Analfabetismo da uso del digitale

Li chiamano “nativi digitali” ma sono semplicemente i ragazzi di oggi. Essere iperconnessi, è la loro vita quotidiana...

 

del 30 giugno 2016

 

 

Lo psichiatra dott. Federico Tonioni, direttore del Centro, afferma che quello che colpisce di più non sono le tante ore giornaliere di “connessione” ma il ritiro sociale.

Vivere “connessi” comporta dei rischi e i bambini/bambine sono forse i più esposti.

Il primo rischio è una certa incapacità di adattarsi al mondo “vero” e la “dipendenza” che questi strumenti producono. Se gli adulti riescono a fatica a controllarsi, per i bambini sarà più complicato. Per esempio il codice della strada ha dovuto aggiornarsi sanzionando l’uso del telefonino e dello smartphone alla guida e questo vuol dire che anche gli adulti sono a rischio di “dipendenza”. Scambiare quattro parole in treno, in metropolitana, allo stadio e persino a tavola è sempre più difficile. A cominciare dagli adulti, che, senza accorgersene, trasmettono ai piccoli questo stile.

 

Per i bambini e ragazzi/e il primo segnale è la rinuncia a svolgere un’attività fisica come il calcetto, il nuoto, iscriversi in palestra e poi non frequentarla. La rete web può diventare un “mondo parallelo” in cui rifugiarsi ed essere anonimi senza doversi esporre emotivamente di persona.

Gli strumenti digitali sono in parte un rifugio e in parte un filtro. Gli adolescenti con un telefonino in mano si sentono più liberi di esprimere le loro emozioni inventando nuove forme di espressione come un piacevole perditempo. Questo crea un’abitudine e diventa ben presto una dipendenza.

 

Terminato lo scambio giornaliero di messaggi con WhatsApp si passa ai giochini e poi si comincia a studiare e fare i compiti, ma sempre col telefonino vicino che spesso vibra per non insospettire i genitori. Poi prima di cena si ritorna ai messaggi che per alcune ore non si sono mandati e letti. Stare alcune ore senza “messaggiare” sembra una eternità. Noi adulti ci meravigliamo e facciamo ironia ma per i bambini e ragazzi/e si tratta di vita quotidiana. C’è qualcosa che non va. Spesso anche la scuola, per sentirsi al passo coi tempi, cede alla tecnologia avanzata e si lancia in nuove metodologie perché, si sente dire, i libri ormai sono superati. Tutto lo scibile umano sta su un tablet che è più leggero e meno ingombrante dello zaino. Toccare i tasti o lo schermo ha sostituito la scrittura. Infatti quando i ragazzi devono scrivere sono un po’ in difficoltà con la nostra bella e complicata lingua italiana.

 

La riga rossa della maestra che segna l’errore sul quaderno non ha mai causato traumi, mentre il non riuscire ad esprimersi con la scrittura li può causare. Non è esagerato affermare che a volte si è di fronte ad un “analfabetismo” da uso del digitale . Ci lamentiamo che i ragazzi leggono poco e che le librerie chiudono. Anche la dipendenza da connessone ne è una causa, e non solo per i ragazzi! Avere la cameretta con gli scaffali pieni di libri letti, o almeno sfogliati, produce soddisfazione e “storia” personale; ritrovare i libri di scuola sottolineati e con gli appunti a lato fa rivivere, letteralmente, giorni di impegno e fatica. La vita, che desideriamo insegnare ai ragazzi, non è forse impegno e fatica?

 

 

Gabriele Soliani

http://www.puntofamiglia.net

 

 

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