3. ANCHE GLI ANALFABETI HANNO DIRITTO ALLA SCUOLA

3. ANCHE GLI ANALFABETI HANNO DIRITTO ALLA SCUOLA

 

Testo fondamentale: il catechismo 

Già quando iniziavo l'Oratorio a San Francesco di Assisi, capivo la necessità di fare scuola. Alcuni giovani erano avanti negli anni e non conoscevano ancora niente della loro religione. Le lezioni normali di catechismo, fatte a viva voce, per loro erano noiose e inconcludenti. Capitava che, dopo qualche lezione, non li vedevo più. 

Pensai già allora di fare un po' di scuola seria, ma non avevo locali e non trovavo maestri che mi dessero una mano. L'esperimento non riuscì. 

Al Rifugio e in casa Moretta cominciammo una regolare scuola domenicale, e poi anche la scuola serale. 

Per ottenere buoni risultati, svolgevamo un solo argomento per volta. Per esempio: durante due domeniche ripassavamo l'alfabeto e la formazione delle sillabe. Poi prendevamo il piccolo Catechismo, e leggevamo e rileggevamo le prime due domande e risposte tante di quelle volte, che alla fine riuscivano a leggerle benissimo. Questa era anche la lezione della settimana. La domenica dopo aggiungevamo un'altra domanda e risposta. In questa maniera, nello spazio di otto domeniche, sono riuscito a far sì che alcuni leggessero e studiassero da soli intere pagine di catechismo. Fu un grande guadagno di tempo, specialmente per i più grandi. Con le normali lezioni di catechismo fatte a voce, essi dovevano impiegare anni per avere un'istruzione sufficiente ed essere ammessi alla confessione. 

 

Leggere, scrivere, istruirsi nella religione 

Per molti, la scuola domenicale dava buoni risultati. Per altri, invece, era insufficiente, perché avevano pochissima memoria: da una domenica all'altra dimenticavano tutto ciò che avevano imparato. Fu questa costatazione che mi fece cominciare le scuole serali giornaliere: le iniziammo al Rifugio, divennero più regolari in casa Moretta, si perfezionarono ancora di più a Valdocco, nella prima sede finalmente stabile. 

Le scuole serali regolari davano due buoni risultati: incoraggiavano molti ragazzi ad intervenire per imparare a leggere e a scrivere, di cui avevano urgente bisogno; nello stesso tempo davano a tutti la comodità di istruirsi nella religione, ciò che formava lo scopo fondamentale del nostro lavoro. 

 

Il tempo dei «maestrini» 

Ogni giorno, si può dire, dovevo aprire nuove classi. Dove trovare tanti maestri? Usai questo sistema: mi misi a far scuola a un bel gruppo di ragazzi cittadini. Insegnavo loro gratuitamente italiano, latino, francese, aritmetica. L'unica condizione che mettevo era: poi verrete a darmi una mano nell'insegnare catechismo, nel fare la scuola domenicale e serale. Questi « maestrini » all'inizio erano otto o dieci, ma il loro numero aumentò progressivamente. Da essi cominciò la categoria degli « studenti » (che nell'Oratorio affiancò dal 1850 la categoria degli « artigiani »). 

I primi « maestrini » cominciarono ad aiutarmi fin da quando ero al Convitto di San Francesco d'Assisi. Allora erano ragazzi, ora occupano posti onorati di lavoro nella città. Ricordo Giovanni Coriasco, ora maestro falegname, Felice Vergnano, negoziante in tendaggi, Paolo Delfino, professore di materie tecniche. 

Al Rifugio ebbi come aiutanti Antonio Melanotte, oggi droghiere, Giovanni Melanotte, fabbricante di dolci, Felice Ferrero, mediatore, Pietro Ferrero, compositore, Giovanni Piola, padrone di un laboratorio di falegnameria. A essi si unirono Luigi Genta, Vittorio Mogna e altri, che però non mantennero la loro promessa di venire ad aiutarmi. Per far loro scuola dovevo spendere molto tempo e molto denaro, e purtroppo al momento di cominciare a darmi una mano, la maggior parte mi abbandonava. 

A costoro si aggiunsero bravi cristiani di Torino. Per molto tempo mi aiutarono Giuseppe Gagliardi e Giuseppe Fino, venditori di chincaglieria, Vittorio Ritner, orefice, e altri. Alcuni preti mi aiutavano specialmente per la celebrazione della Messa, la predicazione e la scuola di catechismo ai più grandi. 

 

Perché e come don Bosco scrisse la Storia Sacra 

Una grande difficoltà la trovavo nei libri. Terminato il piccolo catechismo, non avevo più nessun libro di testo per la scuola di religione e di lettura. Esaminai tutte le «Storie Sacre» che si usavano nelle scuole, e non ne trovai una adatta ai nostri alunni. I difetti più comuni erano: linguaggio non popolare, racconto di fatti non adatti ai giovani, questioni che non interessavano i ragazzi e che invece erano tirate in lungo. Molti fatti erano narrati in maniera che potevano offendere la sensibilità morale dei giovani. Inoltre quasi nessuno badava a mettere in luce i punti fondamentali della fede. Venivano trascurati i fatti che insegnano il culto esterno che dobbiamo rendere a Dio, l'esistenza del purgatorio, l'istituzione da parte di Gesù della confessione e dell'Eucaristia. 

I tempi in cui dovevamo vivere, esigevano assolutamente ché non trascurassimo questa parte dell'educazione cristiana. Perciò mi sono messo a scrivere una « Storia Sacra » che avesse stile popolare, lingua facile, ed evitasse i difetti che ho sopra elencato. Nacque così la Storia Sacra ad uso delle scuole. Non pretendevo di scrivere un libro elegante, ma impegnai nel lavoro tutta la mia buona volontà per far del bene ai giovani. 

Dopo mesi di scuola abbiamo dato alcuni saggi pubblici sul nostro insegnamento festivo. Alla presenza di personaggi celebri come l'abate Aporti, il conte Boncompagni, il vicesindaco Pietro Baricco, il professore universitario Giuseppe Rayneri, gli allievi furono interrogati sulla storia sacra e la geografia della Palestina. Le loro risposte strapparono applausi. 

 

Dalle strade ai libri 

Incoraggiato dalla buona riuscita delle scuole serali, alla lettura e alla scrittura aggiunsi l'aritmetica e il disegno. Era la prima volta che nelle nostre zone si realizzavano scuole serali così popolari. Molti ne parlavano come di una grande novità. Professori e persone distinte venivano ad osservare i nostri metodi. Lo stesso Municipio di Torino mandò una commissione presieduta dal commendatore Giuseppe Dupré per osservare se i risultati erano così positivi come si diceva. I commissari interrogarono gli alunni sulla pronuncia italiana, sulle operazioni aritmetiche, fecero declamare alcuni brani. Alla fine erano mera-vigliati nel costatare che giovani rimasti analfabeti anche fino a 18, 20 anni, avevano fatto in pochi mesi rapidi progressi nell'educazione e nell'istruzione. Ciò che entusiasmava quei signori era vedere alla sera un grande numero di giovani raccolti sui libri, mentre tanti altri girovagavano per le strade. 

La loro relazione, letta al Municipio, ci meritò un premio di 300 lire, che ci venne assegnato fino al 1878. Da quell'anno fu sospeso e assegnato a un altro istituto. Non ne ho mai saputo il perché. 

In quel tempo era direttore dell'Opera La Mendicità Istruita (fondata nel 1783 per l'istruzione popolare) il cavaliere Gonella, conosciutissimo in Torino per la sua fede e la sua carità. Anche lui venne più volte a vedere la nostra scuola, e l'anno seguente introdusse le stesse classi e lo stesso metodo nell'Opera da lui diretta. Avendo parlato agli amministratori della Mendicità Istruita del nostro Oratorio e delle strettezze finanziarie in cui navigavamo, ci assegnarono un premio di lire mille. 

Anche il Municipio imitò il nostro metodo. In pochi anni le scuole serali si propagarono in tutte le principali città del Piemonte. 

 

Un libro di preghiera e uno di matematica 

Intanto vedevo crescere di giorno in giorno una nuova necessità: un libro di preghiere e di riflessioni adatto ai giovani del nostro tempo. Ce n'erano moltissimi che passavano da mano a mano. Avevano anche autori illustri. Ma in genere gli au 

tori non avevano tenuto presenti i lettori giovani, e, col massimo rispetto, avevano cercato di poter servire cattolici, ebrei e protestanti. 

Io stavo vedendo un'altra cosa: che i protestanti cercavano di infiltrarsi insidiosamente tra la nostra gente. Tenuto conto di questo pericolo, ho compilato un libro appoggiato alla Bib-bia, adatto ai giovani, che desse nutrimento alla loro fede. doveva esporre le verità fondamentali della religione cattolica con la massima brevità e chiarezza. Lo intitolai II giovane provveduto. 

La stessa necessità si manifestava per l'insegnamento dell'aritmetica e del sistema metrico decimale. L'uso ufficiale di questo sistema doveva cominciare all'inizio dell'anno 1850, ma già nel 18461e scuole dovevano insegnarlo, e mancavano i libri di testo. Scrissi allora il libretto II sistema metrico decimale ridotto a semplicità.

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