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21. Congiurati balordi al «Cuor d'oro»

Sembrava ci fosse una congiura segreta contro di me, ordi¬≠ta dai protestanti o dalla massoneria. Una sera, mentre ero in mezzo ai ragazzi a fare scuola, due uomini vennero a chiamarmi in fretta: all'osteria del Cuor d'Oro c'era un moribondo. Ci andai subito, ma volli essere accompa¬≠gnato da alcuni dei giovani più grandi.


21. Congiurati balordi al «Cuor d'oro»

da Don Bosco

del 09 maggio 2011

 

Vino e veleno

     Sembrava ci fosse una congiura segreta contro di me, ordi­ta dai protestanti o dalla massoneria. Racconterò in breve altri fatti.Una sera, mentre ero in mezzo ai ragazzi a fare scuola, due uomini vennero a chiamarmi in fretta: all'osteria del Cuor d'Oro c'era un moribondo. Ci andai subito, ma volli essere accompa­gnato da alcuni dei giovani più grandi.- Non occorre che disturbi i suoi allievi - mi dissero. - La condurremo dal malato e poi la riaccompagneremo a casa. La persona malata probabilmente non gradirà la presenza di estranei.- Non preoccupatevi - risposi. - Questi giovani faranno una breve passeggiata e si fermeranno ai piedi della scala men­tre io confesserò il malato.Giunti però alla casa del Cuor d'Oro mi dissero:- Entri un momento. Si riposi un istante. Intanto andiamo ad avvertire il malato del suo arrivo.     Mi condussero in una stanza a pian terreno, dove parecchi buontemponi, dopo aver fatto cena, stavano mangiando casta­gne. Mi accolsero con gesti e parole di grande ammirazione. Vol­lero che mi servissi e mangiassi con loro qualche castagna. Ri­fiutai, dicendo che avevo appena finito la mia cena.- Almeno berrà un bicchiere del nostro vino - protesta­rono. - Le piacerà, viene dalle parti di Asti.- Non me la sento. Non bevo mai fuori pasto. Mi farebbe male.-Un sorso non fa male a nessuno. « Deve bere per amore o per forza »      Versarono vino per tutti, ma giunti a me, uno si recò a pren­dere una bottiglia diversa. Era evidente il loro disegno malva­gio. Tuttavia presi il bicchiere in mano, dissi « Salute », ma in­vece di bere lo rimisi sulla tavola.- Non faccia questo! è un dispiacere! - disse uno.- è un insulto - aggiunse un altro. - Non può rifiutare. - Ma io non ho voglia di bere.- Bisogna che beva a qualunque costo!Ciò detto, uno mi bloccò la spalla sinistra, un altro la spalla destra.- Non possiamo tollerare questo insulto. Deve bere per amo­re o per forza.- Se volete assolutamente che beva, lasciatemi almeno li­bere le braccia. E siccome io non posso bere, lo darò a uno dei miei giovani, che berrà al mio posto.     Pronunciando queste parole, feci un lungo passo verso la porta, la spalancai e invitai i miei giovanotti ad entrare.- Non occorre. Andiamo subito ad avvisare il malato. Ma dica a questi giovanotti di tornare in fondo alla scala.     Non avrei certo dato a nessuno dei miei ragazzi quel bic­chiere, ma feci tutta quella commedia per evitare che mi faces­sero bere quel vino avvelenato.     Mi condussero poi in una camera al secondo piano, dove vidi coricato nel letto non un malato, ma quello stesso farabut­to che mi era venuto a chiamare. Dopo aver ascoltato alcune mie domande, scoppiò a ridere sgangheratamente, e disse:- Mi confesserò poi domani mattina. Ce ne tornammo a casa.Una persona amica. fece delle indagini intorno a quella gen­te e alle loro intenzioni, e mi riferì che un tale aveva loro paga­to una buona cena a patto che mi avessero costretto a bere del vino che aveva preparato per me.  

 

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