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Capitolo 13

Carità di D. Bosco nel visitare gli infermi in città: sollievo che loro procura; come tranquillizza le loro coscienze - Sue maniere nel disporre un ammalato a morire - Ad una signora, ridotta agli estremi e risanata dalla sua benedizione, predice che farà il suo purgatorio in questo mondo - Predizione di morte: un sogno; uno spettro; la citazione ad un giovane per l'eternità; una bara - Essendo morto un alunno D. Bosco annunzia non essere costui quello del sogno, del cui nome svela la lettera iniziale.


Capitolo 13

da Memorie Biografiche

del 01 dicembre 2006

Don Bosco continuava ad esercitare le sue opere di carità anche fuori dell'Oratorio, specialmente nel visitare gli infermi. Andando nei palazzi, o nelle case dei borghesi e dei poveri, se veniva a sapere che vi fossero degli ammalati, appartenenti alla famiglia del padrone, o alla servitù, chiedeva di vederli per dir loro una parola di conforto spirituale. Era così conosciuta questa sua costumanza, che era chiamato sovente al loro letto.

“ Gli infermi, così la cronaca di D. Bonetti, sembrano essere sollevati dai loro mali, quando possono avere D. Bosco vicino, e lo desiderano quasi per essere più sicuri del paradiso. La contessa Lazzari trovandosi costretta al letto oggi, 14 marzo, venerdì, lo mandò a chiamare nell'Oratorio. Il domestico non avendolo trovato a casa, sapendo quanto viva fosse l'impaziente aspettazione della sua signora, chiese in qual parte di Torino avrebbe potuto rintracciarlo; ed essendogli indicata si recò in fretta da lui e lo condusse presso la contessa. Quell'ottima signora e fervente cristiana si consolò al vederlo, e pretendeva ad ogni costo, che D. Bosco le dicesse se morendo in quello stato, ella sarebbe andata in paradiso; e gli domandava: - Le mie confessioni sono state tutte buone? - Sorrideva D. Bosco vedendo come la signora lo credesse da tanto, ma egli, come disse aver fatto in altre simili circostanze, cercò in bel modo di svignarsela, facendo qualche interrogazione da porlo in grado di metterle il cuore in pace ”.

Anche agli infermi aggravati molto dal male D. Bosco sapeva porgere inestimabile conforto.

“ Il giorno 16 marzo, parlando della morte a noi chierici, fece notare come questo passo tremendo avesse spaventati anche i più buoni, anzi i più gran santi. - Io però, egli disse, quando vado a vedere qualche ammalato grave non istò a dirgli che bisogna prepararsi, che può essere che non muoia e guarisca: son modi che non diminuiscono punto l'affanno della morte. Io invece gli fo' notare che siamo nelle mani di Dio, che è un padre il più buono che ci sia, che veglia di continuo al nostro bene e sa quel che è meglio per noi e quello che non lo è. Perciò lo esorto ad abbandonarsi nelle sue mani, come un figlio si abbandona nelle mani di suo padre ed a stare quivi tranquillo. In questo modo l'ammalato resta sollevato da quell'affanno di morte, trova un supremo piacere nel pensare che la sua sorte è nelle mani di Dio, e sta in pace e si prepara aspettando quello che nella sua bontà infinita voglia disporre di lui ”.

Ma presso il letto de' sofferenti D. Bosco arrecava ben altro di pi√π che parole di conforto e di consolazione. La signora Delfina Marengo ci scrisse:

Nell'inverno dell'anno 1962 mia madre, che allora contava quarant'anni, cadde gravemente ammalata di tifo e polmonite e dopo circa due mesi di malattia fu ridotta in fin di vita. Ricevuti i Sacramenti, compreso quello dell'estrema unzione, fu visitata dal servo di Dio D. Bosco per desiderio ed invito del teologo Felice Golzio confessore dell'inferma.

Appena D. Bosco si avvicinò al letto, affabilmente le domandò come si sentisse, e lei, che conservava piena lucidità di mente, lo riconobbe e lo ringraziò. Allora il sant'uomo fece recitare a me ed a mia sorella tre Ave Maria assieme con Lui, finite le quali si volse a me, che ero la maggiore e mi disse: Sta di buon animo; tua madre non morrà, perchè voi due siete troppo giovani e anche avete bisogno grande di lei. - Poi volto all'inferma soggiunse: - Però io ho detto al Signore che le faccia fare qui il suo purgatorio; adunque non si meravigli se sarà molto tribolata. - Mia madre, che era una santa donna, con un filo di voce rispose. - Io voglio fare la volontà di Dio! - E D. Bosco: - Così va bene. - La benedisse e partì.

Da quel punto mia madre cominciò a migliorare e all'indomani domandò al medico il permesso di succhiare uno sparagio. Il dottore che si era meravigliato di trovarla ancora viva, mettendole la mano al polso, le rispose: - Non uno sparagio, ma un pezzetto di pollo. La convalescenza fu lunga e difficile, ma la guarigione perfetta, tanto che per trent'anni circa non cadde più ammalata.

Le sue tribolazioni furono abbondanti massime per il morale, e ogni volta che se ne presentava una nuova, mia madre soleva dire celiando: - Ecco un biglietto di visita di D. Bosco.

Quando venne per lei il momento della morte, che la rapì a settantacinque anni, il sacerdote D. Valimberti, vice parroco del Carmine che l'assistette, senza sapere niente di ciò che D. Bosco aveva detto tanti anni prima, mi consolò dicendomi, che per quanto a lui sembrava mia madre aveva fatto il suo Purgatorio in questo mondo e che c'era fondamento a sperare che fosse subito andata in Paradiso.

D. Bosco non era meno meraviglioso nell'Oratorio. “ Il 21 marzo alla sera, scrive D. Bonetti, saliva la piccola cattedra per dare la buona notte ai giovani. Rimasto qualche istante in silenzio, quasi per prendere un po' di respiro, incominciò:

Debbo raccontarvi un sogno. Figuratevi l'ora della ricreazione nell'Oratorio, che risuona di grida animatissime e liete. Mi sembrava di essere appoggiato alla finestra della mia camera e di stare osservando i miei giovani che nel cortile andavano, venivano, si divertivano allegramente giuocando, correndo, saltando. Quando udii un gran strepito alla soglia della porteria e rivolti colà i miei sguardi, vidi entrare nel cortile un personaggio, alto di statura, colla fronte spaziosa, cogli occhi stranamente infossati, con lunga barba bianca e con pochi capelli pur essi candidi, che dal capo calvo ondeggianti gli scendeano sugli omeri. Pareva avvolto in un lenzuolo funereo che colla mano sinistra teneva stretto al corpo e nella mano destra aveva una fiaccola con fiamma fosco - azzurra. Camminava a passi lenti e gravi. Talora si fermava e chino il capo e la persona, andava miranda attorno come chi cerca qualche cosa perduta. Percorse così il cortile facendo alcuni gin e passando in mezzo ai giovani che continuavano la loro ricreazione. Io stupefatto, non sapendo chi mai fosse, non lo perdeva di vista. Arrivato là ove presentemente si entra nel laboratorio dei falegnami, si ferma avanti ad un giovane che era in atto, di avventarsi contro uno della parte avversa, giuocando bara rotta, e steso il suo lungo braccio avvicina la fiaccola alla faccia del giovine. - È  proprio costui - disse; e chinò e sollevò bruscamente per due o tre volte il capo, Senz'altro lo fermò in quell'angolo e gli presentò un biglietto, che trasse dalle pieghe del mantello. Il giovane prese il biglietto, lo aperse, lesse e intanto cangiava colore e diveniva pallido e domandò. - E quando? Presto o tardi?

E quel vecchione con voce sepolcrale rispose: - Vieni; l'ora per te è suonata.

 - Almeno posso continuare il giuoco?

 - Anche giuocando puoi essere sorpreso. - Con ciò indicava una morte improvvisa. Il giovane, tremava, voleva parlare, scusarsi, ma non poteva. Allora lo spettro, lasciando cadere un lembo della sua veste indicò colla sinistra mano il porticato: - Là, vedi? disse al giovane; quella bara è per te. Presto vieni. - Si vedeva la cassa posta nel mezzo del portone che mette nell'orto. - Non son preparato, sono ancora troppo giovane, andava gridando il giovane. Ma l'altro senza più proferire parola, più in fretta di quello che era entrato, se ne uscì dall'Oratorio.

Uscito lo spettro, mentre io andava ripensando chi mai fosse, mi sono svegliato.

Da quello che ho detto, voi già potete arguire che uno di voi deve prepararsi, perchè il Signore lo chiamerà presto all'eternità. Io che fui spettatore di quella scena, so chi è costui e lo conosco perchè ho visto quando gli fu da quello sconosciuto presentato il biglietto; egli è qui presente che mi ascolta; ma non lo dirò a nessuno, finchè egli sia morto. Non tralascerò però nulla di ciò che posso per prepararlo a ben morire. Ora ciascuno ci pensi, perchè mentre egli dice: - Chi sa chi sia questo tale ! - può essere egli stesso. Io vi ho detto la cosa come sta, perchè se ciò non avessi fatto, il Signore mi avrebbe poi domandato conto, dicendomi; - Cane! perchè non abbai quando è tempo? - Ognuno vi pensi a mettersi in buono stato e specialmente in questi tre giorni che restano ancora della novena della SS. Annunziata. Si facciano preghiere speciali per questo fine e ciascuno in questi tre giorni dica almeno una Salve a Maria SS. per quel tale che deve morire. Cosi egli all'uscir di questa vita troverà poi parecchie centinaia di Salve, che gli saranno di grande aiuto.

” Sceso dalla cattedra alcuni gli domandarono in privato che ei dicesse almeno, giacchè non voleva dire chi fosse costui, se presto o tardi dovesse morire. Rispose che non avrebbe sicuramente passato due solennità che incominciassero per la lettera P. - Potrebbe darsi soggiunse che egli non ne passasse nè anche più una, e morisse di qui a due o tre settimane.

” Questo racconto aveva messo un brivido per le vene di tutti, ognuno temendo di essere quel tale. Come già altre volte ciò fece un grandissimo bene e siccome ciascheduno pensava ai fatti suoi, all'indomani le confessioni incominciarono ad essere assai più numerose dell'usato ”.

Molti giovani per più giorni si appressarono a D. Bosco interrogandolo per conto proprio, cioè se fossero essi i destinati a morire. Vive durarono le insistenze, ma D. Bosco deviava i discorsi e nulla disse. Due idee restavano intanto fisse nella mente. Che quella morte sarebbe stata improvvisa: che accadrebbe prima che si celebrassero le due solennità il cui titolo incomincia colla lettera P cioè Pasqua e Pentecoste. La prima cadeva in quest'anno il 20 di aprile.

“ Nell'Oratorio vi era una grande aspettazione, quando il mercoledì 16 aprile, continua la cronaca di D. Bonetti, moriva a casa sua il giovane Fornasio Luigi di Borgaro Torinese in età di 12 anni. Sonvi alcune cose da notare a suo riguardo. Quando D. Bosco disse che uno doveva morire, questo giovane sebbene dapprima non cattivo, prese a condurre una vita veramente esemplare. Nei primi giorni domandava a D. Bosco che gli lasciasse fare la confessione generale. D. Bosco non voleva perchè l'aveva già fatta una volta, ma egli avendogli chiesto di udirlo, come per grazia speciale gli fu concesso. La fece in due o tre volte. In quel giorno stesso che chiese tale grazia o nel giorno in cui incominciò la confessione, incominciò pure a non sentirsi bene; stette alcuni giorni all'Oratorio sempre incomodato. Venuti due suoi fratelli a vederlo e saputo del suo malessere, chiesero a D. Bosco che lasciasse andare Luigi a casa, per qualche tempo. Don Bosco diede il permesso. In quel giorno stesso o il giorno prima, Fornasio aveva finito di fare la sua confessione generale ed aveva ricevuta la S. Comunione. Andò a casa, stette ancora alcuni giorni alzato, ma poi si coricò. Il male si fece grave, lo prese nel capo, gli tolse la parola e a pochi intervalli lasciavagli l'uso della ragione. Fatto sta che non potè più nè confessarsi, nè comunicarsi. Il buon padre Don Bosco andò a Borgaro per vederlo. Fornasio ancor lo riconobbe, voleva parlare, e non potendo, pel dolore si mise a piangere e con esso tutta la sua famiglia. Il giorno dopo moriva.

” Giunta nell'Oratorio la notizia di questa morte, varii chierici domandarono a Don Bosco se Fornasio fosse colui che aveva nel sogno ricevuto quel biglietto, e il Servo di Dio, lasciò travedere non essere lui. Nondimeno alcuni in questo giorno tenevano che la profezia si fosse adempiuta in Fornasio.

” In questa stessa sera (16 aprile) D. Bosco annunziò agli alunni e descrisse quella morte, facendo osservare che dava a tutti una grande lezione. - Chi ha tempo non aspetti tempo: non lasciamoci ingannare dal demonio colle speranze di aggiustare le cose dell'anima nostra al punto di morte. Interrogato pubblicamente se Fornasio fosse colui che doveva morire, rispose che per allora voleva dir nulla. Soggiunse però essere costume nell'Oratorio che i giovani muoiano a due a due, e che uno chiami l'altro: e perciò stessimo noi ancora in guardia, e mettessimo bene in pratica l'avviso del Signore, di star preparati. Estote parati quia qua hora non putatis filius hominis veniet.

” Sceso dalla cattedra disse chiaramente in privato a qualche prete e chierico non essere Fornasio quegli che nel sogno aveva dallo spettro ricevuto il biglietto.

” Il 17 di aprile in tempo di ricreazione dopo il pranzo D. Bosco era in cortile circondato da un numero di giovani, i quali curiosamente lo interrogavano: - Ci dica il nome di chi deve morire! - D. Bosco sorridendo faceva segno col capo che non lo avrebbe detto. Ma i giovani insistevano:

” - Se non lo Vuol dire a noi lo dica almeno a D. Rua. D. Bosco continuava a far segno che no.

” - Allora ci dica l'iniziale del nome, lo pressarono alcuni.

” - Volete proprio saperlo? In quanto a questo vi contenterò, disse D. Bosco. Colui che ha ricevuto il biglietto da quel misterioso vecchione porta un nome che incomincia colle stesse iniziali del nome di Maria.

” La parola di D. Bosco non tardò un istante a sapersi da tutta la casa. Si voleva indovinare, ma era cosa difficile, perchè più di trenta alunni avevano il cognome che incominciava colla lettera M.

” Non mancarono però alcuni spiriti diffidenti. Era in casa un ammalato grave di nome Marchisio Luigi, del quale molto si dubitava che sarebbe guarito; e infatti il 18 aprile era condotto in seno alla propria famiglia. Sospettando che D. Bosco alludesse a Marchisio, dicevano: - Se fosse così, saprei anch'io indovinare che uno deve morire e che il suo nome principia colle iniziali del nome di Maria!” -

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