La vocazione non la si sceglie, la si scopre. Così il tuo pellegrinaggio continua. Ti sei lasciata provocare da quel Cristo che si fa carne. Alcuni volti, una strana compagnia, un'esperienza di amicizia ti hanno persuasa a lasciarti fare da Lui.
del 27 ottobre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk'));  In questa lettera, per la vestizione di Vera, suor Maria Teodora si è fatta interprete dei nostri sentimenti. Una lettera Vera-mente aperta alla vita che sta davanti a noi. Cara Vera,            la vocazione non la si sceglie, la si scopre. Così il tuo pellegrinaggio continua. Ti sei lasciata provocare da quel Cristo che si fa carne. Alcuni volti, una strana compagnia, un’esperienza di amicizia ti hanno persuasa a lasciarti fare da Lui.            Dopo un lungo e pazzo peregrinare un giorno è accaduto. Hai bussato alla porta del monastero e ti sei lasciata abbracciare da una verità incomprensibile, misteriosa, ma che ti attirava prepotentemente. È passato un anno da quel giorno. Se sia poco o tanto non lo so, so che è bastato a convincerti del fatto che nessuno può essere artefice del proprio destino e non perché in balia di forze occulte, ma perché creature, vasi d’argilla nelle mani dell’artista. Nessuno è artefice, dicevo, tuttavia ciascuno è protagonista e responsabile della propria risposta. È dentro questa risposta che, giorno dopo giorno, tra fatiche e gioie, è possibile scoprire come la «nostra luce, la nostra verità, la nostra meta, il nostro appagamento, la nostra vita non sia una dottrina ma una Persona: Gesù Cristo» (Benedetto XVI). Ed è solo dentro questo rapporto che scopriamo il nostro volto, la nostra vocazione, la nostra missione.           In questo anno di vita comunitaria hai scoperto che l’adorazione è missione. È missione anche conoscersi, amarsi e possedersi; è missione lavorare in comunità; è missione la fraternità e la condivisione; è missione la fatica , l’aridità e la sofferenza. Tutto ciò che hai vissuto testimonia la Presenza è missione.L’abito bianco da te indossato Domenica è un segno, un richiamo: è una promessa di eternità. Lo hanno percepito quanti sono accorsi all’evento della tua vestizione. In ciascuno di essi hai acceso quella speranza che– come scrive Peguy- è figlia della fede e della carità: di essa si ha un estremo bisogno. Possiamo noi così piccole, e talvolta dal cuore meschino, rispondere a questa domanda dell’uomo? Le parole del canto della tua veglia possono risponderci: “Voi farete cose più grandi di me, voi sarete me!”. Siamo chiamate a cose alte, eccelse, impossibili all’uomo! Ed è Gesù stesso che lo dice.             La nostra vocazione è un dono meraviglioso, è una risposta d’amore di Dio al grido del nostro cuore. Un cuore assetato d’amore, di quell’amore che ha il sapore dell’eternità. Man mano che procederai nel tuo cammino sentirai un grido nel cuore, è quello di Dio che ti chiederà un amore per sempre, davanti al quale sperimenterai il tremore della tua fragilità, ma sentirai anche crescere con forza la tua risposta: sì, per sempre. È il grido della sposa del Cantico: cercai l’amore dell’anima mia, l’ho trovato non lo lascerò mai.           La tua comunità ti aiuterà a cercarlo mentre tu sarai il volto di Cristo per ciascuna delle tue sorelle. L’essenziale è invisibile agli occhi dice il Piccolo Principe, ma Cristo si è reso visibile ai nostri occhi perché sperimentassimo la bellezza del suo essere in mezzo a noi. Contemplare la Bellezza è la nostra chiamata, farla vedere anche all’altro è la nostra missione.  Buon pellegrinaggio sulle vie della santità, le tue sorelle!
Sr. Maria Teodora Giacobbe
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