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Alzate gli occhi al cielo

Io piango nel rimirare la luna che da tanti secoli compare con regolarità a rischiarare le tenebre della notte, senza mai disobbedire agli ordini del Creatore, mentre io che sono tanto giovane, io che sono ragionevole l'ho disobbedito tante volte...


Alzate gli occhi al cielo

da Don Bosco

del 11 gennaio 2011

 

          Se la conoscenza di Dio è fondamentale per poterlo amare, il modo più semplice per conoscerlo, che Don Bosco indica ai suoi ragazzi, è quello di scoprirne la bellezza attraverso la contemplazione del creato. La sua meditazione sembra risentire delle riflessioni di Mamma Margherita, quando aiutava i suoi bambini a vedere Dio nella natura che li circondava, a vedere l’amore di Dio creatore per le sue creature: «Se la notte era bella e il cielo stellato Mamma Margherita diceva: “È Dio che ha creato il mondo e ha messo lassù tante stelle”. Quando i prati erano pieni di fiori, mormorava: “Quante cose belle ha fatto il Signore per noi”» (Don Bosco, una biografia nuova, Elledici).

          L’eco di questa esperienza di Dio, Don Bosco sembra trasmetterla nel libro di preghiera per i suoi ragazzi: «Alzate gli occhi, o figlioli miei, ed osservate quanto esiste nel cielo e sulla terra. Il sole, la luna, le stelle, l’aria, l’acqua, il fuoco sono tutte cose che un tempo non esistevano. Dio con la sua onnipotenza tutte le trasse dal niente creandole, e perciò si chiama Creatore».

          Crediamo quanto mai opportuno educare i giovani alla contemplazione del creato nel quale si riflette la bellezza del Creatore. È il primo libro che i ragazzi e i giovani devono imparare a leggere. Dobbiamo chiedere loro di alzare gli occhi, che normalmente i ragazzi non usano per guardarsi intorno, e ammirare i panorami che la natura presenta. Aiutarli a vivere momenti intensi di preghiera, cioè di colloquio spontaneo con Lui, immergendo i loro occhi nella maestosità delle montagne con il candore delle loro nevi e dei ghiacciai, o il perdersi nell’orizzonte del mare, o nei colori variegati delle colline, o nella trasparenza dei laghi di montagna.

          Sarebbe bello che i diversi movimenti ecologisti, che si presentano ai nostri giorni come i custodi del creato e di una certa etica di difesa della natura, aiutassero i loro membri a risalire al Creatore dell’universo e scoprissero la sua bellezza.

          Questo primo invito alla contemplazione del creato doveva avere impressionato in particolare Michele Magone, questo povero tredicenne sbandato di Carmagnola, che incontra Don Bosco e tutto cambia nella sua giovane esistenza.

          È già stato richiamato questo episodio della sua vita, avvenuto durante una delle famose passeggiate autunnali, quando Michele si trova ai Becchi, in una bella sera stellata di ottobre. I suoi compagni dormono sul fienile della casa di Giuseppe, mentre Michele è seduto a terra con le spalle appoggiate al muretto del cortile e fissa il cielo e piange. Don Bosco dalla sua cameretta lo sente e scende a consolarlo e gli domanda:

          «– Che hai Magone? ti senti male? – Io piango nel rimirare la luna che da tanti secoli compare con regolarità a rischiarare le tenebre della notte, senza mai disobbedire agli ordini del Creatore, mentre io che sono tanto giovane, io che sono ragionevole, che avrei dovuto essere fedelissimo alle leggi del mio Dio, l’ho disobbedito tante volte e l’ho in mille modi offeso».

          Veramente il peccato è il primo disastro ecologico che inquina il mondo ed è da tanti ignorato.

          L’uomo capolavoro del creato

          Continua Don Bosco: «Questo Dio, che sempre fu e sempre sarà, dopo aver creato le cose che nel cielo e nella terra si contengono, diede esistenza all’uomo, il quale di tutte le creature visibili è la più perfetta. Onde i nostri occhi, la bocca, la lingua, le orecchie, le mani, i piedi sono tutti doni del Signore».

          Veramente l’uomo è il capolavoro del creato e il suo corpo sembra riassumere in sé tutte le meraviglie delle altre creature, esaltandone l’ordine e l’armonia. Che orrore dunque il pensare alle manipolazioni genetiche già sull’embrione umano e poi alle varie degradazioni dell’amore cui viene sottoposto il corpo umano.

          Da questa riflessione sulla bellezza di Dio, che si manifesta nelle sue creature ed in particolare nell’uomo, nasce spontanea la necessità di educare i giovani a ringraziare per il dono della vita e a mai metterla in pericolo; ad apprezzare l’uso degli occhi che sono le finestre dell’anima e l’uso della lingua, questo piccolo membro che può diffondere tanto bene fino a manifestare le espressioni più alte dell’amore, o a fare tanto male. Così si può dire di tutti gli altri sensi, dei quali sentiamo la necessità specie quando vengono meno, mentre bisogna evitare di servirsene per operare il male.

          Il gusto del bello

          Abbiamo urgente, assoluto bisogno di recuperare il senso del bello nella nostra vita. La bellezza risulta essere una straordinaria forza che ci attira verso Dio, che è in sé armonia, bellezza, pienezza, verità.

          Ci pare dunque doveroso aiutare i nostri giovani a ritrovare il gusto del bello attraverso all’ordine, alla pulizia, all’abito bello, indossato in particolare nel giorno del Signore, mentre una certa moda in questi decenni ha propagandato il brutto, a partire dall’abito sporco, strappato, scolorito, sensuale. È ora di reagire a queste mode che allontanano da Dio.

          L’abito più bello è quello di un giovane abitato dalla grazia di Dio, con quegli occhi trasparenti come dei laghetti di montagna, nel quale si può vedere fino in fondo. Come è bello da riscoprire questo abito spirituale. Don Bosco è stato capace di rivestire di questo abito i suoi poveri ragazzi ricoperti di stracci. È l’abito dal quale traspare l’anima spirituale e tutta la sua vita interiore.

          Chi salva l’anima salva tutto

          Continua Don Bosco richiamando ai suoi giovani la creazione dell’uomo: «L’uomo si distingue da tutti gli altri animali specialmente perché è fornito di un’anima la quale pensa, ragiona, vuole e conosce ciò che è bene e ciò che è male.

          Questa anima, essendo un puro spirito, non può morire col corpo; ma, quando questo sarà portato al sepolcro, essa andrà a cominciare un’altra vita, che non finirà più. Se fece bene, sarà sempre beata con Dio in Paradiso, dove godrà tutti i beni in eterno, se operò male, verrà punita con un terribile castigo nell’inferno dove patirà per sempre il fuoco e ogni sorta di pene.

          Badate per altro, o miei figlioli, che noi siamo tutti creati per il Paradiso, e Dio, che è padre amoroso, condanna all’inferno soltanto chi se lo merita per i suoi peccati. Oh, quanto ci ama il Signore, e quanto desidera che noi facciamo buone opere per poterci poi rendere partecipi di quella grande felicità, che tiene a tutti preparata in eterno nel Cielo!»

          La bellezza di Dio si riflette in particolare nell’uomo creato a sua immagine e somiglianza e noi lo vediamo soprattutto nella sua espressione spirituale che è l’anima. Don Bosco vedeva le meraviglie che Dio operava nei cuori di tanti animi buoni dei suoi giovani, mentre era angosciato davanti ai pericoli che potevano incontrare di perdersi. Anche di notte in sogno, combatteva per loro per la salvezza della loro anima. Ancora pochi mesi prima di morire scriveva su delle immagini: «Chi salva l’anima salva tutto, chi perde l’anima perde tutto».

          Aiutava per questo i suoi ragazzi a meditare sulla vita oltre la morte e a pensare spesso al Paradiso e alla felicità eterna e alla possibilità di perderlo divenendo schiavi dei propri peccati, garanzia dell’inferno già in questa vita.

          Quante persone colte, ricche e potenti non pensano mai alla vita oltre la morte, mentre fanno dei sacrifici esagerati per i beni di questo mondo. Per loro risuonano ancora le parole: «A che serve guadagnare il mondo, se uno perde la sua anima?»

don Gianni sdb

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