Ci saranno giorni lieti e giorni tristi, momenti di vittoria e momenti di sconfitta, ma il credente resterà sulla vetta del monte della speranza con il Cristo, che ha innalzato il vessillo della vittoria, e mentre lo guarderà negli occhi pregherà: Signore, non tardare, se tu sei con me, niente e nessuno, neppure la morte, potrà essere contro di me.
del 15 novembre 2009
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: [...]«Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre». Marco (13,24-32)
«Il cielo e la terra passeranno ma le mie parole non passeranno» (Mc 13,31). Una profezia di speranza, una certezza che nel corso degli avvenimenti rende eterna la Parola che non passerà: Cristo è la Parola, l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine. Il Maestro di Galilea è il compimento delle nostre attese e speranze. Il cielo e la terra passeranno, la provvisorietà ci riguarda, scintille nella stoppia il tempo che ci è dato. Tutto passerà ma la sua Parola non passa, perché il Maestro ha consegnato alla storia la parola definitiva: piccolo gregge non avere paura, io sarò sempre con voi.
«Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49,15): parola di tenerezza, parola di compagnia che ha fondato il nuovo rapporto tra noi e l’eterno, facendoci diventare figli dell’Altissimo, partecipi del suo immenso amore. «Non abbiate paura» (Mt 14,27), ci dice il Maestro, «perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo» (Gv 12,47). La sua Parola non passerà: oggi, penultima domenica del Tempo ordinario, siamo chiamati a riflettere sugli ultimi giorni. La fine, in virtù della promessa del Maestro, non è vissuta più dal credente come opposta alla sua esistenza, bensì come un completamento.
I primi cristiani attendevano la beata speranza, erano in attesa dell’incontro definitivo, non avevano paura: «Maranà tha, Vieni Signore Gesù» (Ap 22,20), questa la loro preghiera, vieni presto non tardare. La fede dovrebbe orientare al completo abbandono nelle mani di Dio e indurre a ritenere la propria vita aperta al futuro di un incontro decisivo. La fede mette il credente in condizioni di guardare il proprio passato con fiducia anche se carico di sofferenza, perché sa che il proprio futuro è un futuro di bene.
Con lo sguardo al passato racconta la debolezza, rivolto al futuro avverte la forza che deriva dalla promessa del Signore: «Io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33). L’uomo di fede, il compagno di strada del Maestro di Galilea, certo che nessuna delle parole di Gesù passerà, vive il presente con più coraggio, nell’umiltà di quello che non ha, nella consapevolezza che se Dio sta dalla sua parte il mondo e la vita saranno trasformati in luce eterna. Che grande cosa la fede! Che gioia poter aprire il cuore alla speranza di cieli nuovi e di terre nuove, che cosa grande poter gridare: «Maranà tha, Vieni Signore Gesù».
L’invocazione dei primi cristiani dovrebbe trasformarsi per tutti gli uomini di fede in una giaculatoria continua da ripetere giorno per giorno nei momenti difficili: "Maranà tha", quando le cose vanno male, quando il mondo sembra contrario, quando si prova il sentimento della sconfitta, quando il cielo sembra essere avverso, quando sembra sia arrivata la fine del proprio mondo. Più il credente ripeterà «Maranà tha, Vieni Signore Gesù», più sentirà dentro di sé che la morte muore, che è necessario fare i conti con la propria fine ma anche con la ricchezza del proprio destino eterno. Dentro ciascuno la promessa del Maestro di Galilea, le mie parole non passeranno, fa scoprire una luce che non muore, che offre la possibilità di vivere la vita con verità.
Ci saranno giorni lieti e giorni tristi, momenti di vittoria e momenti di sconfitta, ma il credente resterà sulla vetta del monte della speranza con il Cristo, che ha innalzato il vessillo della vittoria, e mentre lo guarderà negli occhi pregherà: Signore, non tardare, se tu sei con me, niente e nessuno, neppure la morte, potrà essere contro di me.
don Gennaro Matino
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