Non può attribuirsi alla natura religiosa di un’attività una valenza negativa tale da renderla vietata o intollerabile unicamente perché espressione di una fede religiosa...
del 29 marzo 2017
Non può attribuirsi alla natura religiosa di un’attività una valenza negativa tale da renderla vietata o intollerabile unicamente perché espressione di una fede religiosa...
Le sentenze dei giudici si rispettano. La scuola, per prima, dovrebbe insegnarlo. Ma quando queste toccano temi “sensibili”, l’ideologia vuole avere l’ultima parola, purtroppo per bocca degli stessi docenti. E’ questo il triste, paradossale spettacolo con cui è stata accolta a Bologna la sentenza del Consiglio di Stato che, ribaltando la decisione del Tar dell’Emilia Romagna, ha sancito la vittoria del sì alle benedizioni scolastiche a scuola.
“Una sentenza ridicola” ha dichiarato al Resto del Carlino uno degli insegnanti del fronte del no, mentre la sua collega annunciava il ricorso alla Corte Europea dei diritti umani. Addirittura.
Per il momento gli unici diritti ad essere calpestati sono quelli della maggioranza assoluta degli insegnanti, alunni e genitori del Comprensorio numero 20 del centro cittadino, formato dalle elementari Fortuzzi e Carducci e dalle medie Rolandino, da cui è partita tutta la vicenda, di per sé piuttosto squallida oltre che paradossale, alla vigilia delle benedizioni pasquali del 2015. Una telenovela finita anche sulle pagine del New York Times. Perché allora ad opporsi alla decisione del Consiglio d’Istituto, che a maggioranza aveva autorizzato le benedizioni a scuola fuori dall’orario scolastico e solo in presenza dei genitori, erano stati “quattro gatti”, ovvero 11 insegnanti e 7 genitori in un plesso storico che conta centinaia di allievi, alla faccia delle più elementari regole della democrazia.
Appoggiati dal Comitato Scuola e Costituzione, in un clima scolastico che ognuno può bene immaginare, questi avevano fatto ricorso al Tar regionale, che aveva annullato la delibera. Oggi la sesta sezione del Consiglio di Stato presieduta da Sergio Santoro, accogliendo il ricorso dello stesso Ministero dell’Istruzione, afferma che le benedizioni a scuola, fuori dall’orario delle lezioni e facoltative, sono legittime in quanto il rito non può “in alcun modo incidere sullo svolgimento della didattica e della vita scolastica in generale”, non diversamente da altre attività parascolastiche.
Secondo i giudici il rito “ha senso in quanto celebrato in un luogo determinato, mentre non avrebbe senso (o, comunque, il medesimo senso) se celebrato altrove; e ciò spiega il motivo per cui possa chiedersi che esso si svolga nelle scuole, alla presenza di chi vi acconsente e fuori dall'orario scolastico, senza che ciò possa minimamente ledere, neppure indirettamente, il pensiero o il sentimento, religioso o no, di chiunque altro che, pur appartenente alla medesima comunità, non condivida quel medesimo pensiero e che dunque, non partecipando all'evento, non possa in alcun senso sentirsi leso da esso".
Più chiaro di così. Basta coi piagnistei di chi si appella a un presunto “rispetto” dei bambini di fede diversa, che possono tranquillamente andarsene a casa e non partecipare. Anche perché, continua la sentenza "non può logicamente attribuirsi al rito delle benedizioni pasquali un trattamento deteriore rispetto ad altre diverse attività parascolastiche non aventi alcun nesso con la religione".
Ma il nodo della decisione dei giudici riguarda proprio la valenza del rito. E qui entrano davvero nel merito della questione. “Per un elementare principio di non discriminazione”, sostengono citando l’articolo 20 della Costituzione, “non può attribuirsi alla natura religiosa di un’attività una valenza negativa tale da renderla vietata o intollerabile unicamente perché espressione di una fede religiosa, mentre, se non avesse tale carattere, sarebbe ritenuta ammissibile e legittima”.
“Una decisione saggia, equilibrata e rispettosa della vera laicità della scuola, che non può essere mai contro qualcuno”, fanno sapere dalla Curia bolognese guidata dall’arcivescovo Matteo Zuppi.
Le benedizioni a scuola allora si faranno? Non c’è da scommetterci, nonostante la vittoria del sì che rischia di restare solo sulla carta.
Nel frattempo la dirigenza delle scuole coinvolte è cambiata. La Pasqua si avvicina e la nuova preside ha fatto sapere che, in presenza di una richiesta, dovrebbe nuovamente convocare il Consiglio d’Istituto mentre i maestri del fronte del no annunciano battaglia e in ogni caso contano sul tratto “non divisivo” della politica del nuovo arcivescovo.
Le famiglie, naturalmente, potrebbero alzare la voce, ma non è detto che lo facciano, proprio per la serenità dei loro figli. Con buona pace della valenza educativa degli insegnanti che, impunemente, tacciano di ridicolo le sentenze dei giudici.
Simonetta Pagnotti
http://www.famigliacristiana.it
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