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4. La separazione del battesimo dalla cresima

La grazia del Battesimo fa nascere gli uomini a nuova vita; col sacramento della Confermazione i rinati divengono adulti, eliminando tutto ciò che rivelava la puerizia (1Co 13,11). La stessa distanza quindi che corre nella vita naturale fra la generazione e lo sviluppo, corre pure fra il Battesimo, ricco di capacità rigenerativa, e la Cresima.


4. La separazione del battesimo dalla cresima

da L'autore

del 05 dicembre 2011

4. La separazione del battesimo dalla cresima

          Connesso al valore normativo che i liturgisti conferiscono al paradigma dell’iniziazione come configurata nella stagione antica è la questione del valore normativo che avrebbe l’ordine stesso dell’amministrazione successiva dei tre sacramenti nella loro ipotesi. Almeno nella stagione più recente, la confermazione è stata sempre celebrata dopo la prima Comunione. Quanto recente è tale stagione? Non appare chiaro. A mio sommesso giudizio, la successione era stata invertita già al tempo del Concilio di Trento; ma questa tesi non è affatto scontata. In ogni caso, la riforma in corso, patrocinata principalmente dai liturgisti, raccomanda con grande insistenza la restaurazione dell’ordine antico e “normale”, e cioè battesimo, confermazione ed eucaristia.

          È così sicuro che debba essere riconosciuto un valore normativo a quella sequenza? L’assunto generale, che conferisce valore di paradigma al modello offerto dall’iniziazione cristiana antica, e più precisamente alla iniziazione intesa nella sua accezione stretta, e cioè sacramentale, comporta tra le altre sue logiche conseguenze anche questa, che cioè venga riconosciuto valore normativo alla successione di cui si dice. Ma se le considerazioni da noi proposte soprattutto al § 3 hanno qualche consistenza, se cioè non è giustificato considerare la forma antica della iniziazione cristiana come la norma, e il pedo-battesimo come una forma che, per quanto statisticamente prevalente, sarebbe anomala e addirittura difettosa per comparazione alla forma tipica, quella realizzata appunto in età adulta, perde per ciò stesso consistenza la tesi che conferisce valore normativo alla successione dei tre sacramenti nel processo rituale antico.

          Il chiarimento di tale questione passa, sotto altro profilo, attraverso la ricostruzione storica e la comprensione del processo che ha condotto alla separazione della cresima dal battesimo, e rispettivamente alla posposizione della cresima alla prima comunione.

          Per ciò che si riferisce alla prima questione, appartiene ormai da molto tempo alla convinzione diffusa, dei pastori come dei cristiani tutti, che la recezione del sacramento della confermazione esiga proporzionale consapevolezza; nel lessico canonico convenzionale, si dice che richiede l’“uso della ragione”. Una raccomandazione in tal senso è formalmente proposta dal Catechismo Romano per i Parroci del Concilio Tridentino, che diventa poi punto di riferimento ovvio della prassi pastorale moderna. Non sussistono per altro indizi che inducano a pensare che quanto disposto dal Catechismo costituisca sia un’innovazione del Concilio; in questo caso, come per altro sempre poi accadrà nella redazione dei catechismi, il Catechismo propone con proporzionale chiarezza e insieme erudizione dottrinale le forme della dottrina e della prassi già in vigore. È del tutto ragionevole pensare dunque che le raccomandazioni proposte a proposito dell’età della cresima, come anche a proposito della dottrina relativa alla cresima, siano debitrici della prassi e della dottrina già prima diffusa.

 

          Premettiamo quanto detto nel Catechismo a proposito del senso del sacramente e della sua distinzione dal battesimo, perché questo aiuta a comprendere anche quanto viene di seguito raccomandato a proposito dell’età della sua celebrazione.

196. La Cresima è distinta dal Battesimo

          Sebbene papa Melchiade dica che il Battesimo è strettamente congiunto con la Cresima, non dobbiamo pensare che siano il medesimo sacramento. La diversità delle grazie che ciascuno di essi comunica, i segni sensibili che le significano, mostrano che si tratta di due sacramenti del tutto diversi e distinti. La grazia del Battesimo fa nascere gli uomini a nuova vita; col sacramento della Confermazione i rinati divengono adulti, eliminando tutto ciò che rivelava la puerizia (1Co 13,11). La stessa distanza quindi che corre nella vita naturale fra la generazione e lo sviluppo, corre pure fra il Battesimo, ricco di capacità rigenerativa, e la Cresima, in virtù della quale i fedeli crescono e raggiungono la perfetta maturità dell'anima. Inoltre, a ogni nuova difficoltà che l'anima incontra, era conveniente fosse disposto un nuovo e distinto sacramento. Perciò, mentre la grazia del Battesimo ci occorre per infondere nell'anima la fede, un'altra grazia deve corroborarla in modo che nessun pericolo o timore di pene, di supplizio, di morte l'allontani dalla professione della vera fede. E poiché questo è appunto l'effetto del sacro crisma, dovrà dirsi che la natura della Cresima non è quella del Battesimo. Lo stesso papa Melchiade delimita esattamente la differenza fra l'uno e l'altro, scrivendo: Nel momento del Battesimo l'uomo è arruolato, nell'atto della Cresima riceve le armi per la lotta. Al fonte battesimale lo Spirito santo da la pienezza dell'innocenza, mentre con la Cresima perfeziona nella grazia. Col Battesimo rinasciamo alla vita; cresimati, siamo preparati alla lotta. Ci laviamo nel Battesimo, dopo il Battesimo ci irrobustiamo; la rinascita salva per sé stessa nella pace i battezzati, la Cresima arma e addestra al combattimento. Tutto ciò è stato definito, dopo altri Concili, principalmente dal sacro Concilio Tridentino, sicché non è più lecito ad alcuno dissentire, o minimamente aver dubbi in proposito. [54] 

          Gli argomenti usati per descrivere la differenza tra i due sacramenti decisamente privilegiano – come si vede – l’argomento antropologico, e più precisamente il riferimento alla distinzione tra nascita e crescita. Il senso dei sacramenti è cercato nel loro nesso con le diverse età della vita, a procedere dall’assunto – implicito certo, ma inevitabile, che quelle diverse età abbiano appunto una densità di significato religioso che sarebbe appunto compito del sacramento configurare. Questa prospettiva di comprensione dei sacramenti tutti è caratteristica in particolare del pensiero di Tommaso, nei cui confronti la dottrina tridentina appare debitrice. Tommaso distingue tra battesimo e cresima appunto per riferimento alla corrispondente differenza tra la nascita e la crescita.

          Nella Summa Theologica (III, 72, 1), dopo aver citato l’auctoritas di papa Melchiade in favore del carattere sacramentale della cresima, offre una ratio, che è appunto quella derivata dalla distinzione antropologica. Già in Tommaso la questione del carattere sacramentale della cresima è istruita a procedere dal dubbio che si tratti effettivamente di un sacramento; i motivi che depongono in favore della risposta negativa sono individuati nel Videtur quod non anzitutto in un testo della 1 Corinzi (10, 1-4), che nell’evocazione tipologica dell’esodo ricorda che tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nuvola e nel mare, e anche che tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, e bevvero la stessa bevanda spirituale; evoca dunque la coppia battesimo ed eucaristia, e non ricorda invece la cresima; poi anche nel fatto che la confermazione non è necessaria alla salvezza e non può contare su qualche segno equivalente della vita di Cristo, mentre i sacramenti dovrebbero appunto conformare il cristiano a Cristo:

          Sed contra est quod Melchiades Papa scribit Hispaniarum episcopis, de his super quibus rogastis nos vos informari, idest, utrum maius sit sacramentum manus impositio episcoporum an Baptismus, scitote utrumque magnum esse sacramentum.

          Respondeo dicendum quod sacramenta novae legis ordinantur ad speciales gratiae effectus, et ideo, ubi occurrit aliquis specialis effectus gratiae, ibi ordinatur speciale sacramentum. Quia vero sensibilia et corporalia gerunt spiritualium et intelligibilium similitudinem, ex his quae in vita corporali aguntur, percipere possumus quid in spirituali vita speciale existat. Manifestum est autem quod in vita corporali specialis quaedam perfectio est quod homo ad perfectam aetatem perveniat, et perfectas actiones hominis agere possit, unde et apostolus dicit, I Cor. XIII, cum autem factus sum vir, evacuavi quae erant parvuli. Et inde etiam est quod, praeter motum generationis, quo aliquis accipit vitam corporalem, est motus augmenti, quo aliquis perducitur ad perfectam aetatem. Sic igitur et vitam spiritualem homo accipit per Baptismum, qui est spiritualis regeneratio. In confirmatione autem homo accipit quasi quandam aetatem perfectam spiritualis vitae. Unde Melchiades Papa dicit, spiritus sanctus, qui super aquas Baptismi salutifero descendit lapsu, in fonte plenitudinem tribuit ad innocentiam, in confirmatione augmentum praestat ad gratiam. In Baptismo regeneramur ad vitam, post Baptismum roboramur. Et ideo manifestum est quod confirmatio est speciale sacramentum.

          La citazione di papa Melchiade risolve la questione dell’an sit sacramento; il ragionamento successivo risponde alla questione del senso, e quindi anche delle ragioni di convenienza del sacramento. Esso è inteso appunto come sacramento della crescita, dato ad robur.

          Tornando al testo del catechismo ai parroci, anche se si deve eccepire alla pertinenza degli argomenti usati, soprattutto all’eccesso di univocità con il quale essi sono usati, è ragionevole supporre che essi riflettano un modo di vedere proporzionalmente condiviso al tempo immediatamente successivo al Concilio. In tal senso, pare probabile la supposizione che già al tempo del Concilio di Trento la distinzione tra i due sacramenti fosse associata alla comprensione della cresima quale sacramento che è convenientemente celebrato in età di ragione; non solo, ma che significa e produce la grazia necessaria alla testimonianza adulta della fede. Le indicazioni relative all’età dell’amministrazione sono quelle conseguenti:

203. Quando si deve ricevere la Cresima

          Il sacramento della Confermazione può essere amministrato a tutti i fedeli battezzati. Ma non conviene amministrarlo ai bambini non ancora pervenuti all'uso di ragione. Pur non essendo necessario attendere il dodicesimo anno di età, è bene ad ogni modo differire il sacramento per lo meno fino al settimo. La Cresima non fu istituita come necessaria alla salvezza; fu data perché, ben rafforzati dalla sua virtù, ci trovassimo pronti a combattere per la fede di Cristo. Ora nessuno riterrà che i bambini ancora privi dell'uso di ragione siano atti a simile genere di lotta.

          Ne segue che i cresimandi già adulti, se vogliono conseguire la grazia e i privilegi di questo sacramento, non solo devono essere ricchi di fede e di pietà, ma devono anche pentirsi dei peccati gravi commessi. Sarà bene anzi che li confessino in antecedenza e siano dai Pastori esortati a digiunare e a compiere altre opere di pietà, seguendo la lodevole consuetudine della Chiesa antica, secondo la quale si doveva andare digiuni alla Cresima. Non sarà arduo persuadere di ciò i fedeli, prospettando i doni e gli effetti straordinari di questo sacramento.

          Il riferimento ai due estremi – sette e 12 anni – lascia trasparire indicazioni normative precedenti o forse solo prassi considerate come normative. Di contro alla richiesta avanzata da qualche parte di attendere i dodici anni si dice che occorre in ogni caso l’uso della ragione, e dunque almeno i sette anni. Ricostruire l’origine dell’indicazione dei dodici anni è arduo; appare ovvio il sospetto che tale indicazione sia stata suggerita dall’episodio di Gesù dodicenne nel tempio; l’età menzionata da Luca a proposito di Gesù è la stessa della Bar mitzvah ebraica, che effettivamente ha qualche analogia con la cresima; quanto meno, con la concezione della cresima proposta già da san Tommaso e presente anche nel n. 196 del Catechismo per i parroci.

          A giudizio di Pietro Angelo Muroni, autore della più diffusa e anche più documentata monografia su L’ordine dei sacramenti [55], al tempo del Concilio di Trento l’ordine dei sacramenti sarebbe ancora quello canonico, dunque la cresima precederebbe la prima comunione. L’inversione dell’ordine si produrrebbe soltanto poi, e si produrrebbe per motivazione soltanto pastorali, senza attenzione alle esigenze propriamente teologali imposte dalla verità ontologica dei sacramenti. Muroni – come molti liturgisti e teologi in genere, ahimé – pensano che le ragioni pastorali siano ragioni minori, o addirittura non meritino la qualifica di ragioni; sono soltanto motivazioni di opportunità per scelte prese in maniera soltanto pragmatica.

          In ogni caso il ritardo dei due sacramenti e poi la stessa inversione del loro ordine si produrrebbero per rispondere alla richiesta espressa dal Concilio e poi da diversi sinodi provinciali che intervenga prima della celebrazione di tali sacramenti un’adeguata istruzione a loro riguardo. La richiesta sarebbe particolarmente urgente nel caso della cresima, a motivo della contestazione protestante; Lutero negava la qualità di sacramento alla confermazione, negava cioè ch’essa potesse essere ricondotta alla volontà del Fondatore [56]; la pratica cattolica del sacramento avrebbe richiesto di riflesso una preparazione proporzionalmente più attenta, per munire i fedeli nei confronti della negazione protestante.

          L’esigenza della preparazione alimenta il ritardo della celebrazione, ma non l’inversione dell’ordine di successione dei due sacramenti; questa inversione si affermerebbe soltanto nel XIX secolo. Il fatto e le sue probabili ragioni sono descritte da Muroni con riferimento privilegiato al teatro francese, e dunque a rituali e Concili locali francesi (pp. 309-349).

Ma sarà soprattutto la Francia il centro dal quale... [N.d.R. mancano alcuni appunti che non è stato possibile recuperare].

Che la concezione giansenista “inficiasse” la concezione stessa del sacramento è affermazione da intendere per riferimento alla sottesa dottrina del ex opere operato; Muroni – come per altro molti teologi, o più modestamente scrittori cristiani –intende quella dottrina quale legittimazione di un’efficienza fisica dei sacramenti: la loro tanto efficacia non dipenderebbe cioè in alcun modo dal concorso della libertà umana; i giansenisti invece presumono il contrario. La comprensione fisica dell’efficienza dei sacramenti non appare convincente, ovviamente; non si può immaginare, in ogni caso, che l’efficienza del sacramento possa realizzare a prescindere da ogni considerazione relativa alle forme della vita intenzionale del soggetto che esso induce. Il rapporto tra grazia e libertà, rispettivamente tra sacramento e originaria consistenza religiosa dell’esperienza antropologica sottesa, attende ancora di essere chiarito.

          Il pregiudizio dottrinale di Muroni che in tal modo segnaliamo rende oltremodo inattendibile la sua esplorazione analitica dei testi e le conclusioni che ne trae; essi sono infatti interrogati a procedere da assunti teorici troppo angusti. La pertinenza di tale giudizio appare con inequivocabile evidenza dalle affermazioni finali del capitolo settimo, dedicato appunto al problema dello spostamento della confermazione dopo la prima comunione. Dopo aver riproposto la tesi storiografica secondo la quale lo spostamento – solo locale, francese, mai sancito dal magistero della chiesa universale – sarebbe da riferire all’apprezzamento della confermazione stessa come sacramento “più importante” dell’eucarestia, Muroni suggerisce una considerazione sintetica finale:

Un ulteriore elemento ci preme sottolineare. Dall’analisi portata… (pp. 381s). [N.d.R. mancano alcuni appunti che non è stato possibile recuperare].

          In conclusione, quali siano i fattori che hanno determinato la separazione della confermazione dal battesimo in Occidente non appare ancora chiaro; tanto meno chiaro è il senso di tale separazione, e dunque anche la sua rilevanza teologica. È mia profonda persuasione – ma certo non solo mia – che la Chiesa abbia un margine di decisione discrezionale abbastanza ampio per ciò che si riferisce alle forme liturgiche e alle forme stesse pastorali in genere, secondo le quali realizzare la celebrazione dei sacramenti. Le decisioni in tali materia si producono sul campo molto prima e molto più di quanto non sia possibile giustificare in base alla dottrina riflessa già acquisita al consenso della Chiesa. Le forme della decisione pratica, d’altra parte, hanno una valenza ermeneutica, un’almeno possibile valenza per rapporto alla ricognizione di quella verità del vangelo cristiano, la quale certo non può essere identificata con la dottrina già fin qui acquisita alla comune consapevolezza della Chiesa. La pratica della fede, e quindi anche la pratica del ministero pastorale, ha bisogno di una ripresa riflessiva e di un discernimento critico ad opera della teologia. Questa operazione può essere realizzata soltanto a procedere da canoni dottrinali decisamente diversi rispetto a quelli raccomandati dalla dottrina trasmessa.

          Per rapporto alla questione più precisa dell’età più opportuna per la confermazione, dell’ordine successivo di amministrazione dei tre sacramenti [cosiddetti] di iniziazione, e più in radice per rapporto alla questione del significato della confermazione, ci sembra che la stessa inchiesta storica debba essere istruita a procedere da una riflessione fondamentale che pare fino ad oggi non ancora prodotta. Mi riferisco alla considerazione della differenza non proprio marginale tra il processo del divenire cristiani così come si configura a procedere dalla conversione adulta e il medesimo processo così come esso si configura a procedere dalla testimonianza di genitori credenti. Soltanto a procedere dalla riflessione su quella differenza è possibile – questo è il nostro assunto – istruire in maniera adeguata le tre questioni accennate.

Giuseppe Angelini

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