L'uomo deve esplorare, conoscere nuove mondi, cercare di capire. E in un certo senso questo migliora la nostra qualità della vita nella proporzione in cui ci aiuta a essere consapevoli, collocandoci con sempre maggiore precisione all'interno dell'universo...
del 11 novembre 2010
          L’universo è in espansione, a velocità sempre maggiore. Evolve come ogni essere vivente, come il nostro pianeta, il sistema solare, la nostra galassia, ogni altra galassia vicina e lontana, ogni stella e ogni pianeta al loro interno e tutte le galassie che costituiscono l’universo, insieme. Un argomento affascinante, che solo negli ultimi anni ha avuto le necessarie conferme scientifiche e che da subito è stato utilizzato da alcuni studiosi, come Stephen Hawking, per teorizzare una sorta di universo autocreante e la conseguente inutilità di Dio.
          Il tema dell’universo in espansione è al centro della conferenza tenuta questo pomeriggio a Genova, alle 15 nel Palazzo Rosso auditorium di via Garibladi, 18 nell’ambito del Festival della scienza 2010, da padre José Funes, gesuita, direttore della Specola Vaticana. Funes, argentino, è esperto di astronomia extragalattica ed è al vertice dell’osservatorio astronomico vaticano dal 2006. «Negli ultimi anni – spiega padre Funes – mi sto occupando della formazione delle nuove stelle nelle galassie più vicine alla nostra».
          Anche le stelle sono in continua formazione?
          «Se ne formano continuamente in ogni galassia, secondo le sue caratteristiche. Possiamo dire che ogni anno si formano da una a dieci stelle per unità di massa stellare. Ogni galassia ha la sua massa stellare che dipende dalla densità di gas e di polveri da cui è costituita. In sostanza, per semplificare, chi ha più materia forma più stelle».
          Quasi come se fosse qualcosa di vivente?
          «Il concetto di vivente è fuori dal contesto. Quello che possiamo dire è che ogni singola parte dell’universo è in evoluzione, nel suo ambito ristretto e come parte del tutto. Riguardo poi alla possibilità che ci sia vita nell’universo al di fuori della terra e del sistema solare, c’è una branca specifica dell’astronomia, l’astrobiologia, che se ne occupa».
          Stelle che si formano, universo in espansione… Scusi la domanda del profano: vuol dire che si forma sempre nuova materia?
          «Secondo le leggi della fisica che noi conosciamo, la somma totale della massa e dell’energia esistenti non cambia, è sempre la stessa. Ed è così da sempre, per quello che scientificamente siamo in grado di sapere».
          E cosa siamo in grado di sapere?
          «Per esempio che della massa totale dell’universo, quello che noi conosciamo, che riusciamo a studiare fisicamente con la nostra strumentazione e cioè che è fatto di atomi, particelle, elettroni, è solo il 4%».
          Il resto?
          «Per il 23% è quella che noi chiamiamo materia oscura. Non sappiamo di cosa sia fatta. Quello che si può dire è che ne conosciamo l’esistenza in quanto genera gravità e supponiamo che entri nella formazione delle galassie. Vi è poi un 73% di energia oscura. Non sappiamo cosa sia, ma serve a spiegare che l’universo si espande, che l’espansione avviene con un moto accelerato e pertanto si espande a velocità sempre maggiore».
          Questo cosa vuol dire?
          «Che tutte le stelle e tutte le galassie si allontanano da noi e lo fanno tanto più rapidamente quanto più sono lontane, secondo la legge di Hubble. Insomma, tutto è in evoluzione, anche nella nostra galassia, nel nostro sistema solare, sul nostro pianeta. Lo si comprende dai cambiamenti di lucentezza, dalla composizione chimica che varia, dalla configurazione del sistema… i satelliti che ruotano intorno ai pianeti, i pianeti intorno al sole, il sole intorno al centro della galassia…».
          La conoscenza di queste cose a cosa ci serve concretamente?
          «Potrei risponderle, a niente. È che Dio ci ha instillato il dono della curiosità. L’uomo deve esplorare, conoscere nuove mondi, cercare di capire. E in un certo senso questo migliora la nostra qualità della vita nella proporzione in cui ci aiuta a essere consapevoli, collocandoci con sempre maggiore precisione all’interno dell’universo. Noi siamo un nulla e questa consapevolezza ci dovrebbe spingere ad avere un atteggiamento più umile, anche nell’uso delle risorse. E poi, da sempre l’uomo scruta il cielo e cerca di capire».
          Da uomo di fede lei cosa ha capito?
          «Posso dire di aver capito meglio la creazione. La bellezza dell’universo aiuta a capire la bellezza del Creatore».
          Come si concilia il Big bang, l’universo in espansione, con la creazione?
          «Intanto c’è da dire che la teoria del Big bang è la migliore spiegazione scientifica che abbiamo, ma non è perfetta. Noi ci aspettiamo di capire altre cose. Scientificamente non sappiamo nulla dei primi istanti dell’universo. Dalla fede, invece, sappiamo che senza Dio non si può spiegare l’esistenza dell’universo. Allo stesso tempo la scienza non può rispondere alla domanda essenziale».
          Che sarebbe?
          «Perché esiste l’universo e non il nulla?».
          Ci sono scienziati come Stephen Hawking che rispondono negando che Dio possa servire all’universo e che la metafisica non serve più a niente.
          «Per chi ha fede Dio è fonte di ogni cosa. Lo scienziato deve cercare spiegazioni a livello naturale. È scorretto utilizzare la scienza per rispondere a domande filosofiche e metafisiche, perché le si chiede qualcosa che non può dare. Riguardo a Hawking, non ho ancora letto il suo libro. Certo è che non possiamo pensare a Dio come a un’energia, a una forza di gravità: è un punto di partenza sbagliato. Dio è al di fuori delle nostre conoscenze scientifiche. Non abbiamo bisogno di Dio per spiegare come si formano le galassie. Abbiamo invece bisogno di Dio per spiegare il motivo per cui esiste l’universo invece del nulla. E questa domanda, o meglio, questa esigenza intima dell’uomo, non ha a che fare con la scienza».
          Fonte: Avvenire
Roberto I. Zanini
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