"Il luogo delle sepolture diventa il campo-santo, il campo dove sono seminati i santi che erano i nostri antenati, i nostri nonni, i nostri padri e madri, in attesa del nuovo germoglio" (dal blog Berlicche)
del 31 ottobre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
 A scuola all’inizio della giornata un Prof. prega insieme ai suoi alunni di Liceo e ciò accade in diverse classi; non tutti gli alunni lo fanno, alcuni sussurrano, altri sostengono la sua voce, quasi tutti invece recitano con forza solo “L’eterno riposo”. C’è qualcosa che scatta nel cuore di questi adolescenti in quel momento, qualcosa che commuove ogni volta perché ha a che fare con la sfera più intima, con quella dei ricordi, con gli affetti più cari, con la sofferenza.
L’unico legame fra cielo e terra passa attraverso una vita che non c’è più ma che è viva nei sentimenti dei ragazzi, tanto presente che riesce a far pregare anche chi normalmente non lo fa. Sarà poco, ma per il Prof. è una piccolo grande miracolo! Sì, perché quando approfondisce l’argomento con loro – per esempio mentre si parla della festa dei Santi e del ricordo dei defunti - vengono fuori discussioni di alto livello e domande come questa: «Prof., come si fa a parlare di vita e di speranza, quando una persona a cui vuoi bene muore?». Che può dire un Prof.? Davvero poco, ma di certo può ancora ascoltare in silenzio, finché un altro ragazzo dice: «So che vuol dire soffrire per questo e la morte va chiamata con il suo nome, però anche la vita ha un bel nome che va gridato con coraggio».
Mentre si cercano le parole giuste, parole che non si troveranno mai, ecco che un altro afferma: «Non dobbiamo avere paura di piangere né di chiedere a Dio il perché della morte di una persona cara, anche questo è pregare, anzi è credere con più forza». Il Prof. sa che non è tempo di dare soluzioni e fa vedere la fine del film «La sposa cadavere», quando i morti ritornano sulla terra. Uno spirito si muove verso un gruppo di vivi che scappano per la paura, ma un bambino solo resta lì con meraviglia, si avvicina e dice “Nonno?”; un attimo di esitazione, poi lo spirito lo riconosce e l’abbraccia. «Prof. ho capito - interviene una voce dal fondo - questo è il senso del ricordo cristiano dei defunti: non si deve avere paura, anzi bisogna abbracciare la morte con la vita».
 
Marco Pappalardo
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