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15. Comprare una casa e affittare una bettola

Un giorno festivo, mentre don Borel predicava, stavo sulla porta del cortile per impedire che qualcuno entrasse a disturba­re. Ed ecco il signor Pinardi:


15. Comprare una casa e affittare una bettola

da Don Bosco

del 09 maggio 2011

  

« Centomila di multa a chi si tira indietro »

     L'anno 1849 fu spinoso e sterile, sebbene mi sia costato gran­di fatiche ed enormi sacrifici. Ma fu una preparazione all'anno 1850, meno burrascoso e molto più ricco di buoni risultati.     Cominciamo da casa Pinardi. Quelli che avevano perso l'al­loggio non riuscivano a rassegnarsi. Dicevano in giro:- Era una casa di sollievo e di allegria. E adesso guarda! È finita nelle mani di un prete, per di più di un prete intollerante! Al Pinardi fu proposto un affitto due volte maggiore di quan­to gli davo io. Ma era un brav'uomo: non si sentiva di far de­nari dando la sua casa per usi equivoci. Più volte mi propose di comprare tutto, per farla finita. Ma il prezzo che proponeva era esagerato. Chiedeva 80 mila lire per un edificio che valeva un terzo. Ma Dio dimostra sovente che è lui il padrone dei cuo­ri. Ed ecco quello che avvenne.     Un giorno festivo, mentre don Borel predicava, stavo sulla porta del cortile per impedire che qualcuno entrasse a disturba­re. Ed ecco il signor Pinardi:- Altolà! - mi dice scherzosamente - Don Bosco deve comprare la mia casa.- Altolà - risposi con lo stesso tono -. Io la compro se il signor Pinardi me la dà per il suo prezzo.- Per il suo prezzo io gliela do. - Quanto?- Gliel'ho già detto molte volte.- Quella cifra non posso prenderla in considerazione.- Perché?- Perché è esagerata! Non voglio offenderla facendo un'of­ferta inferiore di molto.- Faccia l'offerta.- Mi dà questa casa per il suo prezzo? - Parola d'onore: gliela do.- Mi stringa la mano e faccio l'offerta. - Dica la cifra.- L'ho fatta stimare da un amico mio e suo. Mi assicura che nello stato attuale il suo valore è tra le 26 e le 28 mila lire. Io, per farla finita, gliene do 30 mila.- Regalerà in più a mia moglie una spilla da 500 lire? - Va bene.- Mi pagherà in contanti? - In contanti.- Quando facciamo l'atto? - Quando lei vuole.- Fra quindici giorni, in un solo pagamento? - Come lei vuole.- Centomila lire di multa a chi si tira indietro! - Va bene.     L'affare fu combinato in cinque minuti. Ma dove trovare 30 mila lire in quindici giorni? Ci pensò la Provvidenza. Quella sera stessa don Cafasso (cosa insolita nei giorni di festa) viene a farmi visita, e mi dice che una pia persona, la contessa Casazza­ Riccardi, l'aveva incaricato di darmi diecimila lire da spendersi in quello che avrei giudicato meglio nel Signore. Il giorno dopo giunse un religioso rosminiano, che veniva a Torino per impie­gare 20 mila lire. Mi domandò consiglio su come spenderle. Gli proposi di imprestarle a me, ad interesse (del quattro per cen­to) per pagare la casa Pinardi. La somma era completa. Le tre­mila lire di spese accessorie furono aggiunte dal cavalier Cotta, nella cui banca venne stipulato l'atto, tanto sospirato.  La bettola dei buontemponi      Acquistata la casa Pinardi, cominciai a pensare alla cosid­detta «Giardiniera». Era una bettola dove ogni festa si radu­nava un bel numero di buontemponi. Nella giornata, a soste­nere l'allegria, si succedevano suonatori di organetto, piffero, clarino, violino, chitarra, basso e contrabbasso. Sovente si ri­trovavano tutti insieme a sostenere una specie di concerto, a cui si univano i canti degli avvinazzati.L'edificio in cui si trovava la bettola, casa Bellezza, era se­parato dal nostro cortile solamente da un muretto di cinta. Co­sì, sovente, i canti della nostra cappella erano disturbati e sof­focati dagli schiamazzi, dalla musica e dal fracasso di bottiglie della Giardiniera. Inoltre davanti a casa Pinardi era un conti­nuo viavai di gente diretta alla bettola. È facile immaginare il disturbo che ci dava, e anche il pericolo che correvano i nostri ragazzi.     Per risolvere la faccenda ho tentato di comprare la casa. Non ci riuscii. Cercai di prenderla in affitto. La padrona della casa era d'accordo, ma la padrona della bettola no: reclamava il ri­sarcimento di danni favolosi. Allora proposi di rilevare l'oste­ria. Avrei pagato l'affitto, avrei comprato tavole, panche, se­die, bancone, attrezzatura di cantina e di cucina.     Dovetti pagare tutto a carissimo prezzo, ma potei finalmente chiudere quella bettola infame e destinare il locale ad un uso ben diverso. Procedeva così il risanamento di quella zona mal­famata.

 

 

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