Ma se si inciampa al primo passo come può esser fatto il secondo? La crisi delle vocazioni non dipende forse dalla crisi della fede del nostro tempo? Quando il Signore chiama qualcuno in maniera particolare, gli domanda una preferenza assoluta e seducente; essa presuppone un atteggiamento di fede molto salda. È qui il nodo del problema delle vocazioni.
La fede è la risposta del cristiano al Dio trinitario che si rivela in Gesù Cristo; la vocazione è il passo di chi accoglie l’invito a mettersi a servizio di Cristo e della Chiesa, attraverso il dono totale di se stesso. La crisi delle vocazioni non è che un aspetto della crisi di fede che travaglia oggi il mondo. Viviamo in un tempo di “profonda crisi di fede” e sopratutto di mancanza di testimoni che ci mostrino con i fatti che cosa significa e cosa comporta concretamente dire sì a Dio che si rivela. Solo nella misura in cui siamo capaci di dare vitalità alla nostra fede siamo anche in grado di creare quel clima perché i giovani possano più facilmente ascoltare la voce del Signore che li chiama.
Fede e vocazione sono un binomio assolutamente inscindibile
La fede, infatti, è il fondamento e la ragion d’essere di ogni vocazione e le vocazioni sono il preciso e inesorabile indice della vitalità di fede e di amore delle singole comunità parrocchiali e diocesane. Una comunità che non vive generosamente secondo il Vangelo non può essere che una comunità povera di vocazioni. Là invece dove il sacrificio quotidiano tiene sveglia la fede e mantiene ad un alto livello l’amore di Dio, le vocazioni continuano ad essere numerose. Ne abbiamo conferma dalla situazione religiosa nel mondo: i paesi dove la Chiesa è perseguitata sono paradossalmente i paesi dove le vocazioni maggiormente fioriscono, talvolta in sovrabbondanza (Paolo VI).
Questa osservazione dovuta all’esperienza ha il suo fondamento nella natura stessa della fede e della vocazione: la relazione dell’uomo con Dio. “Chiamata e risposta” sono i cardini su cui ruotano tanto la “porta della fede” quanto quella della vocazione, porte che ci introducono in un rapporto sempre nuovo col Dio che si rivela. Per entrambe le porte vale quanto affermato da Benedetto XVI: Attraversare quella porta comporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita. Fede e vocazione, infatti, sono come due passi di un medesimo cammino.
La fede è la risposta del cristiano al Dio trinitario che si rivela in Gesù Cristo; essa si fonda sulla manifestazione dell’amore di Dio per l'uomo in Gesù, sperimentato e, nei limiti del possibile, compreso.
La fede è la vita divina in noi, la risposta che lo Spirito santo suscita in noi di fronte alla Parola-evento che ci raggiunge tra le mille pieghe della nostra vita quotidiana e nelle circostanze più diverse. Credere, dunque, ci apre alla vita divina, ci fa entrare in dialogo con il Signore, a cui possiamo dire: "Tu sei mio", ed egli può dirci: "lo sono tuo". Con la fede, cioè, ci leghiamo in strettissima relazione con Dio Padre, Figlio, Spirito Santo, nel tempo e nello spazio della storia.
La vocazione è come il secondo passo di questo cammino relazionale con Dio che si rivela. È il sì al Dio che rivelando se stesso manifesta il suo disegno universale di salvezza e chiede collaboratori a tempo pieno per poterlo realizzare. La vocazione è l’ulteriore passo di chi accoglie l’invito di mettersi a diretto servizio di Cristo e della Chiesa, attraverso il dono totale di sé per offrire al mondo la testimonianza esclusiva dell’amore bruciante per Dio e per le anime (Paolo VI).
Ma se si inciampa al primo passo come può esser fatto il secondo? La crisi delle vocazioni non dipende forse dalla crisi della fede del nostro tempo?
Quando il Signore chiama qualcuno in maniera particolare… gli domanda una preferenza assoluta per la sua persona e per l’opera del suo Vangelo: “Seguimi”. Questa preferenza è seducente; essa presuppone un atteggiamento di fede molto salda. È qui, cari figli, il nodo del problema delle vocazioni. Tutto ciò deve convincere che invano si cercherebbero spiegazioni unicamente umane dell’attuale crisi delle vocazioni. Essa non è che un aspetto della crisi di fede che travaglia oggi il mondo. (Paolo VI).
Con Benedetto XVI siamo convinti di trovarci a vivere in un tempo di “profonda crisi di fede” e dunque di aver bisogno di modelli, di persone che ci mostrino con i fatti che cosa significa e cosa comporta concretamente dire sì a Dio che si rivela. Ciò di cui il mondo oggi ha particolarmente bisogno è la testimonianza credibile di quanti, illuminati nella mente e nel cuore dalla Parola del Signore, sono capaci di aprire il cuore e la mente di tanti al desiderio di Dio e della vita vera, quella che non ha fine. Il mondo di oggi ha bisogno di persone che parlino a Dio, per poter parlare di Dio.
Nella misura in cui, grazie anche a questo anno della fede, siamo capaci di trovare una risposta a questa crisi facendo riprendere vitalità alla nostra fede, riscoprendone il cammino e mettendo in luce la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo, saremo anche capaci di creare quel clima e quelle condizioni favorevoli perché gli uomini, ed i giovani in particolare, possano più facilmente ascoltare la voce del Signore che li chiama. È necessario mettere in grado il giovane di intendere la voce di Dio che chiama, e di darvi il suo assenso. Qui la responsabilità delle famiglie è immensa, perché dipende in gran parte dall’atmosfera dell’ambiente familiare la possibilità di un fruttuoso dialogo interiore con Dio. Purtroppo in talune famiglie il clima non è né di fede né di amore (Paolo VI).
Se dunque fede e vocazioni sono un binomio inscindibile vuol dire che uno dei frutti visibili che verranno da questo Anno della Fede sarà una rinnovata fioritura di vocazioni, soprattutto al sacerdozio e alla vita consacrata. Tale affermazione non è semplicemente un augurio! È una convinzione che si fonda sulla presenza del Signore nella storia e nella sua Chiesa.
Nel suo libro Gesù di Nazaret il Papa, parlando dei diversi modi in cui Gesù viene nella storia degli uomini, prima della venuta definitiva, scrive: “Esistono anche modi epocali di tale venuta. Francesco e Domenico… Teresa d’Avila, Giovanni della Croce, Ignazio di Loyola, Francesco Saverio portano con sé nuove irruzioni del Signore nella storia confusa del loro secolo che andava alla deriva allontanandosi da lui… E perché non chiedere a Lui di donarci anche oggi testimoni nuovi della sua presenza nei quali Egli stesso si avvicini a noi?”.
Ecco, dunque, il nostro ulteriore e specifico impegno per vivere bene quest’Anno della Fede: obbedire con rinnovato entusiasmo e generosa fedeltà al comando evangelico di Gesù: “Pregate il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe” (Mt 9,38).
Francesco Bruno
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