Anche Dio voleva un figlio, voleva che la bella e drammatica vita umana potesse essere vissuta nella grandezza della Trinità. Amava tanto l'uomo che non si poteva più accontentare di mandare angeli o di incaricare profeti per dir loro il suo amore appassionato.
del 01 gennaio 2002
Una clinica, la banca del seme, un po’ di ovuli imprestati, garanzia assoluta, razza e colore desiderati, nove mesi di monitoraggio quasi a vista ed ecco il figlio che assolutamente volevi. Non hai dovuto entrare a patti con nessuno, hai solo dato la stura in sequenza a tutti i tuoi diritti. Questo mi spetta, quest’altro fa parte della mia dignità di donna che vuol diventare madre, questo è un fatto del tutto personale e privato in cui nessuno deve intervenire a legiferare, il corpo è mio e lo gestisco come mio inviolabile diritto. Ho una casa, ho una culla, ho una infinita voglia di accarezzare e baciare, di stringere e di coccolare. Mi faccio un figlio.
I desideri di Dio
Anche Dio voleva un figlio, voleva che la bella e drammatica vita umana potesse essere vissuta nella grandezza della Trinità. Amava tanto l’uomo che non si poteva più accontentare di mandare angeli o di incaricare profeti per dir loro il suo amore appassionato. Ma Dio non accampa diritti, il suo desiderio di avere un Figlio passa nelle trame delicate dell’amore. All’inizio è l’amore trinitario: «Chi manderò io e chi andrà per noi»? È la domanda che apre nell’amore assoluto di Dio una risposta di generosità infinita: «Eccomi manda me», dice il figlio, disponendosi a diventare uomo, desiderando mostrare all’uomo la bontà immensa del Padre, la sua delicatezza infinita per l’uomo, la sua attesa di un compimento della creazione, bloccata dal peccato. Nella risposta del Figlio comincia a risuonare quell’abbà, papà, che caratterizzerà la vita di Gesù.
Ha bisogno di una madre
Ma l’amore di Dio ha ancora un altro delicato percorso da fare. Avrebbe a disposizione tutto il creato per realizzare i suoi piani, ma vuol avere bisogno di una madre e si mette nelle mani di una ragazza ebrea. Pensata da sempre, pura da sempre, ombra di peccato non ha, non sta invischiata nella fila del contagio del male. Dio l’ha nella sua mente da sempre, ma l’ha pensata libera: ha la bellezza di un diamante, ma è viva; ha lo splendore di un capolavoro, ma non è una statua, è una persona. E Dio di fronte alla libertà della persona umana ha un imperativo assoluto: non la tocca, non la toglie, non la riduce, ma la esalta sempre. Questo grande rispetto della libertà dell’uomo gli costerà la passione e la morte di Gesù, gli costa ogni giorno il cumulo di sofferenze degli uomini, gli odi, le guerre, i terrorismi, le ritorsioni, il male nella sua oscurità.
Il sì di Maria e di Giuseppe
Ebbene Dio manda un angelo a Maria: va’ e chiedile la libertà massima di diventare Madre di Gesù. E lei dice: «Eccomi, sì, con tutta la mia vita». E a Giuseppe, lo sposo di Maria chiede l’impossibile, ma glielo chiede: «Giuseppe, non temere, è da sempre che sto pensando alla tua onestà, alla tua giustizia, alla tua grinta, al dolcissimo amore che ti lega a Maria. Mi ha affascinato la tua delicatissima relazione con Maria. In questo vostro amore meraviglioso, noi, la Trinità, vogliamo deporre Gesù, il Figlio di Dio. Quel bambino è la Parola, che era fin dal principio, è il nostro essere persona umana».
Una storia di amore
Ogni amore umano tra uomo e donna chiama in causa l’amore di Dio, ne è una degna, ma velata immagine. È Dio che si dà a vedere nell’intensità di amore tra i due. Per Giuseppe e Maria in questo amore non c’è solo l’immagine, ma compare proprio Lui, la sorgente dell’amore, il suo senso, la completezza, la pienezza, Gesù.
Quel bambino di gesso che depositeremo nel presepio è solo il simbolo di questa storia infinita di amore, questo intreccio di volontà e di attese, di dialoghi e di accoglienza. La nostra vita umana, tutta la nostra biotecnologia ha continuamente da misurarsi sull’amore, se vuol continuare a essere vita.
mons. Domenico Sigalini
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