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Analisi e indicazioni ai genitori e ai docenti per prevenire e contrastare il co...

Un'ulteriore ricerca ha dimostrato che l'uso di marijuana può avere un effetto negativo sulla memoria e sull'apprendimento, anche per giorni o per settimane dopo gli effetti acuti dell'uso della droga...


Analisi e indicazioni ai genitori e ai docenti per prevenire e contrastare il consumo di droghe nelle aule scolastiche. (parte 4)

da Quaderni Cannibali

del 01 ottobre 2007

Gli effetti negativi sul rendimento scolastico e i costi per la società

 

Riportiamo direttamente, in questo contributo, alcune ricerche fornite nella “Scheda sulla marijuana”, destinata dal Dronet www.dronet.org ai genitori, agli insegnanti e agli educatori.

 

 

“Secondo un primo studio gli studenti che fumano marijuana ottengono voti più bassi e hanno meno probabilità di diplomarsi alla fine del liceo rispetto ai loro compagni di classe che non fumano. In un secondo studio poi, di tipo comparato, i ricercatori hanno sottoposto studenti fumatori e non fumatori di marijuana dell’ultimo anno di scuola a prove standardizzate di abilità verbali e matematiche. Nonostante il fatto che tutti gli studenti avessero segnato punteggi uguali quando erano nel quarto anno di scuola, i punteggi erano significativamente più bassi nel 12° anno fra i fumatori rispetto ai non fumatori. In tutte queste ricerche risulta chiaro che la marijuana compromette l'abilità di imparare e ricordare informazioni e che un uso più elevato di cannabis fa sì che la persona sia più soggetta a “rimanere indietro” nell’apprendere nuove abilità intellettuali, scolastiche, di lavoro e sociali. Un’ulteriore ricerca ha dimostrato che l’uso di marijuana può avere un effetto negativo sulla memoria e sull’apprendimento, anche per giorni o per settimane dopo gli effetti acuti dell'uso della droga. Per esempio uno studio condotto su 129 studenti universitari ha riscontrato che fra gli assuntori abituali di marijuana, coloro che avevano fumato la droga in almeno 27 dei 30 giorni prima dello studio, mostravano una peggiore performance nelle abilità critiche riguardo all’attenzione, la memoria e l’apprendimento, e questo continuava anche se non avevano fumato la droga per più di 24 ore. In questo studio, gli utilizzatori abituali di marijuana avevano maggior difficoltà a mantenere ed a spostare la loro attenzione, o immagazzinare, organizzare ed impiegare le informazioni rispetto ai partecipanti allo studio che avevano usato marijuana in non più di 3 dei 30 giorni precedenti. Di conseguenza, è possibile che una persona che fumi la marijuana una volta al giorno diventi sempre meno efficiente intellettualmente. Più recentemente gli stessi ricercatori hanno riscontrato che un gruppo di utenti abituali di marijuana aveva una ridotta capacità di ricordare le parole in una lista anche una settimana dopo il cessato uso di marijuana, mentre le loro abilità di ricordare tornava normale dopo 4 settimane. Un'implicazione di questa scoperta è che, anche dopo un uso pesante e a lungo termine di marijuana, se l’individuo smette di assumere la droga, almeno una parte (ma solo una parte) delle sue capacità conoscitive può essere recuperata. Un’altra ricerca ha fornito ulteriori evidenze sul fatto che gli effetti della marijuana sul cervello a lungo andare possono provocare un deterioramento cumulativo delle abilità importanti per la vita in genere. I ricercatori avevano dato agli studenti dell’ottavo anno una serie di prove per misurare le loro capacità di problem-solving e le abilità emotive. Queste prove venivano poi ripetute con gli stessi studenti arrivati al dodicesimo anno di scuola. I risultati rivelavano che gli studenti che già bevevano alcol e anche fumavano marijuana nell’ottavo anno erano leggermente svantaggiati rispetto ai loro compagni ma questa distanza si era accentuata significativamente giungendo al loro ultimo anno di scuola. L'analisi ha quindi associato l’uso di marijuana, indipendentemente dall’uso di alcol, a una ridotta capacità di ‘self-reinforcement’ (un’insieme di capacità psicologiche che permette all’individuo di mantenere l’autostima e di perseverare nei propri scopi). Di fronte a tutte queste evidenze, e alla diffusione del consumo di cannabis nella scuola, occorre ricordare anche che pedagogisti e statistiche ci danno da tempo il quadro negativo in cui versano i risultati (tra insuccessi e abbandoni) prodotti dalla scuola italiana: «siamo tra i primi in Europa quanto a tassi di abbandono. Su 100 allievi che entrano nei percorsi dell’obbligo poco più di due terzi scollinano dalla scuola secondaria superiore sventolando un titolo finale di studio», ha detto Franco Frabboni, il noto pedagogista preside della facoltà di scienze della formazione dell’Università di Bologna. Ma anche il ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni presentando nel 2006 il programma per il suo mandato ha detto che: «Oggi il nostro problema è quello di quel 25% di 14-18enni che alle superiori ci è andato, ma poi le ha abbandonate o ne è stato espulso. […] Contrastare la dispersione, dunque, significa […] concentrare l’attenzione non solo sulla fascia d’età dei 14-16 anni, ma agire anche prima e anche dopo, accogliendo l’indicazione dell’Unione Europea che considera strategico l’intervento per il conseguimento dei diplomi e delle qualifiche nella fascia di età fino ai 25 anni». I dati relativi proposti dal ministro vanno integrati, poi, con altre statistiche del MPI secondo cui in media 100 mila alunni abbandonano i banchi ad anno scolastico iniziato e 300 mila ragazzi vengono bocciati a giugno. A questi si aggiungono coloro che abbandonano le aule scolastiche a metà anno, coloro che evadono del tutto la frequenza, quelli che pur essendo in età scolare (o addirittura in “obbligo scolastico”) non si sono mai iscritti a scuola o non hanno frequentato neppure un giorno di lezione (senza contare le difficoltà presentate dal 42,1 per cento dei ragazzi delle superiori promossi con debito o a fatica). Anche l’Università è affaticata: secondo l’Istat un giovane su cinque non rinnova l’iscrizione al secondo anno, circa il 40% degli studenti è fuori corso, mentre il 64% dei 289.155 laureati ha concluso gli studi fuori corso. In particolare, tra gli studenti che hanno concluso una laurea triennale si registra un’alta quota di laureati in corso (58,8%), mentre tra coloro che hanno terminato un corso di laurea lungo appena il 15,3% si è laureato nei tempi previsti. Interessante poi è ricordare a fianco delle statistiche sull’insuccesso e l’abbandono scolastico quelle relative al consumo di cannabis: da un lato: 300 mila i ragazzi bocciati a giugno, 100 mila gli abbandoni – e dall’altro: almeno 75 mila gli studenti quotidiani di cannabis, 145 mila quelli che usano sostanze combinate (con cannabis nel 98% dei casi), cui vanno aggiunti: un terzo della popolazione totale degli studenti che ha fumato almeno una volta nella vita, il 24% che ne ha fatto uso negli ultimi 12 mesi e il 15% che ne ha fatto uso negli ultimi 30 giorni. Si tratta di valutare con opportuni strumenti di monitoraggio qual è, rispetto a questa realtà di insuccesso e dispersione scolastica, il ruolo della cannabis, la droga più diffusa presso gli studenti, che potrebbe risultare la causa di un danno con gravi costi umani, sociali (dal punto di vista produttivo ed economico) e a livello di perdita di risorse intellettuali cui la nostra comunità potrebbe invece disporre. Anche considerando che in relazione agli obiettivi di “Lisbona 2010” in termini di formazione e istruzione, che il Consiglio Europeo ha previsto per gli stati membri dell’UE (ridurre la dispersione scolastica del 10%, portare all’85% il tasso di diplomati nei vari Stati, aumentare del 15% il numero di laureati in matematica, scienze e tecnologie, aumentare del 20% la capacità di lettura dei quindicenni) per l’Italia il ritardo è, secondo gli studiosi, superiore rispetto alle statistiche medie di tutta l’UE.

 

 

Antonello Vanni

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