Sono contento di questo, e farò di tutto per non rendere pastoralmente inutile questo periodo di difficoltà. Anzi, ho intenzione di inventare qualcosa; magari collegando mi con tutti gli ammalati della diocesi e, con me a capo, organizzare corali di implorazione per la crescita del regno di Dio.
del 01 gennaio 2002
Messaggio scritto per «Luce e Vita»'il 17 febbraio 1993, al rientro in diocesi.
Carissimi,
eccomi finalmente tornato a casa! Mi avevano mandato nel mio paese natale per un po' di riposo, che avrei dovuto esprimere con passeggiate sul mare e vita all' aria aperta. Ma quando mi sono accorto che non c'era nulla di tutto questo, perché soffrivo molto a causa dei dolori, mi son detto: «Tanto vale andare a Molfetta». Un vescovo deve soffrire e morire tra i suoi figli dove il Signore lo ha collocato.
Sono contento di questo, e farò di tutto per non rendere pastoralmente inutile questo periodo di difficoltà. Anzi, ho intenzione di inventare qualcosa; magari collegando mi con tutti gli ammalati della diocesi e, con me a capo, organizzare corali di implorazione per la crescita del regno di Dio.
Non vi voglio stancare, ma ieri un mio amico sacerdote, Don Ottorino Cacciatore, mi ha detto: «Certo lo stemma te lo sei indovinato: una croce senza peso perché sorretta dalle ali». Non ci avevo pensato mai, anche perché quello è lo stemma del mio paese e io non sapevo cosa scegliere quando sono stato ordinato Vescovo.
Una croce con le ali, una croce senza peso. Non vi sembra una promessa ed un colpo di speranza con cui il Signore ci invita, nonostante tutti i dolori della terra e nonostante le stroncature dei nostri programmi, ad avere fiducia nella sua misericordia?
Un affettuoso saluto.
+ don TONINO, Vescovo
don Tonino Bello
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