WWW.una ragnatela grande quanto il mondo

Prima c'era la famiglia, poi venne la scuola, poi arrivò la tv, poi il computer, poi internet, poi i social network. Su queste tecnologie si sta disegnando la vita contemporanea. È su questa logica che decidiamo cosa comprare, cosa leggere, dove andare in vacanza. I giovani, e giovani si può essere a qualunque età, se cercano qualcosa la cercano su internet.

WWW.una ragnatela grande quanto il mondo

da Quaderni Cannibali

del 20 giugno 2011

 

Qualcuno sa spiegarmi cosa significa www?

           Il World Wide Web è un servizio offerto da Internet che offre la possibilità di navigare ed usufruire di un insieme vastissimo di contenuti multimediali e di ulteriori servizi accessibili a tutti. I suoi contenuti sono tra loro collegati tramite i cosiddetti link, a disposizione degli utenti, offrendo a chiunque la possibilità di diventare editore e di raggiungere un pubblico vastissimo distribuito nel mondo. Viviamo ormai nell’era del Web.

          Molti critici della rete sottolineano la tendenza del Web ad assumere le sembianze di un gigantesco calderone o pattumiera di informazioni, spesso non di alto livello, ovvero, non adeguatamente filtrate e controllate, cui solo l’occhio attento e critico dell’utente può ovviare. Altri, invece, ne esaltano la portata informativa a libera scelta dell’utente. 

          Una galassia sempre più affollata e forse indistinta. Questa è la sensazione di chi cerca di capire cosa sta avvenendo nel mondo della comunicazione. Un nomadismo mediatico, specie per i giovani, ma spesso fattore di una soggettività senza riferimenti.

            “Qui entra in scena il carattere indistinto della galassia della comunicazione: la soggettività senza riferimenti porta certo ad un ricco uso degli strumenti a disposizione, ma porta anche ad una sostanziale orizzontalità del comunicare; ad una pura sovrapposizione di esperienze mediatiche, senza alcuna accumulazione culturale; ad una tendenziale indifferenza, forse anche un disincanto, verso i diversi messaggi. Con la scomparsa quasi totale delle preoccupazioni sull’affidabilità delle fonti”. (Giuseppe De Rita, Corriere della Sera, 27 dicembre 2010). 

Is Google making us stupid?

          Nicholas Carr, ex direttore della Harvard Business Review, in un numero di The Atlantic, un mensile culturale e piuttosto progressista in Usa, confessa i suoi dubbi circa questa civiltà del web, quasi essa stia condizionando negativamente il nostro modo di leggere, di selezionare, di memorizzare. “Ho la sensazione che internet stia riducendo in frantumi la mia capacità di concentrazione e di osservazione. Mi sto abituando a raccogliere informazioni nello stesso modo in cui la rete le distribuisce, come un flusso di particelle che si muovono velocemente.

          L’uomo contemplativo, che ha imparato a comprendere il mondo frase per frase, paragrafo per paragrafo, è spacciato. È arrivato il Flickering Man, l’uomo fluttuante, che freccetta da link a link. Una volta mi sentivo come un subacqueo che si immerge nel mare delle parole. Ora schizzo sulla superficie come un ragazzo su un acquascooter”.

          Sullo stesso tema si esprime il premio Pulitzer Leonard Pitts: “Scopro di non essere il solo che sta perdendo l’abitudine alla lettura. Ormai riesco a digerire la scrittura solo a piccoli blocchi. Datemi un testo di più pagine e vengo subito assalito dal desiderio incontenibile di controllare la mia posta elettronica. È tutto così dispersivo”.  

          Andrew Sullivan, intellettuale britannico, anch’egli collaboratore del mensile The Atlantic, esprime le sue perplessità: “Appena ci sediamo per leggere un documento di qualche pagina o un libro, ci sentiamo a disagio dopo pochi paragrafi. Voltiamo pagina e siamo già pronti per un prossimo link”.

Facebook diventa un film ma non solo 

          Nel 2010 appare sul grande schermo The Social Network, del regista David Fincher. Un adolescente di Harvard senza spiccioli, senza ragazza e senza amici, che inventa uno sbalorditivo strumento per allacciare amicizie e divertirsi col sesso e che in poco tempo diventa il più giovane miliardario di sempre.

           È la storia di Facebook e di Mark Zuckerberg, il fondatore, mollato dalla fidanzata, mezzo sbronzo, che in una notte di febbraio del 2004, in cui si sente disperatamente solo, ha l’idea di lanciare sulla rete una specie di concorso per eleggere la ragazza più carina della sua università. Forse il segreto di questo successo è tutto qui: celebrità assicurata per chiunque anche se per breve tempo. Oggi gli iscritti raggiungono il mezzo miliardo. Il Network più popolare al mondo ha centinaia di milioni di fans, ma anche duri avversari. Non arrivi a 500 milioni di amici, senza farti qualche nemico. Le accuse più frequenti sono: Facebook è cinico e amorale; è troppo capace di determinare dipendenza soprattutto nei giovani; è invadente e ostile alla privacy.

           The Social Network è il primo film a riportare senza clamore un dato di fatto della modernità, che la vita in rete, ciò che si fa, si legge e che accade online, per molti che diventano ogni giorno più numerosi, ha la medesima importanza della vita reale.

Non è più solo questione di carta 

          Siamo cresciuti in un mondo che sulla carta dei giornali e dei libri costruiva le nostre certezze e promuoveva cultura. Oggi, tutti lo ammettono, esistono alternative molto più efficaci. Ma non è solo questione di risparmiare sulla carta.  

           Il narratore Giuseppe Granieri parla di un processo di transizione verso il digitale delle culture umane. Lo definisce un processo bello e doloroso. In un suo articolo su L’Espresso del 6 gennaio 2011, esprime un suo parere su quello che potrà essere il nostro prossimo futuro. “Se vogliamo capire con maggior consapevolezza quello che accadrà, dobbiamo provare ad allargare un po’ lo sguardo. Fino ad oggi abbiamo guardato agli strumenti digitali soltanto per la loro comodità e per quello che ci permettono di fare. Adesso bisogna riflettere sugli effetti di questa rivoluzione permanente sul nostro essere persone e cittadini. A poco a poco la potenza e la facilità d’uso dei dispositivi sempre connessi a internet stanno modificando la nostra mente e la nostra memoria. Le nuove tecnologie digitali non sono più scindibili dal modo in cui funziona la nostra cultura e la nostra società”. Esse condizionano la nostra visione del mondo, cambiano il nostro quotidiano e il rapporto con quanto ci circonda.  

           Su queste tecnologie si sta disegnando la vita contemporanea. È su questa logica che decidiamo cosa comprare, cosa leggere, dove andare in vacanza. Non ci serve più possedere un’informazione, ci interessa sapere dove cercarla quando ci serve. I giovani, e giovani si può essere a qualunque età, se cercano qualcosa la cercano su internet. La biblioteca universitaria diventa sempre più dimenticata e fuori mano.

A chi fa paura la generazione web?

          Giovani e web sono la nuova generazione. E con il web i giovani si sentono protagonisti. Per essi web vuol dire comunicazione, informazione, intrattenimento. Il web sarà la lingua comune per parlarsi e comunicare. Se per alcune persone la rete internet risulta senza dubbio un’opportunità che le precedenti generazioni non avevano, per i giovani che vivono il presente, è questa la paura ricorrente di noi adulti, la fruizione costante dei nuovi strumenti telematici, potrebbe modificare i processi stessi dell’apprendere e del ragionare. Il flusso continuo di informazioni e stimoli a cui le giovani generazioni sono sottoposte causerebbe difficoltà della memoria che potrebbero avere in un prossimo futuro conseguenze sull’abilità di focalizzare e sviluppare capacità critiche.

           La prossima generazione, in questa ottica, sarebbe inesorabilmente ed inevitabilmente condannata ad essere priva di opinioni personali se non indotte dai media. Ci saranno sicuramente anche altri conflitti da risolvere nel prossimo futuro riferiti alla difesa della privacy e soprattutto della propria identità pubblica. Forse la risposta dovrà essere cercata in seno ad una società civile che si esprime utilizzando con più coscienza e maturità gli strumenti per una comunicazione interattiva.

          Oggi noi tutti abbiamo un nuovo potere, non esclusivamente di usufruire di informazioni in modo rapido, ma poter discutere online, valutare gli eventi, produrre notizie, esprimere opinioni, dare consigli, scegliersi una propria immagine sulla base della reputazione che abbiamo di noi stessi e che vogliamo dagli altri. Tutto questo sapendo bene che dall’altro capo del mondo c’è qualcuno che ci legge, che parla di noi, esprime le sue opinioni nei miei confronti, spesso è interessato a interloquire, a chattare, forse a chiedere e concedere amicizia.

          Viviamo nell’era dell’immagine. Pensiamo di esistere soltanto quando altri riescono a vederci, a prenderci in considerazione. E, come si esprimono alcuni giovani nei loro blog, qualsiasi cosa diciamo non rischiamo nulla, perché è soltanto una nostra opinione e un’opinione si sa vale quanto un’altra.

Think before you post

          Bisognerà pensare a giovani smaliziati abbastanza e maturi per postare con la loro testa. Durante le celebrazioni del Safer Internet Day del 9 Febbraio 2010, il Ministro della Gioventù, parlando del significato di quella particolare giornata, sottolineava che il futuro dei giovani, le loro opportunità di crescita sia personali sia professionali sono e saranno sempre più nella rete. Da una parte bisognerà quindi garantire a tutti l’accesso alla nuova società digitale, dall’altra rendere quest’ultima un luogo sicuro e senza rischi in particolare per le nuove generazioni. I giovani, come ricordava lo slogan di quella giornata, devono poter “postare con la testa”, essi devono avere tutte le competenze e la sensibilità per gestire correttamente le proprie informazioni personali e i propri comportamenti online.  

          Un invito particolare viene dalla diocesi di Pistoia che ha promosso una ricerca tra i giovani tra i 18 e i 24 anni per capire meglio il rapporto con il web dei cosiddetti nativi digitali, con i ragazzi nati in questi due ultimi decenni, che da sempre, nella loro vita, hanno convissuto con connessioni ed evoluzioni dei computer. Anche la Chiesa italiana, nel Convegno “Testimoni digitali” ha voluto avviare una ricerca scientifica sulle relazioni comunicative e affettive dei giovani nello scenario digitale.  

          L’obiettivo è quello di rintracciare dentro un contesto ipertecnologico i possibili presupposti per un nuovo umanesimo: la capacità di piegare la tecnologia alle esigenze relazionali in modo da promuovere lo sviluppo dell’integrità della persona, con specifico riferimento alla categoria dell’amicizia chiesta e concessa attraverso Facebook. Possiamo dire con il biblista vescovo di Pistoia, che noi non abbiamo dubbi che la rete funzioni; sarà da valutare invece se noi riusciamo a funzionare sulla rete.

Chi è il mio prossimo in questo nuovo mondo?

          Affermare che internet sia ormai una vera e propria rivoluzione culturale per le nuove generazioni e non solo, non appare più una dichiarazione precipitosa. È ormai da tutti ammesso che esso rappresenta sia una novità, ma soprattutto offre nuove potenzialità, perché concede di poter disporre di un efficace strumento di comunicazione e di accesso alle informazioni impensabile fino a qualche anno addietro.  

          Siamo testimoni di un regolare tragitto che le agenzie formative e informative hanno percorso in questi ultimi decenni. Prima c’era la famiglia, poi venne la scuola, poi arrivò la tv, poi il computer, poi internet, poi i social network, un libro che non riuscirai mai a finire di sfogliare, un mondo sconosciuto e attraente nel quale è possibile perdersi o far perdere le tracce.  

          Quanto più il web aiuta il ragazzo a chattare e a parlare di se e con gli altri, venendo incontro al bisogno di comunicazione e amicizia, che ciascuno di noi si porta dentro, tanto meno tempo rimane da riservare ai rapporti interpersonali, alle amicizie fisiche, all’incontro concreto con gli altri, siano essi i genitori, siano i compagni di scuola, siano gli amici. E quanto più breve è il tempo trascorso con gli amici visibili tanto più nasce la voglia di chattare fino a tardi nella propria camera senza voler incontrare nessuno. 

           “Chi è il mio prossimo in questo nuovo mondo? – Così si esprimeva in un suo intervento del 24 gennaio 2011 Papa Benedetto XVI –. Esiste il pericolo di essere meno presenti verso chi incontriamo nella nostra vita quotidiana ordinaria? Esiste il rischio di essere più distratti, perché la nostra attenzione è frammentata e assorta in un mondo differente rispetto a quello in cui viviamo? Abbiamo tempo di riflettere criticamente sulle nostre scelte e di alimentare i rapporti umani che siano veramente profondi e duraturi?”.  

          Le nuove tecnologie permettono alle persone di incontrarsi oltre i confini dello spazio e delle stesse culture, inaugurando così un intero nuovo mondo di potenziali amicizie, ma è importante ricordare sempre che il contatto virtuale non può e non deve sostituire il contatto umano diretto con le persone a tutti i livelli della nostra vita.

 

Adamo Calò

http://www.vocazioni.net

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