La vita di una ragazzina apparentemente come tante altre, ma con una marcia in più. La sua vitalità, la voglia di stare con gli altri, l’attenzione per il prossimo, la disponibilità al servizio, lo spirito di ringraziamento e la donazione di sé sono strettamente collegati alla gioia della presenza di Dio in ogni momento della giornata.
di Elena Ongarato e Luisa Vitagliani
La vita di una ragazzina apparentemente come tante altre, ma con una marcia in più. La sua vitalità, la voglia di stare con gli altri, l’attenzione per il prossimo, la disponibilità al servizio, lo spirito di ringraziamento e la donazione di sé sono strettamente collegati alla gioia della presenza di Dio in ogni momento della giornata.
La storia
Laura nasce a Santiago del Cile il 5 aprile 1891 da Mercede Pino, un’umile e povera sarta, sposata con Giuseppe Domenico Vicuña, militare in carriera di famiglia nobile.
Nell’anno in cui nasce Laura, in Cile è in corso una guerra civile e la famiglia Vicuña cerca scampo verso il sud del paese.
Questa fuga è di 500 km e si ferma a Temuco dove, tra i tanti disagi di una vita faticosa e stentata, nasce la sorellina di Laura, Giulia Amanda. Tre anni dopo – e siamo al 1897– il padre muore e Donna Mercede, vedova con due bimbe di rispettivamente otto e tre anni, decide di varcare le Ande per andare in Argentina a cercare fortuna, come fanno in tanti in quei tempi. Nel 1899 si fermano a Las Lajas, oltre la frontiera cilena.
Donna Mercede è una donna ancora giovane e distinta che ha ora un solo desiderio: lavorare onestamente per mantenere e dare un futuro alle sue due figlie Laura e Amanda.
È però anche una donna molto sola e senza lavoro e accetta quindi di convivere con Manuél Mora, un proprietario terriero di circa quarant’anni, per poter riavere un buon tenore di vita e garantire gli studi alle figlie.
Mercede e le bimbe si trasferiscono quindi in uno dei possedimenti (estancias) di Mora a Quilquihué che si trova a 20 km da Junìn de los Andes dove, da un anno, le Figlie di Maria Ausiliatrice hanno aperto una missione-scuola per le ragazze. Qui il 2 gennaio 1900 Donna Mercede iscrive le sue figlie.
Vivendo con le suore, Laura conosce più in profondità Dio e le esigenze della vita cristiana. Capisce, quindi, che la madre nella sua relazione con Manuél Mora non vive l’amore come Dio lo vuole per la felicità dell’uomo.
Da questo momento fare di tutto per la salvezza della mamma diventa l’assillo costante di Laura. Per questo intensifica sempre più la preghiera, cerca tutte le occasioni di sacrificio che il quotidiano le presenta, porta in cuore come un grande segreto che solo il Signore conosce tutta la sua sofferenza nel sapere la mamma così umiliata e lontana dal progetto di Dio. Il suo amore per la mamma la spinge fino al punto di offrire per lei al Signore la propria vita.
Nel periodo delle vacanze Manuél Mora, invaghitosi di Laura, fa di tutto per averla, ma la ragazza lo respinge più volte con decisione e con quella particolare forza derivatale dalla fede autentica.
Tornata in Collegio, in occasione di una grave inondazione, Laura aiuta le suore con tutte le sue forze a mettere in salvo le sue compagne, soprattutto le più piccole. In seguito a questa grande fatica si ammala gravemente.
Solo sul letto di morte Laura confessa alla mamma di aver offerto la propria vita in cambio della sua riconciliazione con Dio e le strappa la promessa tanto attesa di vivere in grazia di Dio. Spira il 2 gennaio 1904 a 13 anni non ancora compiuti.
Donna Mercede mantiene la parola data alla figlia morente e, dopo essersi confessata, lascia Manuél Mora e riparte per rivalicare le Ande. È di nuovo sola ma stavolta non si sente abbandonata perché finalmente ha ritrovato Dio.
Laura: preghiera e vita concreta
“Per me pregare o lavorare è la medesima cosa; è lo stesso pregare o giocare, pregare o dormire. Facendo quello che comandano, compio quello che Dio vuole che io faccia, ed è questo che io voglio fare; questa è la mia migliore orazione”.
Ecco la santità di Laura: la preghiera come presenza di Dio nel quotidiano.
Proprio a partire da questo aspetto, che può sembrare privo di grande rilevanza, si snoda tutta la vita di una ragazzina apparentemente come tante altre, ma con una marcia in più.
La sua vitalità, la voglia di stare con gli altri, l’attenzione per il prossimo, la disponibilità al servizio, lo spirito di ringraziamento e la donazione di sé sono strettamente collegati alla gioia della presenza di Dio in ogni momento della giornata.
Ma da cosa può nascere questa unità tra vita concreta e preghiera in una ragazzina così piccola?
Sicuramente Laura ha la capacità di guardarsi attorno e di cogliere nelle persone che la circondano e nelle situazioni che vive il buono, il positivo e il bello che c’è.
Questo, lontano da essere una cosa scontata, le permette di affrontare ogni fatica quotidiana con uno stupore spontaneo ma non ingenuo e con una “allegria” che porta a Dio Padre.
Il suo arrivo al Collegio delle FMA segna una svolta decisiva nel suo cammino verso la santità.
Incontro con le suore: incontro con Gesù
Laura arriva al collegio, insieme alla sorella Amanda, il 21 gennaio 1900. Subito osserva l’ambiente con particolare attenzione; no-
ta che tutto è povero e semplice, i disagi sono molti eppure si sente subito a casa.
C’è una gioia particolare che si respira nell’ambiente e lo trasforma: anche se il cibo è mal condito a tavola si respira aria di amicizia; anche se la casa è fredda e umida è pervasa di simpatia, di amore, di parole buone, di gesti quotidiani che fanno bene al cuore.
Non pensate però che siano solo rose! Difatti la condizione all’interno del collegio è di povertà e sacrificio: la casa, aperta da poco, non permette un tenore di vita elevato.
Le occasioni per scoraggiarsi potrebbero essere molte, ma Laura nota che per ogni cosa che non va interviene la bontà delle suore sempre disponibili, pronte a chiarire le situazioni, a favorire il superamento dei piccoli contrasti quotidiani.
È questa la causa della continua meraviglia della piccola Laura che riflette e si domanda da dove le suore attingano questa forza che ha in sé qualcosa di straordinario.
Lo scopre proprio nel periodo in cui suor Rosa Azòcar prepara le fanciulle alla Prima Comunione: è Gesù vivo nell’Eucarestia il centro di tutta la vita della comunità.
Laura si prepara con gioia a questo incontro che, come lei sa bene, cambierà profondamente la sua vita.
Proprio in questo periodo di preparazione Laura si rende conto che sua madre vive in una situazione di immoralità. Suor Rosa, infatti, parlando del matrimonio in uno degli incontri, spiega alle ragazze l’importanza del sacramento del Matrimonio come unione di due persone in Dio. La formatrice sa benissimo che sono tempi difficili e che molte donne, per poter avere protezione e una vita non fatta di miseria e stenti, accettano la convivenza con i “signorotti” del posto.
Laura capisce ora la grande sofferenza della mamma e ne prova un’amarezza immensa.
Il cammino di Laura alla presenza di Dio
“Primo:
O mio Dio, voglio amarti e servirti per tutta la vita; perciò ti dono l’anima, il cuore e tutto il mio essere.
Secondo:
Voglio morire piuttosto che offenderti con il peccato; perciò intendo mortificarmi in tutto quello che mi potrebbe allontanare da te.
Terzo:
Propongo di fare quanto so e posso perché tu sia conosciuto e amato; e per riparare le offese che ricevi ogni giorno dagli uomini, specialmente dalle persone della mia famiglia.
Mio Dio, dammi una vita di amore, mortificazione, sacrificio”.
Laura ama Dio e il prossimo; il suo non è un Dio della fantasia, al contrario è un Dio Vero, Presente, Misericordioso: un Dio da amare non solo con le parole ma nelle altre persone.
Gesù lo ha insegnato: “Non chi dice Signore Signore entrerà nel Regno dei Cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio” (Mt 7,21) e la volontà del Padre è che tutti camminino verso la Verità.
Lo si legge bene nell’ultimo dei tre propositi: bisogna fare quanto è nelle nostre possibilità perché il Padre venga conosciuto da tutti.
Questo impegno non costa solo fatica ma autentico sacrificio e, per perseguire ciò per cui Dio ci chiama, la piccola Laura sa che c’è una ricetta dataci da Gesù: la TESTIMONIANZA.
“La morte, ma non peccati” scriveva Domenico Savio, “... morire piuttosto che offenderti”, Laura Vicuña; la testimonianza è l’unico motore potente che ci permette di caricare qualcun altro sulla strada che ci porta al Paradiso.
Gesù ha testimoniato pagando di persona: “Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).
Laura: oggi come allora
Cosa dice Laura Vicuña ai giovani di oggi?
Può non toccarci la vita di una ragazzina che ha testimoniato fino in fondo, fino al dono totale di sé, l’amore di un Dio Amore?
È ora che ci interroghiamo seriamente sulla nostra vita e sulla nostra società: nessuno si deve sentire a posto o escluso da questo esame di coscienza.
Laura ha amato la vita!
Molti giovani di oggi la disprezzano, molti pagano per errori commessi da una società (intesa come insieme di persone e non come termine astratto) che non testimonia più la gioia del vivere quotidianamente anche le fatiche e i sacrifici, ma va continuamente alla ricerca sfrenata della felicità per altro mai raggiunta in pienezza. Laura anche oggi ci insegna che la vera gioia è radicata in Cristo, nella preghiera che si trasforma in vita.
Oggi quello che molti giovani riconoscono come amore è solo egoismo; oggi si va alla ricerca di quello che piace, di tutto ciò che è comodità; oggi si è felici nella misura in cui l’“io” del singolo è felice.
Apriamo gli occhi!
La santità di Laura arriva principalmente da una comunità che testimonia con la vita ciò in cui crede: che cosa testimoniano i “cristiani” di oggi?
Testimoniano gioia per la vita e amore al sacrificio? No! Purtroppo oggi quelli che, impropriamente, si dicono cristiani testimoniano che sono leciti aborto, divorzio ed eutanasia. Forse in una società di cristiani così, che distruggono famiglie e uccidono liberamente bambini facendosi scudo con il loro egoismo, si può sostenere coraggiosamente che la testimonianza di una ragazzina di appena 13 anni abbia tanto da insegnare oggi come allora.
È inevitabile, allora, concludere con le parole di Gesù che sintetizzano in modo lampante come bisognerebbe vivere per essere felici: “Ama Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze e il prossimo tuo come te stesso”.
Chi mette in pratica questo comandamento è nella gioia e cammina spedito sulla strada che porta alla santità, a Dio: Laura ci ha dimostrato che è proprio così!
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