Don Enrico Dal Covolo presenta la figura di Zeffirino. «Zeffirino aveva scelto come modello di vita Domenico Savio... La santità di Zeffirino è un tipico esempio di santità giovanile “del quotidiano”, che consiste nel far bene e con amore - fino all'eroismo - le piccole cose di ogni giorno».
del 11 novembre 2007
 
 
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Nella vita del nuovo Beato si può intravedere la storia, spesso drammatica, del suo popolo. Egli riassume in sé le sofferenze, le ansie, le aspirazioni dei Mapuches, che proprio durante gli anni della sua fanciullezza si incontrarono con il Vangelo e si aprirono al dono della fede, grazie alla valorosa opera di alcuni missionari Salesiani, come don Milanesio, don Pasino, mons. Cagliero e molti altri. L’ideale supremo di Zeffirino era quello di “essere utile alla sua gente”. Per questo desiderò ardentemente di essere Salesiano, e sacerdote, “per mostrare” ai suoi fratelli mapuches “la via del cielo”. Per questo andò a studiare dai Salesiani, prima nel Collegio “Pio IX” di Buenos Aires, poi nell’Aspirantato di Viedma, e infine nel Collegio “Villa Sora” di Frascati, vicino a Roma. Nel frattempo, però, una malattia mortale - la tubercolosi - minava la sua giovane vita. Ricoverato nell’Ospedale dell’Isola Tiberina, Zeffirino morì all’alba dell’11 maggio 1905, circondato dalle cure e dall’affetto dei Salesiani, dei Fatebenefratelli e dei suoi compagni.
 
Qual è il segreto della santità di Zeffirino?
Zeffirino aveva scelto come modello di vita Domenico Savio. Questo allievo prediletto di Don Bosco fu proclamato Santo da Pio XII nel 1954, e insieme veniva in qualche modo canonizzata la “ricetta semplice” della santità, che il “padre e maestro dei giovani” consegnò un giorno a Domenico. Una ricetta che dice più o meno così: “Sii sempre allegro; fai bene i tuoi doveri di studio e di pietà; aiuta i tuoi compagni”. La santità di Zeffirino è un tipico esempio di santità giovanile “del quotidiano”, che consiste nel far bene e con amore - fino all’eroismo - le piccole cose di ogni giorno. Questo progetto è sostenuto dall’impegno costante e fermo di rispondere così alla chiamata del Signore, alla vocazione che egli ha su ciascuno di noi. E’ quel tipo di santità, per cui tornano subito alla memoria le riflessioni proposte dal Servo di Dio Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte, e riprese ancora in questi giorni dal Papa Benedetto XVI nell’Angelus di Tutti i Santi: la santità non è un privilegio eccezionale, riservato a poche persone; la santità è invece la mèta impegnativa di ogni battezzato, è il traguardo della vita cristiana ordinaria. In questa prospettiva - che potremmo chiamare “il segreto della santità” di Zeffirino - bisogna riconoscere la validità carismatica delle intuizioni pedagogiche di Don Bosco. Non sono ancora trascorsi 120 anni dalla sua morte, ma in questo arco di tempo il sistema preventivo ha maturato frutti quasi insperati, formando una schiera insigne di ragazzi santi: pensiamo, solo per fare qualche esempio, a Laura Vicuna, ai cinque martiri di Poznan, a Alberto Marvelli, ai tre aspiranti di Madrid beatificati lo scorso 28 ottobre, oltre naturalmente a Domenico Savio e allo stesso Zeffirino.
 
Un episodio caratteristico della sua vita…
Questo episodio capitò nella notte del Giovedì santo del 1904, un anno prima della sua morte. In quell’occasione, Zeffirino visse un’intensa e misteriosa esperienza eucaristica. “Udii una voce sommessa - così egli stesso raccontò il giorno dopo ai suoi amici - una voce che mi chiamava ripetutamente, dicendomi: ‘Vieni, amico, vieni!’. Mi sorprese di non vedere alcuno accanto al mio letto; ma quando mi svegliai, e mi trovai tra le mani un’immaginetta della santissima Eucaristia, che ho l’abitudine di mettere sempre dentro la federa del cuscino, e quando la baciai, mi parve di sentire di nuovo quell’insistente richiamo”. “Vieni, amico, vieni!”: in questo modo il Signore Gesù chiamava Zeffirino alla vita eucaristica, al progetto del “pane spezzato” e del “vino versato”, a quella vita che lascia vuota la tomba, e vince la morte.
 
Che cosa è rimasto impresso nel cuore di coloro che hanno conosciuto Zeffirino?
Molte cose sono rimaste impresse nel cuore di ha conosciuto Zeffirino. Le testimonianze del processo canonico restano avvolte, per così dire, in un’atmosfera di ammirazione e di nostalgia. Può valere per tutte un’affermazione di mons. Cagliero. Contemplando commosso il candore, che irraggiava dalla figura di Zeffirino, l’apostolo della Patagonia esclamava: “In questo ragazzo si vede che regna la grazia”! È stato detto, ed è proprio vero, che “fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce”. I quotidiani per lo più sono pieni delle “altre storie”, quelle che manifestano il limite della nostra umanità e la triste eredità del peccato dell’origine. Ma non dovremmo mai dimenticare che la storia degli uomini è anzitutto una storia di grazia, sempre sorretta e illuminata dalla Provvidenza di Dio, nella quale i veri eroi sono i santi che l’affollano, quelli riconosciuti, e anche quelli non canonizzati: è proprio questa “la foresta che cresce”.
 
Il messaggio di Zeffirino per i giovani d’oggi …
Ai giovani d’oggi Zeffirino raccomanda anzitutto la coerenza, la fedeltà, la fermezza di fronte agli impegni del “buon cittadino e del buon cristiano”. L’aspirazione fondamentale di Zeffirino, quella “di essere utile alla sua gente”, è in fondo l’aspirazione di ogni giovane di buona volontà. Ebbene, questa aspirazione risulta potentemente illuminata e rinvigorita dall’adesione a Cristo. Così, gli ideali umanitari che Zeffirino, come molti giovani di oggi, ammirava profondamente, vengono assunti, convalidati, potenziati grazie alla fede in Cristo, ai Sacramenti e alla preghiera.
don Enrico Dal Covolo
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