Sottolineare la responsabilità degli adulti non significa sollevare i minorenni da qualsivoglia dovere. Al contrario, è precisa responsabilità degli adulti saper affidare loro, in modo progressivo e proporzionato all’età, compiti e sfide via via più impegnative...
del 24 giugno 2019
Sottolineare la responsabilità degli adulti non significa sollevare i minorenni da qualsivoglia dovere. Al contrario, è precisa responsabilità degli adulti saper affidare loro, in modo progressivo e proporzionato all’età, compiti e sfide via via più impegnative...
La parola chiave che la Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza ha scelto per la sua annuale relazione al Parlamento, presentata due giorni fa davanti al Presidente della Repubblica, è stata responsabilità. Quello di Filomena Albano è stato un richiamo forte alla responsabilità degli adulti nei confronti dei bambini e dei ragazzi, chiesto in un certo senso da loro stessi. Che hanno detto di aver bisogno di «spalle forti su cui salire». Perché se è vero che la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha avviato una “rivoluzione culturale”, «elevando la persona di minore età da oggetto di protezione a soggetto titolare di diritti, non più “minore” rispetto ad un “maggiore”», con il comparire sulla scena con progressiva forza di un nuovo soggetto, la persona di minore età, attiva, partecipe, che va ascoltata, informata e rispettata e con una mutata relazione tra minorenni e adulti, altrettanto vero è che «l’impressione è che sia in atto uno sbilanciamento nel senso opposto a quello cui si voleva porre rimedio. Rinunciare all’“autorità” pare talvolta aver comportato una più radicale rinuncia al ruolo di guida nei confronti dei più piccoli, quasi che l’aver riconosciuto loro dei diritti li abbia automaticamente resi capaci di orientarsi da soli nel mondo». La Garante denuncia così «quasi un’eccessiva parificazione tra generazioni, un azzeramento delle distanze, un livello di autonomia eccessivo, che si traduce troppo spesso, di fatto, in una grande solitudine: nelle scelte, nel comprendere le cose del mondo, nel vivere il quotidiano». Un tema su cui già più volte, su Vita, si è soffermato Ernesto Caffo, il Presidente di Telefono Azzurro.
Rinunciare all’autorità pare talvolta aver comportato una più radicale rinuncia al ruolo di guida nei confronti dei più piccoli, quasi che l’aver riconosciuto loro dei diritti li abbia automaticamente resi capaci di orientarsi da soli nel mondo
Filomena Albano
Responsabilità quindi «degli adulti, i quali – siano essi genitori, comunità, istituzioni – sono chiamati sì ad ascoltare i bisogni ma poi, immediatamente dopo, sono chiamati a esercitare il loro ruolo di ‘grandi’, compiendo scelte, indicando strade e ponendo limiti. L’individuazione di diritti in capo a bambini e adolescenti non esautora gli adulti dal loro ruolo ma lo rende anzi più urgente ed esigente. Sottolineare la responsabilità degli adulti non significa sollevare i minorenni da qualsivoglia dovere. Al contrario, è precisa responsabilità degli adulti saper affidare loro, in modo progressivo e proporzionato all’età, compiti e sfide via via più impegnative, in un’ottica di responsabilizzazione educativa, ma senza abbandonarli di fronte alla complessità della vita. Non lasciamoli soli». Un appello forte e bello. Ai genitori, agli educatori, alle istituzioni.
Tanti sono i temi su cui questa responsabilità deve essere attuata in maniera più urgente. La Relazione cita i tanti fronti sui cui l’Autorità Garante è stata direttamente impegnata nell’anno passato e individua sette ambiti prioritari di intervento, sette “cantieri aperti” che vanno dal cyberbullismo alle separazioni, dai minori stranieri non accompagnati alle violenze sui minori da prevenire e contrastare.
Ma oviamente la Relazione della Garante è anche un fare il punto della situazione dell'Infanzia e dell'Adolescenza in Italia, non solo un report sulle attività svolte. Una urgenza assoluta e una priorità per il nostro Paese è senza dubbio – ce lo ha ripetuto ancora una volta pochissimi giorni fa l’Istat – la povertà dei minori. Povertà materiale ed educativa.
Lo ha ricordato anche la Garante Infanzia nella sua introduzione: «In questi anni la povertà è aumentata soprattutto nelle famiglie con più figli e cresce all’aumentare del loro numero. Per un bambino essere povero significa non solo non avere una casa o cibo adeguati ma significa anche non potersi curare, essere privato delle opportunità educative dei suoi coetanei, essere più solo perché costretto a rinunciare a importanti occasioni di socializzazione, in definitiva essere privato non solo del presente ma anche del futuro. Per un bambino che nasce in una famiglia in difficoltà, oggi, è sempre più difficile riscattarsi. Per questo le misure di contrasto devono essere affiancate da interventi strutturali e coordinati, e da un ampliamento dell’offerta educativa e sociale: scuole aperte al territorio, sostegno alla genitorialità e contrasto alla dispersione scolastica, anche attraverso il rafforzamento del raccordo tra uffici scolastici, servizi sociali e uffici giudiziari».
Qualcuno la responsabilità su questo se l’è presa: il fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Nato da un’intesa tra le fondazioni di origine bancaria rappresentate da Acri, il Forum Nazionale del Terzo Settore e il Governo che ha preso forma nel 2016, il fondo sostiene interventi finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori. Sul piatto, allo scopo, 360 milioni di euro per i primi tre anni più altri più altri 55 l’anno per il secondo triennio (la proroga del fondo sperimentale, per nulla scontata, è arrivata con la legge di bilancio 2018 e sta di diritto tra le norme importanti arrivate sul tema durante l'anno). L’impresa sociale Con i Bambini - che fin dal nome scelto risponde all'appello "non lasciamo i bambini soli" - soggetto attuatore del Fondo, ad oggi ha sostenuto 270 progetti, quasi tutti ormai avviati, che vedono impegnati oltre 6.400 organizzazioni fra soggetti di Terzo settore, istituti scolastici, amministrazioni pubbliche e che coinvolgeranno, a regime, oltre 400 mila minori. Si tratta del più grande e innovativo intervento attuato in Italia contro la povertà educativa minorile, con una importantissima verifica dell’impatto delle azioni messe in atto. Qualcosa davvero di grande e un processo che tra l’altro, sta provocando una ripresa di attenzione sul tema della povertà educativa in tutto il Paese, animando nei territori un dibattito culturale e politico attorno alle nescenti comunità educanti.
Di tutto questo lavoro non c’è nemmeno un cenno nelle pagine della Relazione della Garante e il Consiglio di Amministrazione di Con i Bambini, che «nella seduta del 20 giugno 2019 ha preso in esame il Rapporto al Parlamento presentato il 19 giugno dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza», lo sottolinea esprimendo «all’unanimità sorpresa e disappunto», tanto più che «la presentazione del Rapporto 2018 ha costituito un’importante occasione di richiamo alle responsabilità delle istituzioni, delle forze politiche e sociali e dell’opinione pubblica su uno dei problemi più rilevanti per superare le diseguaglianze che si manifestano tra i minori e per lo sviluppo del nostro Paese. Occasione tanto più importante per la significativa presenza del Capo dello Stato e del Presidente della Camera dei Deputati»: «nelle 285 pagine del rapporto che danno conto, in diverse sezioni ed in modo molto articolato, di numerose iniziative assunte da diversi soggetti, non c’è traccia di questo lavoro e neppure il riferimento alla norma (comma 250-bis della legge di bilancio 2018) che proroga per un triennio il meccanismo di cofinanziamento e quindi gli interventi del Fondo».
Tantissime volte abbiamo sentito dire come sulle politiche per l’infanzia ci sia troppa frammentazione e ormai anche poca capacità di innovazione e di rispondere ai bisogni. Una volta che abbiamo qualcosa da valorizzare, crediamoci. Tutti.
Sara De Carli
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