223. Gli agnellini e la tempesta

 


223. Gli agnellini e la tempesta

 

Giovedì 24 ottobre 1878

 

Io son contento di rivedere il mio esercito di armati contra diabolum. Questa espressione, quantunque latina, è capita anche da Cottini. E tante cose avrei a dirvi essendo la prima volta che vi parlo dopo le vacanze, ma per ora vi voglio solo raccontare un sogno. Voi sapete che i sogni si fanno dormendo e che non bisogna prestarvi fede; ma se non c’è male a non credere, talvolta non c’è male neppure a credere e possono anzi servirci d’istruzione, come per esempio questo.

Io ero a Lanzo alla prima muta degli esercizi e dormivo, come dicevo, quando feci questo sogno. Io mi trovavo in un luogo che non potei conoscere dove fosse, ma ero vicino ad un paese, dove eravi un giardino e vicino a questo giardino un vastissimo prato. Ero in compagnia di alcuni amici che mi invitarono ad entrare nel giardino. Entro e vedo una gran quantità di agnellini che saltavano, correvano, facevano capriole secondo il loro costume. Quand’ecco s’apre una porta che mette nel prato e quegli agnellini corrono fuori per andare a pascolare. Ma molti non si curano di uscire, si fermano nel giardino e andavano qua e là brucando qualche filo d’erba e così si pascevano, quantunque non vi fosse l’erba in quell’abbondanza che v’era fuori ove accorsero il più gran numero.

“Voglio vedere cosa fanno questi agnellini di fuori”. Vi andiamo e li vediamo pascolare tranquillamente; ed ecco, quasi subito, si oscura il cielo, seguono lampi e tuoni e s’approssima un temporale. “Cosa sarà di questi agnellini se prendono la tempesta? andavo dicendo; ritiriamoli in salvo”. E andavo chiamandoli. Poi io da una parte, quei compagni miei in altri luoghi, cercavamo di spingerli verso l’uscio del giardino, ma essi non ne volevano sapere. Caccia di qui, scappa di là; eh, sì, avevano le gambe migliori di noi. E frattanto cominciava a gocciolare, poi a piovere e non mi veniva fatto di poterli accogliere. Uno o due entrarono bensì nel giardino, ma tutti gli altri, ed erano in gran quantità, continuarono a stare nel prato. “Ebbene, se non vogliono venire peggio per loro; intanto noi ritiriamoci”. Ed andammo nel giardino.

Colà vi era una fontana su cui era scritto a caratteri cubitali: Fons signatus, fontana sigillata. Essa era coperta. Ed ecco che si apre, l’acqua sale in alto, si divide e forma un arcobaleno, ma a guisa di volta come questo porticato. Frattanto si vedevano più frequenti i lampi, seguivano più rumorosi i tuoni e si mise a cader la grandine. Noi con tutti gli agnellini che erano nel giardino ci stringemmo là sotto e non vi penetrava l’acqua e la grandine. “Ma cos’è questo? andavo chiedendo agli amici; e cosa sarà mai dei poveretti che stanno fuori?”. “Vedrai, mi rispondevano. Osserva sulla fronte di questi agnelli, che cosa vi trovi?”. Osservai e vidi che sulla fronte di ciascheduno di quegli animali eravi scritto il nome di un giovane dell’Oratorio. “Che è questo?”. “Vedrai, vedrai”.

Intanto io non potevo più trattenermi e volli uscire a vedere cosa facessero quei poveri agnelli che s’erano fermati fuori. “Raccoglierò quelli che furono uccisi e li spedirò all’Oratorio”, pensavo io. Presi la pioggia anch’io ed ho vedute quelle povere bestiole stramazzate a terra che movendo le zampe cercavano di venire al giardino, ma non potevano camminare. Apersi l’uscio, ma i loro sforzi erano inutili. La pioggia e la grandine li aveva così malconci e continuava a maltrattarli che facevano pietà. Uno veniva percosso sulla testa, un altro sulla guancia, questo su un orecchio, quello sulla zampa, altri altrove. Frattanto era cessata la tempesta. “Osserva, mi dice quegli che avevo accanto, sulla fronte di questi agnelli”.

Osservai e lessi su ciascuna fronte il nome di un giovane dell’Oratorio. “Ma, dissi io, conosco il giovane che ha questo nome e non mi pare un agnellino”. “Vedrai, vedrai”. Quindi mi fu presentato un vaso d’oro con coperchio d’argento, dicendomi: “Tocca colla tua mano intinta di questo unguento le ferite di queste bestiole e subito guariranno”. Io mi metto a chiamarli: “Berr! Berr!”. Ed essi niente, come se nulla fosse. Cerco di avvicinarmi ad uno ed esso via. “Non vuole, peggio per lui!”. Vado ad un altro e scappa. E ripetevo inutilmente questo giuoco.

Ne raggiungo uno alfine, che aveva poverino gli occhi fuor dell’orbita così malconci, che era una compassione. Glieli toccai colla mia mano ed esso guarì e se ne andò nel giardino. Molti altri non ebbero più ripugnanza e si lasciarono toccare e guarire, ed entrarono nel giardino. Ma ve ne restarono ancora molti e generalmente i più piagati, che non fu possibile avvicinarli.

– Se non vogliono guarire, peggio per loro; ma non so come potrò farli rientrare in giardino.

– Lascia fare, mi disse uno degli amici che erano con me, verranno, verranno.

– Vedremo. Riposi il vaso dove era prima e ritornai al giardino. Erasi tutto mutato e vi lessi all’ingresso: Oratorio. Appena entrato, ecco che quegli agnelli che non volevano venire, entrano di soppiatto e corrono a rimpiattarsi qua e là; e neppure allora potei avvicinarmi ad alcuno. Vi furono anche parecchi, che non ricevendo volentieri l’unguento, si convertì per loro in veleno che invece di guarirli inaspriva le loro piaghe.

– Guarda, vedi quello stendardo?

– Sì, lo vedo. Vi leggevo a grossi caratteri questa parola: Vacanze.

– Ecco, questo è l’effetto delle vacanze, mi spiegò uno che m’accompagnava, poiché io ero già fuori di me. I tuoi giovani escono con buona volontà di pascolarsi, ma poi sopravviene il temporale, che sono le tentazioni; poi la pioggia, che sono gli assalti del demonio; quindi cade la grandine ed è quando cadono nella colpa. Alcuni risanano ancora colla confessione, ma altri o non ne usano bene o non ne usano punto. Abbilo a mente e non stancarti mai di ripeterlo ai tuoi giovani che le vacanze sono una gran tempesta per le loro anime.

Osservavo io quegli agnelli e vi scorgevo in alcuni ferite mortali; andavo cercando modo di guarirli, quando, come v’ho detto che dormivo, don Scappini fece rumore nella camera attigua alzandosi e mi svegliò. Questo è il sogno e, quantunque sogno, ha tuttavia un significato che non farà male a chi vi presterà fede. E posso anche dirvi che io notai alcuni nomi fra quegli agnelli del sogno e confrontandoli coi giovani, vidi che questi si regolarono appunto come accadde nel sogno. Comunque stia la cosa, noi dobbiamo in questa novena dei Santi corrispondere alla bontà di Dio che ci vuole usare misericordia e con una buona confessione purgare le ferite della nostra coscienza. Dobbiamo poi metterci tutti d’accordo per combattere il demonio e coll’aiuto di Dio ne usciremo vincitori e andremo a ricevere il premio della vittoria in paradiso.

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