Affidata da Giovanni Paolo II ai giovani nell'aprile 1984, è diventata simbolo «tangibile» delle Gmg, sintesi di attese e speranze. Milioni di mani l'hanno toccata, ha fatto il giro del mondo. E non vuole fermarsi...
del 28 aprile 2009
Il simbolo è di quelli che pesano. Nel vero senso della parola. Non un segno etereo, non uno slogan usa e getta, non un logo sulla t-shirt. La Croce della Gmg è un segno che si può toccare: 3 metri e 80 di altezza per 40 chili di peso. Migliaia e migliaia di mani l’hanno toccata, migliaia di spalle l’hanno portata. La Croce ha fatto il giro dei continenti radunando attorno a sé folle di giovani. Un simbolo incarnato, tangibile, materiale. Tanto che, nel corso degli anni, ha raccolto su di sé i segni del tempo, delle centinaia di viaggi, fino a spezzarsi durante la Gmg di Colonia. Una croce di legno così semplice che più semplice non si può. Legno, e una targa di metallo con poche parole di Giovanni Paolo II: «Affido a voi il segno stesso di quest’anno giubilare: la Croce di Cristo. Portatela nel mondo come segno dell’amore del Signore Gesù per l’umanità, e annunciate a tutti che solo in Cristo, morto e risorto, c’è salvezza e redenzione». In quelle parole un messaggio e una missione che i giovani non hanno tradito. Chi ha vissuto fin dall’inizio la Gmg lo conferma. Come Mimmo, scout di Terracina, che era presente fin dalla 'prima uscita' di quella croce nel 1984: «Ero stato coinvolto nell’organizzazione dell’evento.
Avevo 23 anni e ricordo che il problema era riuscire a vedere qualcosa. La croce fu accolta subito con entusiasmo. E lo stesso entusiasmo l’ho ritrovato poi nelle altre Gmg. In particolare a Toronto, nel 2002, con gli scout, portammo la croce per un lungo tratto di strada. Ero emozionato: portavo sulle spalle quella croce che quasi vent’anni prima avevo visto solo da lontano. Nel frattempo erano cambiate tante cose. Quelli della mia età non erano più giovani, ma accompagnavano altri giovani».
  Così Gmg dopo Gmg, la Croce ha compiuto 25 anni e anche Benedetto XVI ha voluto ricordare nei giorni scorsi la ricorrenza: «Era, infatti, il 22 aprile del 1984, quando alla fine dell’Anno Santo della Redenzione, Giovanni Paolo II affidò ai giovani del mondo la grande croce di legno che, per suo stesso desiderio, era stata tenuta presso l’altare maggiore della basilica di San Pietro durante quello speciale Anno Giubilare. Da allora, la croce fu accolta nel Centro internazionale giovanile San Lorenzo, e da lì cominciò a viaggiare per i continenti, aprendo i cuori di tanti ragazzi e ragazze all’amore redentore di Cristo. Questo suo pellegrinaggio prosegue ancora, soprattutto in preparazione delle Giornate mondiali della gioventù, tanto da essere ormai nota come 'Croce delle Gmg'. Cari amici, vi affido di nuovo questa croce! Continuate a portarla in ogni angolo della terra, perchè anche le prossime generazioni scoprano la Misericordia di Dio e ravvivino nei loro cuori la speranza in Cristo crocifisso e risorto!». E di giovani, quella Croce, ne ha trasformati davvero tanti.
«Nell’agosto 1993 a Denver per la Gmg c’ero anch’io – racconta Elena, da Perosa (Torino) – giovanissima, piena di gioia e speranza, certa di vivere un’esperienza unica e meravigliosa.
Ripensando a quelle giornate la cosa che mi torna più in mente è la croce. Una croce d’amore che lì si comprendeva dover essere vissuta insieme, nel rispetto reciproco anche nelle piccole cose. Una croce il cui significato compresi ancor più profondamente di fronte alla commozione, alle lacrime, del Papa. La croce di Denver fu per me chiave di vita, più consapevole sguardo sul cammino di Cristo, profonda convinzione che l’amore trasforma ogni cosa». Simile l’esperienza di Claudio, Albenga: «La croce che ha camminato per tutto il mondo, è diventata per me 'cammino' di speranza. Ho capito il significato della Croce a Roma durante il Giubileo del 2000. Al Circo Massimo, dopo aver fatto un bagno nella misericordia del Padre confessandomi, sono andato a ringraziare presso la croce innalzata nel centro. Ho baciato la croce! In tutte le Gmg, anche i momenti meno ufficiali, ho cercato la croce, l’ho contemplata, l’ho amata. Senza la croce, non ci sarebbero stati questi incontri. In un’età dell’immagine, la croce resta come segno perenne, come icona che parla al cuore».
 
Patrizio Righero
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