L'anno 1846 è il tempo di grazia della grande realizzazione. Don Bosco riesce ad acquistare una fatiscente tettoia da Francesco Pinardi e vi inaugura un Oratorio stabile nella regione Valdocco. Don Bosco trasforma la tettoia in cappella. Nel giorno di Pasqua la benedice. Centinaia di ragazzi la stipano all'inverosimile. Poi, afferrando al volo la pagnotta che don Bosco va pescando da un'immensa cesta, sciamano sui prati intorno, esplodendo per la gioia di avere, finalmente, «una casa tutta per loro».
Minacce e castigo
Ma che! Il demonio che mai lascia tranquilli i santi, suscitò ben presto altri nemici, i quali fecero di tutto per disperdere don Bosco e l'Opera sua.
Ed ecco che il sindaco, Marchese Michele di Cavour, lo fa chiamare e senza preamboli gli dice:
- È tempo di finirla, mio caro Abate, e poiché volete ostinarvi nella vostra Opera, io sono costretto a farvi chiudere l'Oratorio.
- Mi perdoni, sig. Marchese - rispose don Bosco - ma se io chiudessi il mio Oratorio, avrei timore delle maledizioni di Dio su me e su lei.
- Meno ciance! Io sono obbligato a tutelare la tranquillità pubblica; manderò quindi a sorvegliare la vostra persona e le vostre adunanze; al primo atto compromettente, farò disperdere i vostri monelli e voi sarete responsabile di quanto starà per accadere.
Quelle furono le ultime parole pronunziate dal Marchese in Municipio. Tornato a casa, fu assalito da una ostinata podagra la quale, dopo molte sofferenze, lo condusse alla tomba.
Quella morte produsse impressione in tutta Torino, e per diversi anni, specialmente nella sfera dei magnati, non vi fu più alcuno del Municipio o del Governo che recasse molestia a don Bosco.
Scherzo della Provvidenza
Quando don Bosco ebbe improvvisata la prima cappella sotto la tettoia Pinardi, s'accorse che gli mancava il calice per la prima Messa.
Come fare a provvederlo? Rivoltosi a mamma Margherita, esclamò quasi ispirato:
- Madre, cercate, frugate per ogni dove; manca il calice, e voi dovete trovare i denari per comprarlo.
Si mette tuttavia all'opera. Cerca, fruga, e alla fin fine trova, in fondo ad un vecchio cassettone fuori uso, un rotolo contenente otto scudi d'oro quanti appunto erano necessari per la compera del calice.
- Oh bella! Chi ve li avrà messi? - chiedeva di poi la mamma.
- Oh bella - ribatteva don Bosco - li ha messi colà la Provvidenza, che ci ha voluto fare uno scherzo.
Altro scherzo della Provvidenza
Un giorno entrò da don Bosco un forestiero, che lo salutò con la solita formula:
- Oh! Don Bosco, come sta?
- Senza un quattrino! - rispose don Bosco.
- Cosa singolare! - replicò il forestiero. - E se in questo momento ella avesse bisogno urgente d'una somma, come farebbe?
- Mi rivolgerei alla Provvidenza.
- Sì, Provvidenza... Provvidenza... è una bella parola; ma se ne abbisognasse in questo momento?
- In tal caso, direi a lei, mio buon signore: Vada in anticamera, e troverà una persona che, in questo momento, reca appunto un'offerta a don Bosco!
- Come?! Dice davvero?! Ma non c'era nessuno quando io entrai! Chi glielo ha detto?
- Nessuno me lo ha detto, ma io lo so, e lo sa la Provvidenza.
Quel signore, fuori di sé per la meraviglia, va nell'anticamera, ove trova davvero un altro signore a cui chiede:
- Viene da don Bosco?
- Sì, vengo a portare un'offerta.
Il Santo si presenta sulla porta ed esclama:
- Vede se io avevo ragione di confidare nella Provvidenza?
Carnevale che non guasta
Un giorno, mamma Margherita gli corre incontro tutta ansante gridando:
- Oh Giovanni, Giovanni, se sapessi!
- Che cosa!? Hai guadagnato un terno al lotto?
- Altro che guadagno! perdita, mio caro, perdita! Ti hanno rubato la veste nuova, la sola buona che hai. Era stata stesa al sole, e te l'hanno rubata.
- Se l'hanno rubata, pazienza! che vuoi farci?
- Bisogna cercare il ladro! dev'essere vicino.
- Vuoi che faccia il poliziotto?!
- Ecco, sempre lo stesso! Non t'importa niente! Ed ora come farai ad uscire?
- Oh bella! Prenderò uno di quei cappotti regalati dal Municipio, ed uscirò vestito da militare.
- Bella figura! sarà un carnevale!!!
- Un po' di carnevale non guasterà niente! Poi, cambiando tono, soggiunse:
- Guardate, madre: il ladro ne aveva forse più bisogno di me... forse è già pentito... e se venisse a confessarsi, io mi contenterei del fermo proposito di non farlo più, e gli regalerei la veste o l'equivalente, gli darei l'assoluzione in lungo e in largo. Pregate intanto la Madonna che me ne mandi un'altra.
La coda del diavolo
Il «Grappino», al quale evidentemente non garbava che tutti quei ragazzi corressero appresso a don Bosco, cercò in tutti i modi di rovinargli l'opera. Nei primi tempi un uragano travolse ben due volte i ponti della nuova costruzione. Una terza volta un fulmine cadde così vicino da metter in serio pericolo la vita di don Bosco e dei suoi ragazzi.
Appena la prima costruzione fu ultimata accaddero cose strane e singolari.
Appena andava a letto, ecco che con rumori strani cercava di disturbarlo. Erano terribili colpi di pietra, rumori assordanti di ogni genere su tutto il soffitto della stanza; e quasi non bastasse, una volta gli sollevò il letto e lo sbatté ripetutamente a terra con veemenza inaudita.
Don Bosco, non potendo più dormire da molto tempo, era dimagrito, e minacciava un'altra malattia; per cui si decise di farla finita.
Si armò di un quadretto della Madonna, salì con quello sul solaio, e fece un giro tutto attorno tenendo sollevato il quadro e gridando:
- Diavolo, diavolo, via di qua! Diavolo, diavolo, via di qua!
Poi appese il quadretto al muro e pregò la Madonna di liberarlo da quei disturbi e scherzi diabolici.
Da quel momento, tutto finì come per incanto, né si udirono più rumori né voci. Il quadretto stette colà appeso per ben sei anni fino a che quella casa venne demolita per farne un'altra.
Eppure caleranno...
La casa era divenuta stretta e da tempo don Bosco stava meditando di comprare la casa vicina di Francesco Pinardi, per poter ampliare l'Oratorio; ma questi pretendeva una somma assai rilevante.
Caso volle che la sera del 19 febbraio 1851, nell'osteria di fronte a detta casa, succedesse una rissa violentissima con feriti e contusi.
Il Pinardi, stanco di assistere a tali scene, si portò tosto da don Bosco, e gli disse:
- Don Bosco! E una cosa che non va più! È una continua disperazione! Risse e sempre risse!... Se dunque vuol comperare la mia casa, eccomi disposto a cedergliela.
- E per quanto?
- Per quello che le ho detto: ottanta mila!
- Non posso fare offerte.
- Perché?
- Perché il prezzo è esagerato.
- Mi rimetto a lei.
- Me la date per il suo valore?
- Parola d'onore!
- Sentite, signore, io l'ho fatta stimare, e mi si assicurò che, nello stato attuale, vale dalle 26 alle 28 mila. Io ve ne offro 30 mila, va bene?
- Sia pure! ma pagherà in contanti?
- Pagherò in contanti!
- Quando faremo il contratto?
- Quando vi piacerà.
- Un'altra settimana?
- Come volete.
Si strinsero la mano e si lasciarono.
Ma dove prendere i denari per pagarla?! Ecco il pensiero assillante di don Bosco in quei giorni. Ricordò in buon punto che il ven. Antonio Rosmini gli aveva promesso 20 mila lire; ma 20 non erano 30; e le altre 10?
A quelle pensò ancora la stessa Provvidenza.
Ecco d'improvviso capitare all'Oratorio il suo amico e consigliere don Cafasso, il quale, facendoglisi incontro con festante sorriso, quasi che i santi si leggessero in cuore, gli disse:
- Sono venuto a portarti una generosa offerta. Sono 10 mila lire che la contessa Casazza ti manda per le tue opere.
- Deo Gratias! - esclamò don Bosco. - Sono proprio il cacio sui maccheroni.
Gli raccontò il contratto della casa Pinardi, poi si recò difilato da questi a dirgli:
- Quando volete che facciamo l'istrumento? I denari sono pronti, e tutti in oro.
La parola stuzzicò il sig. Pinardi, che accettò di andare subito dal notaio Giuseppe Cotta.
Al momento di firmare, don Bosco tirò fuori il suo sacchettino e spiattellò, l'una sull'altra, le 30 mila lire d'oro.
Ma... le spese per il contratto? e il regalo promesso alla signora del Pinardi? Restavano 3500 lire da sborsare.
Don Bosco, che non vi aveva pensato, restò un istante perplesso, ma il suo buon umorismo cambiò subito la momentanea confusione in amenità. Prese a scuotere il sacchetto che ancora teneva in mano dicendo:
- Spero che caleranno... Devono calare!
Notaio e testimone scoppiarono in una risata, ed il sig. Cotta, grande benefattore di don Bosco, esclamò:
- Vuol dire che le 3500 lire le aggiungerò io; va bene così?
- Vedete un po' se sono calate! - continuò don Bosco. - Oh! lo sapevo che la Provvidenza non m'avrebbe lasciato negli imbrogli!
L'ospizio fallito
Una sera dell'aprile 1847, rincasando a tarda ora dalla visita a un malato, mentre appunto pensava a tanti poveri giovani che, privi di tetto, vagavano tutta la notte in cattive compagnie, venne ad imbattersi in un crocchio di ragazzetti i quali, al vedere un prete, ^cominciarono a lanciar frizzi poco gentili.
Don Bosco avrebbe voluto evitarli; ma, accortosi che non era più in tempo, pensò di fare buon viso a cattiva sorte, e avvicinatosi, li salutò dicendo:
- Buona sera, miei cari amici, come state?
- Poco bene, signor Teologo. Abbiamo sete, e non abbiamo quattrini - rispose uno.
- Non ci offrirebbe una pinta (doppio litro)? - soggiunse un altro.
- Sì, sì, una pinta! - presero a gridare gli altri in coro; ci paghi una pinta. - E lo accerchiarono in modo da impedirgli il passo.
- Ben volentieri! ma voglio bere anch'io in vostra compagnia.
- Sicuro! Oh che buon prete! Se tutti i preti fossero così!
- Andiamo dunque alla trattoria delle Alpi qui presso.
Don Bosco fa portare una, poi un'altra bottiglia, e quando li vede mansueti e benevoli, dice:
- Ora mi dovete fare un piacere.
- Dica, dica; non uno, ma due, ma tre!... D'ora in avanti vogliamo essere suoi amici.
- Ebbene, ora tornate alle vostre case. Domenica poi, vi attendo tutti all'Oratorio.
- Ma noi non abbiamo casa. Dormiamo qua e là nelle stalle, sul fieno.
- Allora, facciamo così: venite con me, e per questa sera ci aggiusteremo alla meglio.
Seguito da quel gruppo che si sarebbe detto di malandrini, arrivò a casa, e li consegnò a mamma Margherita dicendo:
- Madre, ecco i primi ospiti, pensate a ricoverarli. Fatto recitar loro il Pater Noster e l'Ave Maria che avevano dimenticato, per una scala a piuoli li condusse sul fienile, diede a ciascuno una coperta ed un lenzuolo, e raccomandando loro il silenzio e il buon ordine, scese soddisfatto e contento, credendo di aver così dato principio all'ideato ospizio.
Così però non la pensava il Signore, né di tal gente voleva servirsi la Provvidenza.
Fattosi appena giorno, don Bosco esce di camera per destare i suoi amici e dir loro una buona parola. Con meraviglia, non ode rumore; li crede addormentati; li chiama, poi sale per svegliarli; ma che?!
I mariuoli se l'erano svignata, portandosi via coperte e lenzuola. Il suo tentativo era andato fallito!
Fulmine provvidenziale
Altri giovani vennero a bussare alla porta di don Bosco in cerca di pane e d'alloggio, e don Bosco e la mamma si ingegnarono in tutti i modi per ricoverarli. Ma ben presto ogni posto fu occupato; perfino la cucina si tramutava di notte in dormitorio.
Come fare? Adocchiò una casa li presso, e la domandò in affitto.
La padrona, signora Vaglienti, gli chiese un prezzo esorbitante, e dopo lungo disputare, si stava per rompere le trattative, quando un caso affatto singolare tolse di mezzo ogni difficoltà.
Il cielo, che si era improvvisamente rannuvolato, divenne scuro scuro, ed ecco che si vede all'improvviso un guizzo di lampo vivissimo, e poi si sente un colpo di fulmine così gagliardo da far tremare la casa dalle fondamenta al tetto. La signora, sbalordita, si volge tremante a don Bosco ed esclama:
- Se Dio mi salva dal fulmine, le concederò la casa per la somma che lei mi offre!
Aveva appena finito di parlare che il cielo si rischiara e appare un bel sole.
Don Bosco non pone tempo in mezzo. Acquista la casa e subito «è uno spettacolo vedere alla sera le stanze illuminate, piene di ragazzi e di giovani. In piedi dinanzi ai cartelloni, con un libro in mano, nei banchi intenti a scrivere, seduti per terra a scarabocchiare sui quaderni le lettere grandi».
Alcuni confratelli sacerdoti sono venuti ad aiutarlo. La faccenda della sua «fissazione» si è spenta da tempo. Quando don Bosco ha un'idea fissa - dicono i ragazzi - è capace di sputar sangue per realizzarla.
Anche la Marchesa di Barolo ha cambiato idea e gli manda generose offerte «per i suoi monellacci».
Vino del santo nome di Dio
L'appetito viene mangiando, dice il proverbio. Ebbene, questo è appunto il caso di don Bosco. Comperata la casa, sente tosto il bisogno di dare principio ad una chiesa, ove radunare comodamente in preghiera tutti i suoi ragazzi, e dice a mamma Margherita:
- Madre, ora voglio innalzare una bella chiesa in onore di san Francesco di Sales nostro protettore.
- Ma dove prenderai i soldi?... Lo sai che non abbiamo più nulla... tutto ci divorano questi pover figlioli! Pensaci bene prima; intenditi con il Signore.
- È appunto quello che faccio. Il Signore è tanto buono... del denaro Egli ne ha per tutto il mondo. Niente paura!
Chiamato pertanto l'architetto Blanchier lo pregò di fargli il disegno. Chiamato poi l'impresario Federico Bocca gli affidò i lavori e tosto una trentina di muratori e manovali si accinsero all'opera.
Tra questi muratori, ve n'erano alcuni che, tratto tratto, si lasciavano sfuggire qualche bestemmia che feriva l'orecchio di don Bosco e di sua madre, i quali li pregavano di non bestemmiare. Ma essi si scusavano dicendo:
- Che volete!... è l'abitudine... ci sfuggono contro la nostra volontà... è impossibile vincersi.
- Ebbene, faremo così - disse loro don Bosco - se non bestemmierete, ogni sabato vi regalerò un bicchiere o due di vino.
Questo linguaggio fu più potente e persuasivo d'ogni predica, e per l'amore del vino, promisero e mantennero la parola. Per più di un anno, mamma Margherita, ogni sabato, recava loro un barilotto di vino, e quando chiedevano:
- Mamma Margherita, che vino è questo? Essa rispondeva:
- È vino del santo nome di Dio!
Mangerò un cane
Quando don Bosco lanciò l'idea di costruire la chiesa, un suo collega, don Cogliotti, gli lanciò questa sfida:
- Povero don Bosco, se tu riuscirai a costruire una chiesa, come dici, io mangerò un cane!
Di chiese, don Bosco ne costruì non una ma decine in diverse parti d'Italia; ma don Cogliotti di cani non ne mangiò neppure uno.
Il Santo, incontrandolo altre volte, gli diceva ridendo:
- Eh!... Cogliotti, e il cane?...
La chiesa di san Francesco di Sales fu consacrata il 22 giugno 1852. Fu la chiesa-madre, la «Porziuncola» della Famiglia salesiana, il cuore pulsante di Valdocco fino al 1868, quando fu consacrato il sontuoso santuario dedicato a Maria Ausiliatrice.
Un caffè dal boia
Dopo la morte di san Giuseppe Cafasso (23-6-1860) era divenuto confessore delle carceri, e vi si recava ogni settimana per tale ufficio.
Un giorno, dopo aver atteso per più ore alle confessioni, uscì nei corridoi talmente spossato, che quasi più non ci vedeva; ed invece della porta di uscita, infilò la porta dell'alloggio del boia, e si trovò davanti ad un uomo, una donna ed una loro ragazza che stavano cenando.
Accortosi dello sbaglio, fece buon viso a cattiva sorte, e disse disinvolto:
- Sono molto stanco e ho bisogno di una tazza di caffè: avreste la bontà di favorirmelo?
- Ma sì! Venga pure avanti, reverendo, si accomodi.
L'uomo porge una sedia, e la donna e la figlia s'accingono a preparare una tazza di caffè. Il carnefice intanto continuò:
- Ma lei, reverendo, sa in casa di chi è venuto?
- Certo in casa di un brav'uomo.
- Eppure, lei si trova in casa del boia!
- Che importa? so che siete un bravo cristiano, e questo mi basta. Voglio che siamo amici.
Quel povero uomo, che non si era mai sentito trattare così bene da persona distinta, cadeva dalle nuvole e si sprofondava in mille gentilezze. Venne intanto il caffè, e
siccome fu recata una tazza sola, don Bosco s'affrettò a chiederne una seconda, dicendo:
- Oh!... bisogna che lo prendiamo insieme.
- Questo poi no! - rispose il carnefice. - Io che mando la gente all'altro mondo, prendere il caffè con lei, che la manda in Paradiso?...
- Appunto, appunto! fra tutt'e due, compiamo un'opera salutare; voi riguardo alla società ed io riguardo a Dio.
La seconda tazza fu portata; il Santo la porse al boia, ed entrambi lo sorbirono allegramente. Né sarà stata l'ultima, giacché da quel giorno anche il carnefice s'univa ai carcerati a confessarsi e fare la comunione, fino a che lasciò di praticare quel poco glorioso mestiere.
Il Santo si compiaceva di raccontare l'episodio toccatogli, e finiva col dire:
- Dunque, io e il boia siamo due buoni amici.
Con i discoli della «Generala»
Nel 1855, don Bosco aveva predicato gli esercizi spirituali ai ragazzi rinchiusi nella «Generala» di Torino, l'istituto correzionale per i discoli.
La mattina della Comunione generale chiese ed ottenne dal Ministro dell'Interno, Urbano Rattazzi, il permesso di condurli tutti in numero di 350 ad una passeggiata fino a Stupinigi, distante sei chilometri da Torino.
La più schietta allegria durò per tutta quella giornata di libertà; e quando, alla sera, li ricondusse a casa, nessuno mancò all'appello.
Impossibile immaginare le meraviglie di tutti, del personale, del Direttore e dello stesso Ministro, ed il chiedersi come mai un povero prete solo, senza guardie e carabinieri, avesse potuto tener a bada un si grande numero di corrigendi.
Il Santo prese occasione per spiegare i vantaggi del suo sistema di educazione; e quei signori ne furono talmente persuasi che, pochi giorni dopo, gli fecero la proposta di accettare la Direzione dell'istituto. Don Bosco, però, si scusò col dire:
- Miei cari signori, non posso perché, col mio sistema, farei di questi giovani altrettanti preti e frati, e voi non ne sareste contenti.
O religione o bastone
Un ministro inglese, desideroso di far conoscenza con don Bosco del quale sentiva tanto parlare, e anche desideroso di apprenderne il metodo di educazione, si recò nel 1855 a Torino, e chiese di visitare l'Oratorio Salesiano.
Lo ricevette don Bosco stesso, che lo accompagnò in giro per quella grande casa.
La meraviglia del ministro cresceva di mano in mano che attraversava laboratori e reparti. Ma quando fu introdotto nel gran salone ove attendevano allo studio, con la massima serietà e nel più perfetto silenzio, oltre cinquecento giovani con la sola assistenza di due chierichetti, la meraviglia si cambiò in stupore, e rivolto al Santo esclamò:
- Reverendo, non sa che questo è uno spettacolo magnifico? Mi dica di grazia, quale è il segreto per ottenere tanto silenzio e tanta disciplina? Me lo dica, perché io voglio prenderne nota, e riportarlo in Inghilterra.
- Signor ministro - rispose don Bosco - il mio segreto non serve per loro.
- E perché?
- Perché è un segreto dei cattolici, mentre voi siete protestanti. Il mio segreto è la Confessione frequente e settimanale.
- Se è così, noi manchiamo davvero di questo potente mezzo di educazione. Ma non si potrebbe supplire altrimenti?
- Eh no! Se non si usa questo elemento di religione, è necessario ricorrere al bastone.
- Dunque, Padre: o religione o bastone?
- Sì, o religione o bastone! - rispose don Bosco ridendo.
- Bene, bene. O religione o bastone! Ho capito; voglio raccontarlo a Londra.
Addio, mamma Margherita
Da qualche tempo era morta mamma Margherita (25 novembre 1856), ma don Bosco sempre la ricordava con viva commozione. Un giorno del 1860 la rivide in una visione fugace, ma consolantissima: era tutta agile e sorridente, ed egli le disse:
- O madre, voi qui? Ma non siete dunque morta?
- Sì, sono morta - rispose la madre - ma vivo!
- Siete felice?
- Felicissima!
- In Paradiso?
- In Paradiso, quantunque sia passata per le fiamme del Purgatorio.
- Vi sono dei nostri giovani in Paradiso?
- Sì, tanti. - E ne nominò parecchi.
- E che cosa si gode lassù?
- Tu mi chiedi l'impossibile, perché ciò che si gode quassù nessuno mai lo potrà né dire né esprimere.
Improvvisamente fu avviluppata da una luce di inesplicabile bellezza, ed esclamando «Giovanni, ti aspetto per restare sempre uniti» disparve nell'armonia di un canto di voci angeliche.
Don Bosco, raccontando ai suoi figlioli questa visione, diventava come ispirato, e finiva sempre col ripetere:
- Oh! la rivedrò sì, la madre mia, e la vedrete anche voi se saremo perseveranti nel servizio del Signore. Coraggio, adunque; allegri, e mai peccati!
La grande chiesa sognata
Nel 1863 don Bosco volle dare principio alla magnifica chiesa di Maria Ausiliatrice, e le maggiori difficoltà gli vennero dal Municipio.
Portato il disegno per l'approvazione, il Capo Ingegnere non volle approvarlo dicendo:
- Ma questo titolo di «Ausiliatrice» è impopolare... inopportuno! Sa troppo di bigottismo. Insomma non è adatto ai tempi!
- Ebbene - rispose don Bosco - eliminiamo il titolo.
- E quale altro titolo metterà al posto?
- Questo sta a me trovarlo.
- Ci pensi, dunque.
- Per ora, non ne ho nessuno, e così sarò in libertà di darle, a suo tempo, il titolo che mi parrà meglio.
- Ma lei trama un inganno!
- Qui non c'è inganno. Lei non vuole approvare il titolo e non l'approva; io glielo voglio dare e glielo darò; così saremo contenti tutti e due, perché tutti e due avremo compiuto i nostri desideri.
L'ingegnere sorrise e sebbene a malincuore approvò.
«Dì qui la mia gloria!»
Don Bosco affidò il progetto del nuovo santuario all'architetto Antonio Spezia che lo sviluppò in forma di croce latina sopra una superficie di 1200 metri quadrati, con una lunghezza di m 48. Era prevista la cupola, con intorno la scritta da lui veduta in sogno: «Di qui la mia gloria!». Bisognava sentire le meraviglie della gente che accorreva a vedere la grandiosità dell'impresa.
- Come farà don Bosco ad andare avanti?
- Dove prenderà i denari?
- Si caricherà di debiti!
- Avrà trovato un tesoro!
- Finirà con una bancarotta!
- E una pazzia!... Una temerità!!! Il Santo sentiva, taceva e continuava.
Compiuto lo sterro, si pose la prima pietra con una grandiosa funzione; e appena finita, rivolto al capo mastro Carlo Buzzetti disse:
- Bravo Buzzetti: ti voglio subito dare un acconto per i grandi lavori. Non so se sarà molto, ma è tutto quello che ho.
Così dicendo, tirò fuori il borsellino, l'aprì e lo versò capovolto nelle mani del capo mastro,, che credeva di averle piene di marenghi.
Ma quale non fu la sorpresa sua e di tutti, al vedere la somma di otto poveri soldi!
E don Bosco, soggiunse:
- Sta' tranquillo: la Madonna ci penserà e provvederà Lei il denaro per la sua chiesa.
Così avvenne difatti. La chiesa di Maria Ausiliatrice costò oltre un milione, ma la Madonna aiutò a pagar tutto con grandi e continui miracoli. Don Bosco soleva dire:
- Ogni mattone di questa chiesa è una grazia della Madonna.
Grazie ottenute con la medaglia
Don Bosco confidava molto in Maria Ausiliatrice e ne diffondeva la medaglia.
Un giorno si presentano a lui cinque dei suoi primi chierici, assai sconsolati per essere richiamati al servizio militare.
Don Bosco li guardò sorridendo, ed esclamò: «O soldati di polenta! Che cosa ne farà di voi il governo?». Poi, tirato fuori il suo portamonete, ne trasse 5 medaglie benedette e le distribuì loro dicendo: «Prendete, tenetele preziose, riportatemele fra pochi giorni».
Il giorno fissato, si presentarono al distretto, e si sentirono dire che si trattava di uno sbaglio. Ritornassero pure ai loro studi.
Corsero giubilanti a portare la medaglia a don Bosco, che sorridendo esclamò: «L'avete provata la potenza e la bontà di Maria Ausiliatrice?!».
Un altro giorno ricevette una lettera da una signora d'America che diceva:
«Reverendo don Bosco, è la terza volta che tento l'impianto di una vigna in queste regioni, ma sempre senza esito.
Chiedo a lei una benedizione speciale per riuscire nell'intento».
Don Bosco le spedì tosto un pacco di medaglie di Maria Ausiliatrice, con accluso un biglietto che diceva:
«Ecco la benedizione speciale che vossignoria mi chiede per l'impianto della sua vigna.
Ritenti la prova mettendo in capo ad ogni filare una delle qui unite medaglie, ed abbia fiducia in Maria Ausiliatrice».
La buona signora seguì il consiglio di don Bosco. Ritentò la prova, e vide il miracolo.
La vigna attecchì ottimamente, ed a suo tempo diede frutti mai veduti in quei paesi.
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