Una stella ci deve essere sempre nella vita SERIE: D'amore si muore, di speranza...

Erano già in vista in tutti i presepi questi tre personaggi stravaganti nei vestiti, nei regali, nel seguito, che oggi sono stati avvicinati alla capanna di Betlemme. Si conclude qui l'elenco degli invitati. La tradizione vuole che fossero tre anche se nessuno nella bibbia l'ha mai detto; ma quello che ci interessa è che cosa e chi cercano e perché sono tanto considerati nella nostra tradizione.

Una stella ci deve essere sempre nella vita SERIE: D'amore si muore, di speranza si vive

da L'autore

del 20 ottobre 2006

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Erano già in vista in tutti i presepi questi tre personaggi stravaganti nei vestiti, nei regali, nel seguito, che oggi sono stati avvicinati alla capanna di Betlemme. Si conclude qui l’elenco degli invitati. La tradizione vuole che fossero tre anche se nessuno nella bibbia l’ha mai detto; ma quello che ci interessa è che cosa e chi cercano e perché sono tanto considerati nella nostra tradizione. Sono l’immagine della ricerca anche pensosa di Dio, della vocazione, che noi ancora ci incaponiamo a chiamare destino, dell’umanità, del punto di arrivo di ogni ricerca umana. L’Oriente è sempre stato vosto come la terra degli scienziati, dei saggi, dei cercatori di ragioni per vivere, di mondi eterei, dedicati al sapere, alla ricerca della felicità non da quattro soldi. Loro scrutavano il cielo, ne leggevano continuamente i messaggi, non erano dediti alle guerre, non dedicavano la loro vita a costruire armi, a fare battaglia, a seminare terrore. Hanno visto una stella curiosa, strana, ne hanno letto l’indicazione: nasce il messia. Linguaggio figurato fin che vogliamo, ma capace di dirci che ci sono da cercare continuamente ragioni di vita e di speranza.

Il milione di giovani che è andato a Colonia quest’estate con il papa Benedetto ne seguivano le orme, cercavano anche loro ragioni di vita, non ne avevano abbastanza di quelle che presentano loro i talk show o le stars del rock o gli eroi dello sport: volevano qualcosa di più. E una volta trovato lo, dice il vangelo, lo adorarono. Adorare Dio oggi è impegnativo: vuol dire che riconosci al di fuori di te le ragioni del tuo essere, mentre sei circondato da gente e da insegnamenti che ti dicono che sei autosufficiente, salvo poi a darti alla droga o all’alcol o ai maghi per trovare ragioni per una vita decente. Adorare Dio significa che hai pure un corpo bello, lo puoi continuamente perfezionare, curare con ore di esposizione a tutti gli specchi possibili e a tutte le creme più sofisticate, ma alla fine c’hai un’anima da mettere al centro, hai un cuore da servire, un amore da sprigionare e un Dio che ti insegna la vera arte di amare.

Nei pressi, e in qualche presepio se ne fa vedere l’artiglio, sta appostato Erode, l’avvoltoio che cala sulle nostre ingenue aperture all’infinito. Ha molti volti: tutti i nostri quando non sanno apprezzare il bene che faticosamente altri, i nostri genitori, gli amici, i nonni hanno da donarci. Per mantenere la speranza intuita occorre passare sempre da un’altra strada per evitarlo.

Ma questa speranza dove la trovo?

mons. Domenico Sigalini

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