Una nuova rubrica: biografie di salesiani / F.M.A. missionari

Una bella novità che inauguriamo con don Cagliero...

Una nuova rubrica: biografie di salesiani / F.M.A. missionari

 

 

Una bella idea è nata in casa Donboscoland: ogni 11 del mese pubblichiamo la biografia di alcuni missionari vissuti nel passato, Salesiani o Figlie di Maria Ausiliatrice!

 

L’11 novembre 1875 (esattamente 141 anni fa) don Bosco inviò i primi missionari in Patagonia. A guidarli fu uno dei primi salesiani cresciuti con don Bosco: don Giovanni Cagliero. Vogliamo aprire questa rubrica sui missionari salesiani (rubrica che mensile appunto – ogni 11 del mese – in ricordo della prima missione salesiana), presentando la figura di questo sacerdote, che per primo, tra i salesiani, divenne vescovo e cardinale.

 

Compaesano di Don Bosco, Giovanni Cagliero nacque l’11 gennaio 1838 a Castelnuovo d’Asti, oggi Castelnuovo Don Bosco. La sua famiglia faceva parte delle numerose casate Cagliero dimoranti nel paese, tanto che fu necessario aggiungere un soprannome per distinguere i vari rami, quella di Giovanni era Prinsi; i genitori erano modesti contadini e abitavano in una casa rurale in via Aliberti. Crebbe gioioso e sereno nella semplicità e religiosità della sua famiglia e quando nel 1851, a 13 anni, conobbe s. Giovanni Bosco (1815-1888) che veniva spesso a Castelnuovo a predicare fra i suoi compaesani, gli chiese di portarlo con lui a Torino per studiare e diventare prete. I biografi riportano una bellissima conversazione di don Bosco con la mamma Teresa Cagliero, quando le chiese il permesso di portarlo con sé; “Volete vendermi il vostro Giovannino?” le disse scherzando e lei rispose nel suo dialetto “Si vendono i vitelli, i bambini si regalano”. Don Bosco lo condusse a Torino, affidandolo a Mamma Margherita e sistemandolo a Valdocco; si ambientò ben presto e nonostante la sua irrequietezza, docilmente si lasciò plasmare dal sacerdote, diventando un esempio per gli altri oratoriani. Durante gli anni dell’adolescenza e della prima giovinezza trascorsi a Valdocco, si distinse per l’impegno nello studio, nell’amore per la musica, per l’aiuto dato a mamma Margherita; fu amico del beato don Michele Rua (1837-1910) che sarà il primo successore di s. Giovanni Bosco alla guida della Famiglia Salesiana; fu impressionato dall’incontro con un condannato a morte, condotto alla forca e accompagnato da s. Giuseppe Cafasso (1811-1860) sacerdote anch’egli di Castelnuovo; assisté s. Maria Mazzarello morente (1837-1881) ed era presente all’arrivo a Valdocco nel 1854, di un altro ragazzo proveniente da Castelnuovo, s. Domenico Savio (1842-1857). Ormai giovane entrò nella nascente Famiglia Salesiana, respirando l’influsso benefico dei tanti santi prima nominati, che costituirono il seme della nuova Congregazione, a 24 anni nel 1862 fu ordinato sacerdote. Per 13 anni lavorò come salesiano diventando un fenomeno di attività e di progetti; don Bosco nel 1875 quando don Cagliero aveva 37 anni, gli affidò la guida del primo gruppo di salesiani missionari in Patagonia (regione dell’America Meridionale, chiusa a Nord dal corso del Rio Colorado e a Sud dallo Stretto di Magellano, ad ovest dalla catena delle Ande, con coste frastagliate, ricche di fiordi, isole e scogli sull’Oceano Pacifico; la parte litoranea del Pacifico appartiene al Cile e tutto il resto all’Argentina). Sbarcato a Buenos Aires iniziò l’apostolato fra gli emigranti italiani, che in quel periodo di grandi emigrazioni erano numerosi; aperse una parrocchia nella zona più povera della città, inoltre fondò chiese, istituti, opere salesiane; dovunque diffondeva l’ardore e la gioia salesiana. Dopo nove anni di permanenza nel Sud America, nel 1884 Giovanni Cagliero fu consacrato vescovo e Vicario Apostolico della Patagonia, sua mamma Teresa a 88 anni poté avere la gioia di vederlo con le sue insegne episcopali prima di morire.  Mons. Cagliero iniziò in grande stile l’evangelizzazione degli indios della Patagonia, fu costretto ad andare a cavallo, lanciava il ‘lazo’, scalava montagne, raggiungeva sperdute tribù, in altre parole conduceva una vita massacrante, sempre alla ricerca di anime. Cadde anche da cavallo e si ferì precipitando in un burrone; ritornò precipitosamente a Torino appena saputo che Don Bosco era morente, il 30 gennaio 1888 gli diede l’ultimo bacio recitandogli le ultime preghiere e il giorno dopo quando morì, partecipò ai suoi funerali, poi ritornò in Patagonia. Fiori preziosissimi della sua lunga opera sacerdotale ed episcopale salesiana in quelle terre, furono la beata Laura Vicuña (1891-1904) e il venerabile Zeffirino Namuncurá (1886-1905) figlio del cacico (capo) degli indios Araucani, ambedue allievi dei collegi salesiani, morti in giovane età. Nel 1915 papa Benedetto XV lo creò cardinale a 77 anni; riconoscendogli così il merito di una vita spesa per il bene degli altri, specie in terra di missione, come già qualche decennio prima era avvenuto con un’altra splendida figura della Chiesa missionaria in Etiopia, il Servo di Dio cardinale Guglielmo Massaia cappuccino (1809-1889). Ormai stanco e vecchio per le missioni, rientrò in Italia diventando vescovo di Frascati fino al 1926, quando il 28 febbraio di quell’anno morì a Roma a 88 anni, dopo aver subito il 14 febbraio un intervento chirurgico. Negli anni trascorsi in Italia durante la sua vecchiaia, si recava spesso a Castelnuovo d’Asti ospite del Collegio salesiano e alle rappresentazioni di festa che ne seguivano, era sempre invitato il fratello “il Prinsi” contadino.  La sua immagine è raffigurata nel bronzo posto sulla facciata della chiesa dei Santi Castelnovesi. Nel 1964 la sua salma, che riposava nel cimitero di Roma, fu richiesta ed ottenuta dagli Argentini della Patagonia, che tanto l’avevano amato e stimato per la sua abnegazione e oggi riposa a Viedma la capitale.

 

 

Antonio Borrelli

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