L'allarme arriva anche dal patriarca di Babilonia dei caldei, monsignor Louis Sako: "Ci sono 100.000 cristiani sfollati che sono fuggiti senza portare via niente, solo con gli abiti che avevano indosso, alcuni di loro a piedi, per raggiungere il Kurdistan", ha detto alla France Presse.
"I jihadisti del califfato sono arrivati in forze ieri sera (mercoledì, ndr) alle 11 e con gli altoparlanti hanno imposto alla popolazione di abbandonare le loro case così come erano. La gente è stata costretta a scappare in pigiama". È la drammatica testimonianza all'agenzia Fides di suor Luigina delle Suore Caldee Figlie di Maria Immacolata sulla cacciata degli abitanti dai villaggi cristiani della valle di Ninive. I jihadisti dello Stato Islamico si sono mossi nella notte dopo il ritiro del peshmerga curdi e hanno conquistato Qaraqosh, la principale città cristiana dell'Iraq, che si trova tra Mosul, ormai in mano ai jihadisti, e Erbil, la capitale della regione curda. In tempi normali ha una popolazione di circa 50mila persone, ma da mesi accoglieva anche i profughi cristiani fuggiti da Mosul.
L'allarme arriva anche dal patriarca di Babilonia dei caldei, monsignor Louis Sako: "Ci sono 100.000 cristiani sfollati che sono fuggiti senza portare via niente, solo con gli abiti che avevano indosso, alcuni di loro a piedi, per raggiungere il Kurdistan", ha detto alla France Presse. Gli estremisti sunniti dell'Isis hanno anche "tolto le croci dalle chiese e bruciato antichi manoscritti". "Oggi c'è un vuoto - osserva Sako ai microfoni di Radio Vaticana -. Il governo non ha le forze per controllare il Paese, non c'è un vero esercito, a differenza della Siria. Qui i curdi si stanno ritirando, hanno solo armi leggere. Oggi ci sono migliaia di persone in cammino lungo la strada. Sono donne, anziani, bambini: occorre mobilitare l'opinione pubblica e le società di tutti i Paesi, questa è una catastrofe umanitaria".
"Apprendo ora che le città di Qaraqosh, Tal Kayf, Bartella e Karamlesh, si sono svuotate della popolazione e ora sono il controllo dei miliziani", riferisce allarmato Joseph Thomas, arcivescovo caldeo di Kirkuk e Sulaimaniyah. "È una catastrofe, una situazione tragica. Chiediamo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di intervenire immediatamente: mentre noi parliamo decine di migliaia di persone terrorizzate sono in fuga", ha proseguito l'arcivescovo. "È terribile, non si può raccontare".
“Questa notte sono entrati nella piana di Nineve gli uomini dell’autoproclamato Califfato e hanno cacciato via le migliaia di cristiani che vivono nei villaggi della zona” riferisce all’agenzia Fides il cardinaleFernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. “I cristiani hanno dovuto abbandonare tutto, persino le scarpe, e scalzi sono stati instradati a forza verso l’area del Kurdistan. La situazione dei cristiani cacciati è disperata perché ad Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno, non sono intenzionati ad accoglierli perché non sanno come ospitare queste migliaia di persone”. “Queste notizie mi sono state riferite dalle suore caldee Figlie di Maria Immacolata” precisa il cardinale Filoni, che in precedenza era stato Nunzio Apostolico in Iraq e conosce la situazione del Paese. “Siamo di fronte ad una grave situazione umanitaria. Queste persone sono lasciate a loro stesse di fronte ad un confine chiuso e non sanno dove andare. Già si contano i primi morti, tre o quattro ragazzi hanno perso la vita. Occorre intervenire subito in loro aiuto” conclude il cardinale che lancia un appello alla comunità internazionale.
Nella notte si è vuotata anche Tal Kayf, che ospita una popolosa comunità cristiana ma anche membri della minoranza sciita shabak. "Tal Kayf è ora nelle mani dello Stato Islamico. Non hanno trovato alcuna resistenza e sono entrati subito dopo la mezzanotte", ha raccontato un residente, Boutros Sargon, anche lui fuggito e raggiunto telefonicamente ad Erbil. "Ho sentito alcuni spari ieri sera e quando mi sono affacciato, ho visto un convoglio militare dello Stato Islamico. Gridavano 'Allah Akbar', 'Dio è grande'".
Il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, ha annunciato che la Francia ha chiesto una riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza dell'Onu per discutere l'avanzata delle truppe jihadiste sunnite dello Stato Islamico nel nord dell'Iraq. Mentre i vescovi anglicani hanno chiesto al governo di Londra di offrire asilo in Gran Bretagna ai cristiani in fuga dai jihadisti. Secondo i vescovi britannici la Gran Bretagna ha il "dovere morale" di accoglierli, anche per il ruolo che Downing Street ebbe nel 2003 nell'invasione dell'Iraq, un'invasione che ha creato anni di instabilità che hanno portato all'attuale insurrezione islamista.
Il vice ministro degli Esteri Lapo Pistelli in visita nel Paese ha lanciato un appello affinché la comunità internazionale sostenga il governo regionale curdo contro i miliziani jihadisti. "La politica misura il tempo in mesi e settimane, ma le comunità della piana di Ninive, nel nord dell'Iraq misurano il tempo in giorni e ore", ha detto il vice ministro. "Da Erbil e dai quartieri che generosamente stanno ospitando migliaia di cristiani in fuga - ha aggiunto Pistelli - siamo obbligati a chiedere alla comunità internazionale un sostegno rapido e tangibile per il governo regionale curdo e per i peshmerga, guardia nazionale curda, sostanzialmente soli nella gestione di un fronte militare lungo più di 1000 chilometri e soli nel tentativo di liberare alcune comunità intrappolate in condizioni sempre più disperate, come gli yazidi scappati da Sinjar".
La reazione più forte, seppur non ufficiale, sembra arrivare in serata dalla Casa Bianca: secondo il New York Times il presidente Obama sta considerando l'ipotesi di interventi aerei per mettere in salvo le minoranze cristiane. Non è ben chiaro se si tratterebbe di bombardamenti oppure di lanci con il paracadute di generi di prima necessità. Quel che è certo, ha fatto sapere il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest, è che In Iraq "siamo vicini a una catastrofe umanitaria. La situazione delle minoranze religiose è allarmante e gli Stati Uniti sono molto preoccupati e pronti ad aiutare il governo iracheno nell'affrontare questa emergenza".
Redazione Avvenire
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