La stampa americana descrive una chiesa “bisognosa dell'effetto Francesco"...
La visita di papa Francesco a Cuba e il suo imminente arrivo negli Stati Uniti hanno inevitabilmente attratto l’attenzione della stampa internazionale, inclusa quella anglosassone. Il sito web del quotidiano britannico The Guardian evidenzia la buona (“larga ma non enorme”) partecipazione popolare alla messa celebrata da papa Francesco a l’Avana in Piazza della Rivoluzione e sottolinea come il messaggio nelle parole del Pontefice fosse diretto “ai fedeli e oltre”. L’articolo, firmato da Jonathan Watts, si concentra sui commenti e le sensazioni delle persone che hanno assistito alla celebrazione.
Il sentimento dominante è la gioia per quella che appare come una riconciliazione forse definitiva fra governo cubano e Chiesa cattolica, in un paese in cui, dopo la rivoluzione castrista, la religione non era certo incoraggiata.
Molti, fra i cubani presenti, parlano di Francesco come un “Papa per il mondo, che aiuta i poveri e promuove la pace” e sperano che la sua azione alimenti il dialogo appena riaperto fra Cuba e Stati Uniti.
Restando Oltremanica, un editoriale dell’Economist online sottolinea come nessuna visita di un papa negli Stati Uniti sia mai stata così carica di attesa e aspettative. L’articolo descrive una Chiesa cattolica statunitense “bisognosa dell’effetto Francesco” per riabilitare un’immagine offuscata “dagli scandali finanziari e dalla pedofilia”. Una Chiesa in cui, secondo una ricerca recente del Pew Research Centre, “per ogni americano convertito, sei abbandonano il cattolicesimo”.
Ma la visita del Pontefice, secondo il settimanale britannico, potrebbe indirettamente avere qualche influenza nel panorama politico americano dove “un terzo dei membri della Camera dei Rappresentanti sono cattolici, incluso lo ‘speaker’ repubblicano John Boehner”. Senza dimenticare il vicepresidente Joe Biden e il repubblicano Jeb Bush, entrambi impegnati nelle primarie per la Casa Bianca.
L’elettorato cattolico a stelle e strisce si divide fra “un’ala conservatrice, focalizzata prevalentemente sulla libertà religiosa e la lotta all’aborto, e un’ala liberal più attenta alla giustizia sociale”. Insomma, secondo l’Economist, Francesco non potrà certo influenzare le prossime elezioni presidenziali ma essendo un Papa “sostenitore delle ragioni dei poveri immigrati e un critico del capitalismo ma che, allo stesso tempo, non ha rivisto di molto gli insegnamenti sociali della Chiesa, ha qualcosa per entrambe le anime del cattolicesimo americano”. E tutte e due “lo vorranno dalla propria parte”.
Trasferendoci sull’altra sponda dell’Oceano Atlantico, l’edizione online del Washington Post pone l’accento sulla visita del pontefice ad Holguin, la “quarta città cubana più grande”, situata “nella parte orientale dell’isola, in una regione profondamente legata sia al cattolicesimo sia alla rivoluzione di Fidel Castro”.
Il pezzo di David Montgomery evidenzia come Francesco abbia richiamato l’attenzione sulla persistente “carenza di chiese e preti in alcune zone” di una Cuba dove gli ostacoli alla libera pratica della religione cattolica sono ormai ridotti.
“Conosco gli sforzi e i sacrifici della Chiesa cubana anche nelle aree più remote”, ha dichiarato il Papa, riferendosi in particolare alle “case missione” che hanno compensato la “carenza di preti ed edifici di culto”. Anche il quotidiano statunitense parla del viaggio di Francesco a Cuba e negli Stati Uniti come un possibile momento chiave nel riavvicinamento fra i due stati.
Restando sempre negli Stati Uniti, un articolo del New York Times di Jim Yardley e Azam Ahmed descrive un Pontefice abile nel non criticare direttamente il governo castrista ma comunque chiaro nel suo messaggio con parole forti quali: “Noi serviamo le persone, non le ideologie”. Un Papa “cauto nell’evitare di sembrare troppo politico e nell’approccio con le questioni interne cubane” ma il cui ruolo fondamentale nel riavvicinamento fra Cuba e Stati Uniti non deve essere dimenticato né sottovalutato. Un Pontefice “la cui missione è ormai andata oltre la predicazione del cattolicesimo alle masse”.
Alessandro de Vecchi
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