Voglio parlare del dono della maternità. In una società dove il massimo dell'espressione della libertà di una donna consiste tristemente nel potere di uccidere il proprio figlio attraverso l'aborto, credo che il massimo sia il potere che abbiamo di generare la vita. Intervista ad un'ostetrica.
del 04 marzo 2011
 
          Voglio parlare del dono della maternità. In una società dove il massimo dell’espressione della libertà di una donna consiste tristemente nel potere di uccidere il proprio figlio attraverso l’aborto, credo che il massimo della nostra libertà, tanto da sfiorare quasi l’onnipotenza, sia invece il potere che abbiamo di generare la vita. Un dono dal quale l’uomo non è escluso, ed a questo c’è un perché…
          La donna ha da sempre il compito di prendere, moltiplicare e restituire quanto l’uomo le affida. È un principio naturale, che nella Genesi si mostra con grande evidenza. Perché la donna è stata creata come “aiuto per l’uomo”, semplicemente. Perché allora andare a rivendicare la nostra utilità come non fosse già un dato acquisito? L’uomo non è completo senza di noi, non riesce a realizzare la sua visione, senza di noi. Non può esprimere il suo potenziale, senza di noi. Ecco perché si usa dire che “dietro a un grande uomo, c’è sempre una grande donna”. È talmente semplice da risultare disarmante, e coloro che, con tutto il rispetto, hanno bisogno di gridare con aggressività questo primato, dimostrano semplicemente di non essere consce del proprio valore.
          Nulla ci toglierà questo, ma è bello anche riconoscere il valore dell’uomo. Tra l’uomo e la donna c’è un’amicizia naturale che nasce dalla consapevolezza di essere indispensabili l’uno all’altra. Se questa amicizia si è tramutata in competizione, qualcuno deve aver perso di vista quale sia il proprio ruolo. O la donna ha deciso che non vuole essere donna, o semplicemente è costretta a sostituire il maschio, poiché il maschio ha smesso di fare quanto deve.
          All’uomo va il mio personale grazie, perché è per merito suo se una donna può generare figli maschi. Le donne, infatti, possono fornire il proprio patrimonio genetico solo per la creazione di un’altra donna… ma quel benedetto “cromosoma Y” è roba da uomini! E da madre di due femmine e un maschio, ringrazio davvero tanto chi mi ha fatto il dono di essere doppiamente amata, proprio dal mio maschietto, che ama la sua mamma in un modo speciale come tutti i bimbi di sesso maschile sanno fare in modo esclusivo con le proprie mamme!
          Ed il mio contributo voglio esprimerlo intervistando chi, ogni giorno, affianca le donne nel mestiere più antico del mondo, che non è quello a cui si fa riferimento attraverso il “lavoro di strada” che svilisce la donna e la rende merce per uomini che del loro valore e del loro ruolo non hanno ancora capito niente, ma quello per cui le donne sanno davvero essere protagoniste: diventare mamme.
 
Ascoltiamo allora, dalla voce di Federica Branchesi, giovane e talentuosa ostetrica della Regione Marche, come viene vissuto questo evento meraviglioso e misterioso che è quello di dare la vita.
          Federica, tu sei giovane ma hai già tanta esperienza. Ma la tua prima volta, il primo parto naturale a cui hai assistito, come l’hai vissuto?
          'È stata un’emozione unica, che c’è ancora anche se con una consapevolezza diversa... Ero sorpresa, stupita, attenta a tutto quello che accadeva in quell’ambiente per me così nuovo'.
           Oggi sembra che partorire non sia più naturale come una volta. Anni fa i figli arrivavano uno dietro l’altro, oggi invece se ne fanno pochi, l’aspettativa è cresciuta al punto da tramutarsi in ansia, e questo si ripercuote anche sulle capacità della donna di vivere il dolore del travaglio. Perché ogni donna lo sente in modo diverso?
          'Il dolore del parto genera paura in tutte le donne, anche in quelle che hanno già partorito! Sicuramente è influenzato dalla nostra “cultura di donne moderne”, che se da una parte hanno acquistato tanto, dall’altra hanno perso la consapevolezza delle capacità del proprio corpo. Noi siamo state create per partorire, ogni donna è capace di mettere al mondo il proprio cucciolo. Ognuna di noi ha una soglia del dolore, ma non dobbiamo dimenticare che nel travaglio ci sono degli alleati prodotti dal nostro corpo che ci aiutano a percorrere questo fantastico viaggio fino al parto: gli ormoni, in particolar modo le endorfine, oppiacei naturali che si producono nelle pause tra una contrazione e l’altra, generando una sorta di “intorpidimento naturale” che permette alla donna di rilassarsi e recuperare forze per affrontare la contrazione successiva. In tutto questo vissuto, non dobbiamo dimenticare il fattore culturale, l’aver accettato o meno la gravidanza, le persone vicine, ed anche l’età, visto che le giovani si avvicinano al parto con meno paura delle donne più mature'.
Tu non sei ancora mamma: hai paura per quello che vivrai?
          'Non più di qualunque altra donna che non lo abbia mai provato. Penso a quel giorno come ad un’esperienza bella e indimenticabile. Il mio sogno è di poter partorire a casa assistita da una mia collega. Vorrei che tutto andasse per il meglio e che mio figlio abbia una buona nascita, perché come noi ostetriche ripetiamo sempre: “una buona nascita, è un buon inizio!”.
           Credi che, nel tuo mestiere, manchi qualcosa dal punto di vista assistenziale che può essere integrato o migliorato?
           'Sicuramente la situazione dell’ostetricia in Italia non è delle migliori, c’è ancora un eccessivo e non sempre giustificato tasso di tagli cesarei, una grande medicalizzazione dell’evento nascita: la gravidanza a volte viene trattata come fosse una malattia! Tutto questo genera ansia e preoccupazione: dovremmo tornare alle origini per ricordarci le nostre capacità di donne'.
           Ed ora un messaggio ai giovani che vorrebbero esercitare questa stupenda professione… Cosa bisogna fare?
           'Per diventare ostetrica/o c’è bisogno del diploma di scuola superiore e poi superare l’esame a numero chiuso per iscriversi al Corso di Laurea in Ostetricia, che dura tre anni e si compone di una parte teorica e di un duro tirocinio. Una volta completati gli studi bisogna partecipare a concorsi pubblici o avvisi per entrare nelle strutture ospedaliere o territoriali, senza però dimenticare che l’ostetrica è una figura professionale autonoma e può essere svolta anche come libera professione'.
 
 
Sabrina Pietrangeli Paluzzi
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