Un salto indietro di 50 anni Fermare l'epidemia finché si può

Triste, tristissimo sarebbe quel Paese in cui studiassero soltanto i figli dei ricchi, e se sono scemi pazienza, mentre i figli dei poveri stentano, e se sono geniali pazienza.

Un salto indietro di 50 anni Fermare l‚Äôepidemia finch√© si pu√≤

da Attualit√†

del 26 novembre 2009

Indietro tutta, italiani. O avanti tutta ma a passo di gambero. Indietro di 50 anni secchi o gi√π di l√¨.

Avantindr√© all‚ÄôItalia dei nonni, quando era normale, per un ragazzo dotato, rinunciare agli studi e mettersi a lavorare per aiutare la famiglia.

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Avanti all‚Äôindietro nell‚ÄôItalia che fu; all‚ÄôItalia narrata da certi vecchi dall‚Äôocchio vispo e la mente acuta, gente che pur avendo fatto grandi cose nella vita partendo dal niente oggi ti confida che il suo maggior rammarico non √® non aver fatturato un milione in meno, ma non aver potuto studiare: la cultura ‚Äì ti dicono ‚Äì quanto rimpiango di non essermi fatto una cultura come sarebbe piaciuto a me.

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Che alcuni, forse molti studenti appendessero i libri al chiodo non per scarsa voglia, ma per le precarie finanze familiari, lo sospettavamo.

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Ma ieri, grazie ad un benefico effetto domino, lo sappiamo per certo. Una preside di Rovereto, a due passi dalla civile e istruita Trento, racconta a un quotidiano locale che un suo studente di 17 anni, uno bravo, uno con la media del 7, le ha confidato: hanno licenziato pap√†, mamma ha uno stipendio magro, devo aiutare la mia famiglia: non ci sono alternative, addio. Pare che oggi svolga lavori interinali. A questo punto interviene l‚Äôassessore provinciale Marta Dalmaso: un caso grave, che pure fa onore al ragazzo; approfondiremo la cosa, possiamo intervenire. E, su su o gi√π gi√π, da Rovereto la notizia slitta fino a Roma, in viale Trastevere, dove il ministro Mariastella Gelmini promette il suo interessamento.

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Ma s√¨, forse Marco (nome di fantasia) potr√† continuare a studiare lavorando; o a suo padre verr√† offerta un‚Äôoccupazione; o sua madre avr√† l‚Äôaumento. Lui sar√† a posto e scopriremo ‚Äì perdonate la punta polemica ‚Äì che perfino la stampa quotidiana, se si risolleva dal vizio autopunitivo del gossip e da certo recente ciarpame sessuocentrico, pu√≤ essere utile a ripristinare la giustizia. Ma quanti Marco ci sono in giro per l‚ÄôItalia, di cui non sappiamo niente? E quanto ci vorr√†, purtroppo, perch√© i Marco non facciano pi√π notizia, e un ragazzo che non ha soldi per studiare diventi un fatto 'normale', ineluttabile, fatale come mezzo secolo fa, di nessun interesse come mezzo secolo fa?

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Triste, tristissimo sarebbe quel Paese in cui studiassero soltanto i figli dei ricchi, e se sono scemi pazienza, mentre i figli dei poveri stentano, e se sono geniali pazienza. Sciagurato quel Paese che non comprendesse come i suoi figli siano la sua prima, imprescindibile risorsa; e la sperperasse; e non si curasse dei suoi giovani se non come consumatori da lusingare o potenziali contestatori da temere e neutralizzare, appunto, avvolgendoli di mode cerebropiatte e bieco pataccume spacciato per musica, letteratura e cinema.

I giovani italiani sono la prima risorsa dell‚ÄôItalia, non una minaccia per gli adulti, non un fastidio per gli anziani. Ogni giovane brillante costretto ad emigrare; ogni giovane intelligente e generoso indotto ad abbandonare gli studi; ogni giovane perso √® un colpo al cuore alla nostra possibilit√† di avere un futuro. Non capirlo √® un atto di miopia grossolana. Non investire risorse qui, tra i giovani e per i giovani, nell‚Äôeducazione, nell‚Äôistruzione, √® un atto sommo di autolesionismo suicida.

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Se fossimo il dottor House, sanzioneremmo: Marco da Rovereto √® il paziente zero.Sbrighiamoci, prima che l‚Äôepidemia dilaghi, prima di non poterli pi√π contare.

Umberto Folena

http://www.avvenire.it

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