La nostra arte invece è sempre quella di sfruttare l'occasione, di tenere il piede in due scarpe, di non deciderci mai per cose definitive. C'è sempre un rimedio a tutto. Certo, decidersi vuol dire tagliarsi le vie di fuga, sapere bene per che cosa vivere, o meglio, per chi vivere e per questo imboccare la strada giusta.
del 10 novembre 2006
 
 
Laconico il vangelo, arida l’immagine: un deserto pietroso, una solitudine e un silenzio assoluti, una fame e una sete che ti tormenta la carne. È Gesù che viene condotto dallo Spirito nel deserto. Quante volte sentiamo il bisogno di staccare la spina perché non ce la facciamo più, perché non capiamo più niente di noi, perché la vita ci travolge. Qualche volta abbiamo dei flash, che ci fanno percepire le assurdità che viviamo e desideriamo prenderci in mano la vita.
Gesù prima di dare corpo ai suoi sogni, prima di mettere in atto il suo progetto radicale ripercorrere tutte le strade della Palestina per predicare il vangelo, la buona notizia, si guarda dentro, vuol organizzare tutta la sua vita per l’unico scopo che ha da sempre sognato: dire a tutti gli uomini, farlo loro provare, convincerli che è imminente la salvezza definitiva per l’uomo. Sono giunti i tempi in cui Dio rimette il mondo nella prospettiva vera, definitiva, in cui libera l’uomo dal peccato, dalla disperazione, dalla solitudine mortale. A questo occorre orientare tutto.
La nostra arte invece è sempre quella di sfruttare l’occasione, di tenere il piede in due scarpe, di non deciderci mai per cose definitive. C’è sempre un rimedio a tutto. Certo, decidersi vuol dire tagliarsi le vie di fuga, sapere bene per che cosa vivere, o meglio, per chi vivere e per questo imboccare la strada giusta.
C’è una inversione a U da fare. Nella vita non è come in autostrada, dove occorre sempre andare avanti diritti; nell’esistenza qualche volta c’è da cambiare radicalmente, da tornare indietro. Abbiamo capito che siamo fuori strada, qualche amico, i genitori o il coniuge, ce lo ha fatto intendere, talvolta ci si apre davanti un baratro, spesso è un rimorso insostenibile. Non ci sono calmanti da prendere, c’è solo da dirci onestamente: ho sbagliato; ho perso la testa, sto rovinando tutto. Cambio. Mi costerà, ma voglio una vita dignitosa, più bella, veramente senza fiele per nessuno e piena di gesti di amore. Cambio, mi converto. Sarà dura, ma ne val la pena. Stacca davvero le cuffie e mettiti a gridare che c’è ancora una speranza di vivere alla grande.
Ma questa speranza dove la trovo?
mons. Domenico Sigalini
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