Il Servo di Dio, Zeffirino Giménez Malla, con la sua vita e la sua morte ha dimostrato al mondo che Cristo è presente in tutti i popoli e in tutte le razze e che ovunque può nascere la santità. La Chiesa riconosce in lui un figlio autentico e fedele, il popolo zingaro un testimone di Cristo e l'evangelizzatore della propria gente.
del 02 novembre 2009
 
 
VITA, VIRT√ô E MARTIRIO DEL SERVO DI DIO
 
Divideremo questo capitolo in due parti. Nella prima esporremo la vita e le virt√π del servo di Dio; nella seconda parleremo del suo martirio materiale e formale e della sua fama.
 
 
 
I. Vita e Virt√π del servo di Dio
 
Trattandosi di un nomade che trascorse molti anni della sua vita senza fissa residenza, è difficile contare su dati certi, soprattutto per quel che riguarda la nascita, la prima comunione e l'infanzia. Gli unici documenti di cui disponiamo sono il certificato di battesimo di un nipote, Juan Fernando Jiménez, nel quale il servo di Dio appare come padrino, e la pratica matrimoniale dello stesso servo di Dio del 1912, nel corso della quale fu presentato il suo estratto di battesimo (Cf. Doc. 10, Summ., p. 87).
 
Sussidi biografici
 
Come sussidio biografico disponiamo di una piccola biografia preparata per gli anni '60 dal P. Angel M. Fandos, C.M.F. e pubblicata nel 1973. Si tratta di un libretto (11 x 16) di 32 pagine scritto con un linguaggio semplice ed intitolato 'Il Pelé. Un gitano con stoffa di santo'. Benché manchi di apparato critico, sembra che l'autore si sia basato sulle testimonianze che poté raccogliere a Barbastro.
A parte questa piccola biografia e i due documenti cui abbiamo accennato poc'anzi, disponiamo della dichiarazione di vari testimoni oculari, che hanno conosciuto il servo di Dio e alcuni membri della famiglia.
 
1. Nascita e primi anni
 
Secondo quanto affermato dallo stesso servo di Dio nella pratica matrimoniale, sappiamo che era figlio di Juan Jiménez e di Josefa Malla e che era nato nel 18611. Non si conoscono con certezza né il giorno né il luogo di nascita2.
Padre A. Fandos afferma che il Pelé nacque 'come i suoi fratelli Felipe e Encarnación ad Alcolea di Cinca, ridente borgo di Huesca'3. In mancanza di documenti, dovette supporre che il servo di Dio fosse nato nello stesso luogo dei fratelli, però si tratta di una supposizione non avallata né da testimoni né da documenti.
 
Don Mario Riboldi, basandosi sulle dichiarazioni di María de los Milagros Jiménez (più conosciuta come Maruja e così la chiameremo noi), figlia di Josefa (Pepita), che era stata adottata dal servo di Dio, dà per certo che questi nacque a Benavent (Lérida)4. In effetti, Maruja ha dichiarato sotto giuramento:
'Ho sentito dire da una figlia di un fratellastro del Pelé, chiamata Leonor, che egli era nato a Benavent' (Summ., pp. 19-20, 5).
Tuttavia, questa dichiarazione ci sembra troppo generica e poco convincente.
 
Nel certificato di battesimo esibito dal servo di Dio per la pratica del suo matrimonio si legge che era nativo di Fraga, dove fu battezzato (Cf. Doc. 11, f. 88). E' certo, come afferma Don Mario Riboldi, che i gitani, per evitare complicazioni, a volte dicevano che il bambino era nato all'interno del territorio della parrocchia dove chiedevano che venisse battezzato5. Però, in questo caso, sembra che i genitori del servo di Dio abbiano detto la verità rispetto al luogo di nascita, in quanto anche in un altro documento ufficiale del 1903 si afferma che il servo di Dio era nativo di Fraga. Ci riferiamo all'atto battesimale di Juan Alfredo Jiménez, figlio di Felipe Jiménez Malla, fratello del servo di Dio. Il Pelé fece da testimone ed affermò di essere nativo di Fraga (Cf. Doc. 10, Summ., f. 87).
 
Permane sempre il dubbio, poiché c'è contraddizione tra quanto affermano alcuni testimoni e quel che troviamo scritto nei documenti riferiti. Tuttavia, è maggiormente credibile quanto affermato nei documenti.
Abbiamo pochi dati sull'infanzia del servo di Dio. I suoi genitori erano nomadi e a quanto sembra attraversarono vari villaggi della Cataluña e dell'alta Aragona. María de los Milagros Jiménez (=Maruja), la nipote adottiva, afferma che egli era analfabeta e che 'ebbe un'infanzia molto povera' (Summ., p. 20, 19). A Don Mario Riboldi ha confidato che 'lo zio le diceva di aver sofferto la fame quando era piccolo e raccontava: “tornando a casa dalla vendita, se vedevo il fumo, ero contento perché era pronto qualcosa da mangiare; se non c'era il fumo, le donne non avevano cucinato”'6.
 
Al testimone Nicolás Santos de Otto, che lo frequentò assiduamente per svariati anni, lo stesso servo di Dio raccontava che 'essendo il più piccolo conobbe la maggiore povertà'. Fu panieraio con un suo zio. In qualche occasione ricevette l'aiuto di Cucaracha, celebre bandito della nostra terra7, che, andando con suo zio, aveva incontrato lungo le strade' (Summ., p. 42). La notizia fu raccolta a suo tempo anche da P. Fandos, sicuramente da gitani che conoscevano bene la vita del servo di Dio, in quanto scrive: 'Apprese a guadagnarsi il pane fin da molto piccolo, tessendo cesti e canestri e portandoli a vendere per i villaggi'8. Probabilmente imparò da piccolo le preghiere della Chiesa, in quanto sua nipote Maruja ha dichiarato che in privato pregava in lingua catalana (Cf. Summ., p. 20, 6). Si può supporre che ricevette da bambino la prima comunione e la cresima, poiché fu in seguito ammesso alla celebrazione del matrimonio canonico.
 
La formazione intellettuale del servo di Dio fu nulla. P. Fandos, che lo conobbe, afferma che 'non passò mai per la scuola ... Completamente analfabeta, non seppe leggere, scrivere né far di conto'9. Aggiungiamo che non seppe nemmeno scrivere la sua firma, poiché nella pratica matrimoniale di cui abbiamo parlato precedentemente, firma l'istanza per i due (e certamente con una bella calligrafia) Teresa Giménez10, e nell'atto di dichiarazione che il Pelé fece dinanzi al vicario generale della diocesi si legge: 'Non firma perché non sa' (cf. Summ., Doc. 11, b, p. 89).
 
Risulta che suo padre si separò da sua madre (sebbene non si sappia quando) e che si unì ad un'altra donna dalla quale ebbe alcuni figli. Uno di questi si chiamava “El Turons”. Il Pelé dovette farsi carico della famiglia e soprattutto del fratellino Felipe, nato nel 1882. Era tale la differenza di età tra i due che Felipe chiamava il fratello “papà”, perché in realtà questi gli aveva fatto da padre. Così fu riferito dal gitano Bartolo a Don Riboldi11.
 
2. Si stabilisce a Barbastro
 
Secondo quanto afferma Maruja, i genitori del servo di Dio non avevano domicilio fisso. Non sappiamo se andarono a vivere a Barbastro. Nell'istanza in cui Zeffirino Jiménez Malla e Teresa Jiménez Jiménez alla fine del 1911 chiedono di potersi sposare in Chiesa, essi affermano di essere 'residenti a Barbastro da trentadue anni' (Cf. Summ., doc. 11, a, p. 88). Pertanto bisogna concludere che il servo di Dio si sia stabilito a Barbastro nel 1878 o 1879. Aveva allora 18 o 19 anni e probabilmente si era già sposato alla maniera gitana con Teresa Jiménez, che veniva da Lérida.
 
Nel battesimo di Juan Alfredo Jiménez, figlio di Felipe, che si svolse il 9 dicembre 1903 a Barbastro, si afferma che i genitori del bambino avevano il domicilio a Barbastro, e la stessa cosa si dice di Zefferino Jiménez e della sua sposa, che fecero da padrini (Cf. Doc. 10, Summ., p. 87). Non c'è da stupirsi che il servo di Dio dichiarasse di essere sposato, in quanto per i gitani il matrimonio celebrato secondo il loro rito costituisce un vero matrimonio e il Pelé si era sposato alla maniera gitana con Teresa Jiménez Malla, nata a Lérida il 23 maggio 1859 e battezzata lo stesso giorno nella parrocchia di San Giovanni Battista (Cf. Doc. 9, Summ., p. 87).
Nel 1911 Zefferino e Felipe ritirano la carta d'identità a Barbastro, rispettivamente il 1. e il 15 luglio. Anche Teresa, moglie del Pelé, risulta domiciliata a Barbastro nel 191212.
 
3. Il matrimonio religioso
 
Non conosciamo i motivi che spinsero il Pelé a sposarsi nel 1912 secondo il rito della Chiesa. Il Rev. Antos Lalueza, che fu vicario generale di Barbastro e lavorò per molti anni nella pastorale per i gitani, afferma che, generalmente, i gitani si sposano prima alla maniera gitana e molti di loro regolano poi l'unione sposandosi in Chiesa, in quanto è il mezzo più semplice per far sì che l'unione sia riconosciuta giuridicamente dallo Stato (Cf. Summ., p. 14, 7-8). Questa osservazione del testimone forse è valida per la seconda parte di questo secolo. Al principio del secolo e alla fine di quello passato raramente i gitani si sposavano in Chiesa. Di fatto nei registri parrocchiali si trovano pochissimi casi di celebrazione di matrimoni tra gitani, mentre sono registrati moltissimi battesimi. Tenendo presente questo e tenendo presente anche la vita che il servo di Dio condusse più tardi, si può supporre che egli fosse mosso a legittimare la sua unione da motivi religiosi.
 
Il 3 gennaio 1912, rivolge un'istanza alla curia vescovile di Barbastro per chiedere di essere dispensati dall'obbligo delle pubblicazioni. Il giorno seguente, 4 gennaio, il vicario generale di Barbastro invia l'incartamento matrimoniale al giudice e vicario generale della diocesi di Lérida, in quanto gli sposi desideravano sposarsi in quella città13. Bisogna tener conto del fatto che la sposa era nativa di Lérida e che sicuramente lì aveva dei parenti. Non è stato possibile ottenere l'atto di matrimonio, però dalla nota marginale del certificato di battesimo di Teresa Jiménez, la moglie, sappiamo che il matrimonio fu celebrato il 9 gennaio 1912 nella chiesa parrocchiale di San Lorenzo Martire di Lérida.
 
Poiché non ebbero figli, adottarono14 una nipote diretta della sposa, chiamata Pepita Jiménez Jiménez, più conosciuta come Pepita15, che il servo di Dio considerò sempre come una vera figlia (Cf. Summ., Test. 6, 11, p. 20). I genitori di Pepita, Ramón, soprannominato il 'Petit', e Beatrice, vivevano a Barbastro. Lì morì nel 1919 all'età di 64 anni il padre di Pepita. Nel documento della chiesa si legge: 'Ricevuti i sacramenti della confessione e del viatico'. Poco tempo dopo, Beatrice, madre di Pepita, si trasferì da Barbastro a Saragozza16. Maruja, la maggiore delle nipoti, afferma che il servo di Dio diede a Pepita 'una buona educazione cristiana, portandola al collegio di San Vincenzo de' Paoli, retto dalle Figlie della Carità ... Pepita aveva contatti anche con compagne payos (non gitane) del collegio della città' (Summ., p. 20, 11).
 
 
 
1 Nicolás Santos de Otto afferma che il servo di Dio nacque nel 1865 (Cf. Summ., p. 40). Invece Maruja, nipote del Pelé, e Josefina Urgelés Pelayo, avevano assicurato a Don Riboldi che il Pelé morì a 75 anni di età (Cf. Riboldi, p. 13). Un documento trovato recentemente e che faceva parte della pratica matrimoniale ha dato ragione a Maruja, in quanto nell'istanza in cui il servo di Dio sollecitava l'apertura di detta pratica egli afferma di avere 50 anni di età e Teresa, sua futura sposa, 52. L'istanza non reca data, ma la pratica fu aperta il 3.1.1912. Supponendo che l'istanza sia del giorno precedente o risalga alla fine del 1911, si deduce che il servo di Dio nacque nel 1861.
 
2 In Spagna si cominciò la registrazione delle nascite a partire dal 1870. Fino ad allora esistevano soltanto i registri ecclesiastici nei quali venivano riportate le date di nascita, di matrimonio e di morte dei fedeli. Nel registro civile di Fraga si cominciò a registrare le nascite, i matrimoni e le morti nel 1876, cioé con sei anni di ritardo rispetto alla data stabilita dal Governo.
 
3 FANDOS, p. 12, Proc., p. 224
 
4 RIBOLDI, p. 13. Sfortunatamente anche a Benavent il libro dei battezzati fu bruciato.
 
5 RIBOLDI, p. 13.
 
6 RIBOLDI, p.23
 
7 Il bandito Cucaracha era molto conosciuto a quei tempi nella regione chiamata Los Monegros, che si estende tra i fiumi Ebro e Cinca nella province di Saragozza e di Huesca. Il bandito cadde in una trappola mortale tesagli dalla Guardia Civile nel febbraio del 1875, quando aveva soltanto 37 anni. Pertanto il servo di Dio era ancora un ragazzino quando lo incontrò.
 
8 Cf. FANDOS, p.12; Summ., p.64
 
9 FANDOS, p. 15; Summ., p.65
 
10 Teresa, la moglie del servo di Dio, si firma Giménez. Bisogna considerare che i gitani scrivono il nome Jiménez indifferentemente con la j o con la g.
 
11 RIBOLDI, pp.24 e 26
 
12 Cf. Doc. 10, p. 87. Nello stesso documento dichiara come testimone Felipe Jiménez Malla, fratello del servo di Dio, e presenta la carta d'identità ritirata il 15 luglio 1911 a Barbastro (Cf. Proc., f. 140).
 
13 A causa degli incendi della guerra civile spagnola, non è stato possibile trovare l'atto matrimoniale nelle parrocchie di Lérida.
 
14 P. Fandos afferma che adottò legalmente Pepita (p. 14). E' più probabile che non si sia trattato di un'adozione legale, bensì di fatto. In effetti, nel certificato di matrimonio di Pepita si dice che è 'figlia di Ramón, defunto, nativo di Saragozza, e di Beatrice, nativa e residente a Saragozza' (Cf. Doc. 13, Summ., p. 90).
 
15 Nell'atto matrimoniale si dice che la sposa si chiama Beatriz, mentre sua figlia María de los Milagros (Maruja) e tutti la conoscono come Pepita. Sicuramente, nello stendere l'atto matrimoniale, il parroco si sbagliò.
 
16 RIBOLDI, p. 71
 
 
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Romualdo Rodrigo
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