scorso hanno pubblicato, in edizione molto curata, il testo scritto in campo di concentramento dallo scrittore «laico» Sartre sulla storia del Natale. Lo hanno recitato gli stessi prigionieri per ravvivare la speranza dei loro compagni, ospiti forzati del campo di concentramento.
È davvero un paese strano il nostro dove ti fanno studiare Garibaldi e le avventure dei Mille, le poesie del Pascoli e di Carducci (meglio quelle della Merini e di Rodari!) e si arrabbiano se ai ragazzi e alle ragazze si racconta una storia che affonda nel passato ma è viva nel presente e ha motivato una schiera di uomini e donne che, riflettendo sul Natale, hanno scritto indimenticabili pagine di pace. Non è forse un certo Francesco d’Assisi che ha inventato a Greccio il primo presepe? E che dire dei mille modi di raccontare il presepe dei napoletani o dei genovesi, dei paesi del mondo?
Roba indigesta? A me pare che l’abbiano digerita in molti! Ma forse era gente semplice della razza di don Camillo e di Peppone, personaggi del famoso romanzo di Guareschi, che, acerrimi avversari in politica nella Bassa emiliana, alla fine si sono ritrovati a dipingere insieme, la sera della vigilia di Natale, l’asinello e il bue del presepe! Anzi, se non vado errato, il bambinello lo aveva messo a nuovo proprio Peppone, con le sue mani grosse d’artigiano!
Non togliamo il Natale ai nostri bimbi, assediati da Harry Potter e dagli eroi ed eroine dei cartoni animati: sono tutte invenzioni dell’uomo, mentre il Natale lo è di Dio. È talmente originale, insolita, suggestiva la sua storia, che non possono averla inventata gli uomini, tanto meno i preti!
Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano
don Vittorio Chiari
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