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17. « Guai a Torino il 26 aprile! »

Il 26 aprile 1852, mentre gli oggetti della lotteria erano esposti al pubblico, avvenne lo scoppio della polveriera. L'urto che seguì fu violentissimo e terribile. Molti edifici, vicini e lontani, furono scossi come da un terremoto, e riportarono gravi danni. Tra i lavoratori della polveriera, ventotto rimasero uccisi.


17. « Guai a Torino il 26 aprile! »

da Don Bosco

del 09 maggio 2011

 

Lo scoppio della polveriera     Il 26 aprile 1852, mentre gli oggetti della lotteria erano esposti al pubblico, avvenne lo scoppio della polveriera che si trovava presso il cimitero di San Pietro in Vincoli. L'urto che seguì fu violentissimo e terribile. Molti edifici, vicini e lontani, furono scossi come da un terremoto, e riportarono gravi danni. Tra i lavoratori della polveriera, ventotto rimasero uccisi. Il danno sarebbe stato molto maggiore se un sergente di nome Sacchi, esponendo la vita a grave pericolo, non avesse impedito al fuo­co di raggiungere un altro deposito di polveri, di proporzioni molto maggiori. Se fosse esploso anche quel secondo deposito, l'intera città di Torino avrebbe potuto essere rovinata.     La casa dell'Oratorio, che era stata costruita male, ne sof­frì molto. I deputati, per aiutarne la riparazione, ci mandaro­no un'offerta di lire 300.Voglio raccontare a questo proposito un fatto che riguarda un nostro ragazzo artigiano, Gabriele Fascio. L'anno precedente questo ragazzo si era ammalato gravemente, ed era arrivato in fin di vita. Smaniando sotto l'effetto della febbre alta, ripeteva: - Guai a Torino! Guai a Torino!I compagni che l'assistevano gli domandarono: - Ma perché?- Perché è minacciata da un grave disastro. - Quale?- Un orribile terremoto.- Quando avverrà?- L'anno prossimo. Guai a Torino il 26 aprile! - Che cosa dobbiamo fare?- Pregare San Luigi che protegga l'Oratorio e quelli che vi abitano.     Fu allora che, per iniziativa dei ragazzi, aggiungemmo alle preghiere che recitavamo mattino e sera, un Pater, Ave e Glo­ria in onore di San Luigi. In realtà la nostra casa, pensando al pericolo che corremmo, subì danni poco gravi, e nessun giova­ne rimase. ferito. Poesie e feste per la nuova chiesa     Intanto i lavori della Chiesa di San Francesco di Sales pro­gredivano velocemente. In undici mesi giunsero al termine. Il 20 giugno 1852 ci fu la consacrazione, con una festa che per noi fu più unica che rara.     All'entrata del cortile avevamo elevato un arco di altezza co­lossale. Sopra di esso, con lettere cubitali, avevamo scritto: In caratteri dorati scriveremo in tutti i lati « Viva eterno questo dì ».     Il maestro Giuseppe Blanchi, che ricordo con gratitudine, aveva musicato alcuni versi che divennero l'inno ufficiale di quei giorni. Si sentivano cantare in ogni angolo della casa:Prima il sole dàll'occaso fia che torni al suo oriente, ogni fiume a sua sorgente prima indietro tornerà, che da noi ci si cancelli questo dì, che tra i più belli tra di noi sempre sarà.  Si recitò e si cantò con entusiasmo anche un'altra poesia: Come augel di ramo in ramoVa cercando albergo fido, per poggiare ansiosoil nidoe tranquillo riposar;Così noi oltre dieci anni questo nido abbiam cercato, né dal ciel mai ci fu dato di poterlo ritrovar.Ora un prato, or un giardino, or cortile, stanza o strada, talor piazza oppur contrada Oratorio era per noi.Quando alfin pietoso Iddio volse a noi benigno un guardo, e due lustri di ritardo largamente compensò.Compensò... ci dié le scuole, un giardino per trastulli, quasi nido per fanciulliuna casa apparecchiò.Molti giornali parlarono della nostra festa.      Terminata la chiesa, occorrevano arredi di ogni genere. La carità dei cittadini ci venne in aiuto. Il commendator Giuseppe Duprè fece abbellire la cappella dedicata a San Luigi, e compe­rò l'altare di marmo che adorna ancora la cappella. Un altro benefattore fece costruire l'orchestra, su cui fu collocato il pic­colo organo che avrebbe rallegrato le funzioni dei giovani esterni. Il signor Michele Scannagatti comprò tutti i candelieri occor­renti. Il marchese Fassati fece costruire l'altare della Madon­na, lo fece adomare di candelieri di bronzo, e più tardi procurò la statua della Madonna. Don Cafasso fece costruire il pulpito. L'altare maggiore fu procurato dal dottor Francesco Vallauri, e completato da suo figlio, il sacerdote don Pietro. Così la nuova chiesa, in breve tempo, ebbe tutto il necessario per le celebra­zioni private e per le feste solenni. La Società di Mutuo Soccorso     Il primo giugno di quello stesso anno cominciammo la « So­cietà di Mutuo Soccorso », per impedire che i nostri giovani lavoratori andassero ad iscriversi alla società chiamata « degli Operai », che fin dall'inizio manifestò carattere anti-religioso. Servì molto bene per i nostri scopi. Più tardi (nel 1857) si mutò in « Conferenza di San Vincenzo de' Paoli annessa », che og­gi, nel 1875, continua ad esistere.

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