Ricerca della Camera di commercio che fotografa un terzo settore in ottima salute, ma con alcune contraddizioni: mentre cresce il numero delle organizzazioni è in calo il numero di chi vuol farne parte.
Sono in aumento le associazioni di volontariato che operano nella provincia Torinese. Ma, al tempo stesso, è in calo il numero di quanti sono disposti a farne parte, specie tra le fasce più giovani della popolazione, che vanno quasi scomparendo dalle associazioni classiche del terzo settore. A svelare queste apparenti contraddizioni è una ricerca della Camera di commercio di Torino: realizzata dall’Osservatorio sull’economia civile, l’indagine è partita dall’analisi dei dati del Registro nazionale del volontariato relativi al 2011 (gli ultimi disponibili), fotografando così lo stato di salute dell’associazionismo benefico nella regione.
Stato di salute che, per inciso, è ottimo: nell’anno in analisi, erano 2.700 le organizzazioni impegnate in attività di volontariato nella provincia torinese. La maggior parte di queste, coerentemente con quanto accade nel resto d’Italia, si muove nel settore socio sanitario, che copre il 64 per cento del totale (con il 28 per cento impegnato nella sanità e il 36 nell’assistenza sociale). Seguono poi le associazioni attive con la Protezione civile (18 per cento) e quelle che si occupano di impegno civile (7 per cento), cultura e tutela del patrimonio storico (entrambe al 4 per cento).
Ben 323 di queste hanno sede a Torino, che ne ospita dunque il 37 per cento. Seguono poi la Val di Susa, il Pinerolese e l’Eporediese che ne ospitano rispettivamente 58, 53 e 42. Ma se si incrocia il numero delle organizzazioni con le rispettive densità abitative, le zone più vivaci risultano essere quelle delle valli di Lanzo, Ceronda e Casternone, con 84 organizzazioni di volontariato ogni 100 abitanti, seguite a ruota dalla Val Sangone (80 OdV ogni 100 abitanti) e dal Pinerolese (72 su 100).
È interessante notare, comunque, come per la maggior parte si tratti di piccole strutture, che nella maggior parte dei casi (più del 60 per cento) operano con meno di 20 volontari: soltanto l’11 per cento delle associazioni che operano in provincia può contare su oltre 60 persone attive in maniera continuativa
E sale anche sensibilmente l’età media dei volontari: su un milione e mezzo di interventi erogati nel 2011, il 38 per cento hanno impiegato principalmente adulti tra i 36 e i 60 anni, mentre il 26 per cento sono stati realizzati da ultrasessantenni e il 22 da adulti tra i 30 e i 35. Sono i ventenni, dunque, i grandi assenti nella foto di gruppo del volontariato torinese.
In totale sono all’incirca 234mila le persone impegnate in attività di volontariato: solo 7 mila di loro non risultano associati, un gruppo costituito perlopiù da psicologi, medici e professionisti di vario genere. Oltre mille, invece, le persone che vengono retribuite per l’attività svolta, tra dipendenti e collaboratori. “Il quadro che emerge da questa analisi - sottolinea Aldo Romagnolli, Presidente dell’Osservatorio sull’economia civile - mette in evidenza la ricchezza e la vivacità del territorio provinciale, che deve essere sostenuto e incentivato perché capace di generare benessere, coesione e sviluppo delle comunità locali. In periodi di recessione, la tentazione è di delegare quasi totalmente le attività di welfare alle organizzazioni di volontariato. Occorre invece un loro maggior coinvolgimento nelle fasi di progettazione strategica a fianco degli enti pubblici, in un ruolo complementare e paritario, nel rispetto della specificità dei ruoli di ciascuno”
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