Vivere per il corpo

Se Torquemada entrasse oggi in una palestra, gli si allargherebbe il cuore, con tutta quella strumentazione così sofisticata e i reprobi a sudare con ritmi implacabili. Altro che le rozze torture dei suoi tempi, corde, argani e qualche fascina di legno per i roghi.

Vivere per il corpo

da Quaderni Cannibali

del 06 novembre 2009

 

Dopo gli dèi, dopo le rivoluzioni,

dopo i mercati, il corpo sembra

essere diventato il nuovo criterio di verità,

non solo culturale, ma economico e sociale.

Il corpo è diventato il centro di tutti i poteri.

In lui riponiamo ogni speranza.

Eccetto quella vera.

 

 

 

 

“In principio era il Corpo”. È il nuovo inizio della bibbia del nostro tempo materialista. Una nuova religione con le sue liturgie e i suoi liturghi. Con un pizzico di umorismo, il card. Martini così la tratteggia: “Sono afferrato da timore come per la perdita di un bene che ritengo inalienabile: la salute. Allora approdo ad appositi santuari, con riti sacri, per ricuperare sanità, bellezza, forza giovinezza. Santuari che hanno le loro vesti sacre, i camici bianchi; le loro processioni, il primario con i suoi assistenti; le loro liturgie, il linguaggio iniziatico e misterioso; le loro prescrizioni e i loro interdetti.. Ne accetto i vantaggi, ne spero i benefici, però nello stesso tempo mi domando: quale tipo di concezione dell’uomo e del corpo ciò comporta?” (Il corpo, Centro ambrosiano, Milano 2000, 17).

 

Del resto basta sfogliare una rivista femminile, o anche certe lussuose pubblicazioni maschili,, per rendersi conto dell’entità pervasiva del fenomeno. Team di medici specialisti in chirurgia estetica sono pronti a rifarti la carrozzeria da capo a piedi. Liposuzione, scultura, seni troppo esuberanti da ridurre e seni piatti come bottoni da far fiorire, pancini e glutei rilassati da tirar su, nasi da raddrizzare e via di questo passo. E nelle anticamere degli studi le due foto abbinate dei successi: ‘prima’ e ‘dopo’ a conforto delle clienti. E non manca il sesso forte. Uomini d’affari che devono ostentare una inalterata freschezza giovanile: sorridenti, abbronzati, scattanti, snelli, glabri, camicie aperte su pettorali guizzanti, no pancette.

 

Se Torquemada entrasse oggi in una palestra, gli si allargherebbe il cuore, con tutta quella strumentazione così sofisticata e i reprobi a sudare con ritmi implacabili. Altro che le rozze torture dei suoi tempi, corde, argani e qualche fascina di legno per i roghi.

 

Le quaresime laiche

 

E poi, vogliamo scherzare, ogni religione ha le sue Quaresime e i suoi Ramadan: no al dolcino, no alla fettina. Oggi le quaresime laiche pretendono ben altro: le diete per dimagrire sotto l’occhio trucido della bilancia. E qualche ragazza ci lascia la pelle. Il fitness è la nuova religione. Vantaggi ne comporta, certo. E farebbe bene a tanti una corsetta mattutina in un bosco rorido ancora di rugiada. Ma il fitness ha anche le sue esigenze.

 

Mi è capitata sotto gli occhi recentemente un libretto dal titolo L’adorazione del piede, s’intende del piedino femminile, non ricordo l’autore. Calzaturieri di avanguardia a servizio delle grandi firme, progettano sandali di pelle finissima su cui incrostare pietre preziose, fregi d’oro o cristalli Swarovski. Prezzi da 500.000 Euro in su. Fate i conti. E le zeppe altimetriche, pardon platform o plateau, su cui far ciondolare i piedi a rischio caviglie, dove le mettete? Ma fanno così ‘femminile’.

 

Qualche cattiveria. Ci sono ragazze che si preparano al compleanno con progetti rivoluzionari. “Papà, per i miei 18 anni vorrei come regalo un paio di tette nuove”. Carina. E l’altra che ho letto su una rivista americana. “Mamma, vorrei rifarmi le tette perché se no, entrando nel collège, nessun ragazzo mi guarderebbe”. Autentica.

In compenso Botero, il Raffaello latino–americano, dipinge Veneri da 180 chili, uomini e donne dalla ciccia straripante. E ha dipinto grassi come palloni anche quei disgraziati di Abu Graib, secchi come scorze. Opere d’arte?

 

La sacralizzazione laica del corpo

 

“È il ‘trionfo del corpo’ come intitola il saggio di Hervé Juvin (Egea editore), bancario navigato, assicuratore, gestore di patrimoni, alle prese con il ‘capitale’ corpo: una vittoria del progresso, del benessere e della pace, delle tecniche estetiche. “Dopo gli dèi, dopo le rivoluzioni, dopo i mercati, il corpo sembra essere diventato il nuovo criterio di verità, non solo culturale, ma economico e sociale. Il corpo è diventato il centro di tutti i poteri. In lui riponiamo ogni speranza”. Insomma, ”il corpo si è rivestito di sacralità”.

 

Conferma Marino Niola, docente di Antropologia al Sant’Orsola di Napoli. “Nella tradizione filosofica occidentale corpo e anima erano separati, anzi uno era di ostacolo all’altro. Oggi il corpo sta andando a occupare lo spazio dell’anima e si sta ‘spalmando’ sull’anima. Diventando esso stesso criterio di verità”. Tutto quello che fa bene al corpo, è vero e benefico.

 

Non tutti gli studiosi, evidentemente condividono queste tesi. “Oggi sul corpo c’è un eccesso di investimento – ribatte il sociologo Franco Garelli, preside della Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Torino. – Dentro questa attenzione per un fisico tendente alla perfezione e in grado di comunicare l’identità che vuole, c’è un disperato bisogno di sacro. Questa necessità in passato era realizzata dalla religiosità. Oggi si manifesta attraverso la sacralizzazione dell’esistenza. In un mondo secolarizzato, il corpo assume su di sé il bisogno di sacro. Surrogato delle grandi fedi. Ci si aggrappa a miti più alla portata di mano. E si delega il corpo a fare da punto di riferimento ‘penultimo’ di senso”. La religione del corpo enuncia i suoi dogmi. E il culto si onora con un ‘corpo esplosivo’, come dimostrano personaggi che hanno scelto di essere belli. E belli sono davvero, lavorando su se stessi e sui loro muscoli: tanto basta per far ululare le teenager strette alle transenne dei palchi siderei nei megaconcerti.

 

“Non più prigione dell’anima, il corpo diventa progetto, materia, linguaggio con cui dare forma ai desideri – commenta Raffaella Ferrero Camoletto, ricercatrice in Sociologia dell’Università di Torino e autrice di Oltre il limite ( il Mulino editore), una ricerca sul corpo tra sport estremi e fitness. “Il corpo diventa sacro in quanto utilizzato come strumento di verità e di significato. Ed è anche spazio simbolico sul quale incidere nuovi riti”.

 

Una indagine europea su 4000 persone di otto Paesi europei ha dato questa conclusione: “Non siamo più ancorati a principi etici, l’unica religione è quella del corpo”. Vittorino Andreoli ha concluso: “Oggi la religione è quella del corpo, pelle liscia, colesterolo a posto, donne magrissime: si deve morire perfetti”.

 

La nuova parola d’ordine: corporeismo

 

Si parla volentieri oggi di riscoperta del corpo. Corporeismo è la parola d’ordine.

Vi hanno contribuito elementi di ampia diffusione nella nostra cultura: lo sport, la danza, la moda. E non parliamo di spettacolini televisivi, di veline, letterine e quant’altro. Una reazione logica e benefica per dissipare sospetti e diffidenze millenarie di una certa tradizione ascetica, che però ha radici in terreno non cristiano.

 

Platone, uno dei massimi filosofi greci, III secolo a. C., aveva teorizzato la spaccatura dell’anima e del corpo. Il corpo era visto, pessimisticamente, come la prigione, la tomba dell’anima, la rozza conchiglia che racchiude la perla. Questa concezione, tramite un po’ la traduzione dei testi ebraici della Bibbia in greco, fatta dai Settanta, aveva alimentato tutto un filone della spiritualità cristiana, da Origene a Gregorio Nisseno a Gerolamo, ad Agostino, fino ai tempi nostri. Concezione dualista.

 

Al contrario la Bibbia considerava l’uomo un tutt’uno, “e il corpo umano è imparentato con la terra e con il cielo, è argilla che vive con il soffio vitale di Dio. Terra e soffio sono indissolubilmente uniti e insieme in tensione, perché lo spirito ha bisogno della carne per esprimersi e la carne, il corpo, senza soffio vitale non potrebbe trascendersi” (Martini, ivi, 40–41). G. Marcel diceva: “L’uomo non ha un corpo; è il suo corpo” per sottolineare questa unità profonda.

 

Il corpo vettore privilegiato di comunicazione

 

Da sempre l’uomo si interroga su di sé, sul proprio corpo. Sembra che abbia molte voci segrete, voci che vogliono dirmi qualcosa su di lui e su tutto. “Il mio corpo – prosegue Martini – vive l’avventura del nascere e del morire, del crescere e del decadere, del mangiare, dell’incontrare e dell’amare. La mia storia, i miei desideri, le mie gioie e i miei dolori, le mie speranze e le mie attese, le mie delusioni, le mie vittorie e le mie ferite… sono tutte inscritte nel mio corpo” (ivi, 35).

 

Ma il corpo è soprattutto il mezzo di comunicazione con gli altri uomini con la sua capacità di esprimere la verità profonda dell’uomo: nel corpo si rivela la più generale vocazione dell’uomo a comunicare. Il corpo “traduce una aspirazione a contatti significativi, la nostalgia di una comunicazione vera, totale e profonda, in una cultura dei mass media dove l’informazione si estenua sotto la valanga dei messaggi. Il corpo in festa diventa allora il vettore privilegiato di questi ritrovi con gli altri e con la comunicazione perduta” (A.Valeriani, Il nostro corpo come comunicazione, La Scuola, Brescia 1964, 27).

 

Ma il corporeismo ha pure le sue ambiguità e i suoi limiti. Martini parla di ‘ossessione del corpo’, che obnubila i valori dello spirito. Spesso il corporeismo sbocca in un materialismo da cultura di massa, in un edonismo narcisistico che compromette i valori di comunicazione ed espressione. “Il corpo non chiede permessi” dice il corporeismo nelle versioni più banalizzate, distruggendo così la possibilità dell’etica e impoverendosi. Ma anche nelle sue forme meno brutali, il mito dello spontaneismo, la fobia di ogni repressione, il vietato vietare, l’ossessione di una certa autenticità contribuiscono a creare quella cultura della non–responsabilità di cui oggi tanto ci si lamenta.

 

Al centro del cristianesimo il corpo e la corporeità

 

Ma la suprema esaltazione del corpo, nel cristianesimo, è Gesù Cristo. Il Dio che si è fatto uomo, si è fatto carne, ha preso un corpo come il nostro, fatto di muscoli, di nervi, di vene, di ossa, eppure corpo di Dio. E tutto perché il Dio cristiano ha commesso una ‘follia’: si è innamorato dell’uomo e ha voluto salvarlo tutto, spirito e corpo.

La suprema esaltazione di questo nostro corpo bello e fragile è nel mistero dell’Incarnazione, in questo Dio che ha mandato suo Figlio a farsi uomo per salvare questo povero uomo fallito.

 

Cristo è vissuto nel suo corpo d’uomo, ha sofferto, è morto ed è risorto nel suo corpo d’uomo. Non si è ridotto a un fantasma angelizzante–tutto–spirito. La sua risurrezione è anche la nostra, avremo ancora il nostro vecchio caro corpo riscattato dalla sofferenza e dalla morte, ricco di uno splendore eterno.

 

È grazie alla sua carne che Cristo ci ha salvati. C’è un sano materialismo nella visione cristiana. Tertulliano, questo apologeta dei primi secoli, scriveva che “la carne è il cardine della salvezza”. Un cardine in cui si incentra e attorno a cui ruota tutto il mistero di Cristo. Sul corpo si gioca l’intero destino eterno dell’uomo e della sua felicità.“Il Verbo si è fatto carne dandoci del corpo una visione totalmente nuova – scrive ancora Martini. – Assumendo la nostra carne mortale, il Figlio di Dio ha voluto partecipare della nostra fragilità. Una fragilità che non oscura più la bellezza del nostro corpo. Come infatti il corpo di Gesù è rivelazione della Gloria, visibilità dell’Invisibile, narrazione di Dio tra gli uomini, così anche il nostro corpo, nella sua completezza di carne e di spirito è destinato a essere specchio della bellezza di Dio.

 

Possiamo dire che, a motivo del mistero dell’Incarnazione che trova compimento nel mistero della Risurrezione, il cristianesimo ha al centro il corpo e la corporeità” (ivi, 43).

 

Carlo Fiore

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