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Capitolo 15

Le Figlie di Maria Ausiliatrice.


Capitolo 15

da Memorie Biografiche

del 06 dicembre 2006

La modesta Casa di Mornese, vivaio dell'incipiente Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, accoglieva fra le sue mura uno stuolo di anime elette, la cui vita era povertà, pietà e lavoro. La Madre Mazzarello con l'efficacia dell'esempio infervorava postulanti, novizie e professe nella pratica di tutte le virtù religiose, avendo in conto di legge qualsiasi minimo cenno le venisse da parte del Beato Fondatore. Sul posto, la direzione spirituale era in buone mani. Una cronistoria documentata, che abbiamo qui dinanzi, appartenente all'archivio centrale dell'Istituto, ritrae così il direttore:

“ Don Costamagna non trascura nulla. Attivo, con una vita esuberante e bisognoso d'espandersi, e sbalzato da un collegio maschile alla direzione di Suore piene d'ogni buon volere, ma impratiche di molte cose, si getta in tutto: esercizi di pietà, scuole, igiene, galateo ”.

La povertà vi regnava sovrana e nelle forme più austere. Edifica e commuove il leggere a quali sacrifizi le buone Figlie non si rassegnavano già, ma volenterose si sottoponevano per amore di questa virtù. Il Beato però stimava di doverne moderare gli ardori; quindi scrisse alla Madre di vedere, se per la sanità delle Suore non fosse da largheggiare un po' più nel vitto, cominciando da quella magra colazione asciutta, la quale avrebbe finito con debilitare troppo gli stomachi. La Madre, sempre desiderosa di assecondare le intenzioni del Beato, ma paventando in pari tempo che si aprisse la via a deleterie esigenze, per le quali sarebbe potuto venire l'affievolimento dello spirito, ricorse ad un piccolo stratagemma. Scrisse per il Beato una lettera, in cui, protestandogli obbedienza, esprimeva i suoi timori; indi passò da ogni singola Suora, movendo a ciascuna questa domanda: - Tu sei contenta della colazione? Non ne soffri? Non sentiresti la necessità che ci fosse qualche cosa di meglio, un po' di latte, per esempio? - Dalla prima all'ultima, con la sincerità abituale in quella vita di famiglia, le Suore optarono per lo statu quo rispetto alla refezione del mattino e confermarono il proprio sentimento apponendo la firma sopra un foglio che la Madre, avutane la risposta, presentava loro. Lettera e foglio furono spediti al Beato. Questi rispose piacergli grandemente il buon volere delle Suore; ma essere egli propenso al dare caffè e latte a colazione. “ Se Don Bosco lo volesse, esclamò nella sua semplicità la Madre, noi saremmo anche disposte a prendere un pollo ”.

Nelle pratiche di pietà niente si modificava senza il consenso del Beato. Una sua parola bastava, perchè si pigliasse o si lasciasse qualche divoto esercizio. Così le Suore davano molta importanza alla commemorazione dei dolori o delle allegrezze di Maria Santissima in certe ore del giorno, perchè Don Bosco nell'assegnare a tale pratica quei dati momenti della giornata aveva avuto l'intenzione di farle coincidere con le ore canoniche, sicchè le Figlie di Maria Ausiliatrice potessero unire la loro preghiera alla preghiera della Chiesa.

La venerazione che portavano al Beato Fondatore, ne faceva riguardar loro i figli come fratelli. Nel '75 vi fu accettata una sorella di Don Tamietti; orbene la cronistoria ci esce in questo commento: “ Bello questo giungere a Mornese le parenti dei Figli di Don Bosco! Non sarà un segno più chiaro ancora, che la Madonna considera le due Istituzioni come una cosa sola, e che i due rami sono ugualmente cari al Cielo? ”.

In quell'anno fu fissata definitivamente la foggia dell'abito.

La buona Madre aveva fatto passare le Suore per diverse esperienze. Prima esse portarono in capo un grosso cuffione nero. Il loro direttore generale Don Cagliero, quando le vide così acconciate, sorrise con un fare che voleva dire: - Staremo a vedere se attacca! - In seguito il copricapo diventò bianco, ma coperto da velo nero. - Un po' meglio! - esclamò allora Don Cagliero. Poi c'era l'abito color caffè. Sotto l'azione del sole e per effetto dei lavori manuali, bisognava vedere che cosa diveniva quel povero indumento! Un cencio di nessun colore, tanto che il medesimo Don Cagliero, sbrigliando il suo umor faceto, disse una volta al Beato: - Oh, Don Bosco, se quelle Suore dovessero mai essere brutte dentro come Son brutte fuori, poveri noi! La maggior parte delle religiose a Torino vanno vestite di nero. - Si potrebbe provare anche questo - fece Don Bosco. Si provò difatti in una prossima vestizione: dodici postulanti, dopochè sfilarono, biancovestite, rientrarono vestite di nero. A quel colpo di scena si levò un bisbiglio generale di sorpresa e di approvazione.

La Madre tuttavia non si sarebbe mai azzardata a introdurre l'innovazione senza parlarne al Fondatore. Gliene riferì dunque. N'ebbe in risposta: - Spero di venire per gli esercizi; allora decideremo. Intanto verrà Don Rua, perchè non conosce quasi ancora le Suore, ed è prefetto generale! Così vedrà anche lui.

Don Rua andò, accolto con i segni della massima deferenza. Come prefetto generale, s'interessò dell'andamento materiale, osservando con minuziosa attenzione i registri pagina per pagina e rendendosi conto di tutta la gestione economica. Dopochè col suo occhio di linee ebbe tutto scrutato, suggerì opportune direttive. Richiesto anche del suo sacro ministero, vi sì prestò di buon grado, confessando e predicando.

Durante la sua permanenza, giunse a Mornese il direttore di Sampierdarena Don Albera, accompagnato da Don Guanella, che aveva mandato colà da Sondrio un bel gruppo di postulanti. Si era in giugno, e “ i due pii sacerdoti ”, come si esprime il nostro documento, si alternavano a fare meditazioni sul Cuore di Gesù, a dare la benedizione e nel sermoncino della sera dopo le preghiere.

Finalmente vennero gli esercizi spirituali, cominciati il 21 agosto. Li predicarono Don Cagliero e un Padre Carmelitano. Nella storia dell'Istituto quegli esercizi segnarono un notevole progresso verso la perfetta regolarità della vita religiosa, come ora diremo.

Il Beato si trovò presente negli ultimi giorni. Confessò, conferì, e poi diede una grande notizia. - La Regola manoscritta, disse, non ne parla ancora, ma è nell'intenzione della Chiesa che le Suore, dopo un triennio o due di buona prova, si leghino a Dio con i voti in perpetuo; ed essendo ora passato il primo triennio per le prime professe, alla fine di questi esercizi, con la funzione di vestizione e professione, vi saranno altresì voti perpetui per quelle che lo desiderano e che le superiore stimeranno di poter contentare; le altre potranno rinnovare i voti, se pure qualcuna... - La reticenza era abbastanza eloquente. Egli sapeva quanto si passava in Casa: qualche testolina in mezzo alle altre non mancava: è così dappertutto.

Le Suore triennali andarono a domandargli di essere ammesse ai voti perpetui. Ma egli, espresso il suo parere, conchiudeva invariabilmente: - Bisogna che sentiate la vostra Madre Superiora. - Don Bosco, esercitando la sua alta direzione, non si sostituiva alle ordinarie superiore nel regime interno dell'Istituto.

Il 28 agosto solenne vestizione di quindici postulanti, benedette dal Beato, a cui prestavano assistenza il Padre Carmelitano, Don Cagliero e Don Costamagna. Anche questa volta l'abito era nero.

Una delle vestiende, Maddalena Martini, già nota al Beato, aveva avuto dal buon Padre preziosi incoraggiamenti in questa bellissima lettera, che essa custodì sempre come una reliquia:

 

Diletta Figlia in Ges√π Cristo,

 

La vostra andata in Mornese ha dato tale schiaffo al mondo, che egli mandò il nemico delle anime nostre ad inquietarvi. Ma voi ascoltate la voce di Dio, che vi chiama a salvarvi per una via facile e piana, e disprezzate ogni contrario suggerimento. Anzi siate contenta dei disturbi, delle inquietudini che provate, perchè la via della croce è quella che vi conduce a Dio. Al contrario, se voi foste stata subito allegra e contenta, vi sarebbe a temere qualche inganno del maligno nemico. Dunque ritenete:

1° Non si va alla gloria, se non con grande fatica.

2° Non siamo soli, ma Gesù è con noi, e S. Paolo dice che con l'aiuto di Dio diventiamo onnipotenti.

3° Chi abbandona patria, parenti e amici e segue il divin Maestro, ha assicurato un tesoro in Cielo, che niuno gli potrà rapire.

4° Il gran premio preparato in Cielo deve animarci a tollerare qualunque pena sopra la terra.

Fatevi dunque animo, Gesù è con voi. Quando avete delle spille mettetele con quelle della corona di Gesù.

Io vi raccomando a Dio nella S. Messa; voi pregate per me, che sono sempre in Ges√π Cristo vostro

 

Umilissimo servitore

Sac. GIO. BOSCO.

 

Alla vestizione seguirono le professioni temporanee di quattordici Suore e quelle perpetue di otto. Le nostre Memorie cronologiche dicono: “ Madre Mazzarello è felice. Da molti anni ella si è data a Dio con voto perpetuo; ma il proclamarlo così alla comunità pare che faccia più stretto il nodo, più sacro il legame, più perfetta la dedizione di sè ”.

Terminata la cara cerimonia, il Beato suggellò la funzione e gli esercizi con un suo discorso. Parlò del gran dono della pace, concludendo che per essere in pace con Dio e col prossimo bisognava prima essere in pace con se stessi; e per riuscirvi esortò a non aspettare un dato giorno o un dato momento di maggiore agitazione o di maggiore bisogno per chiedere un consiglio, dare un avvertimento, manifestare una pena: ma le superiore verso le suddite, queste verso le superiore e le sorelle fra di loro si dicessero volta per volta le cose con rispetto, calma e serenità.

Agli esercizi erano intervenute anche le Suore di Borgo S. Martino. Una di esse aveva una bella cosa da contare di Don Bosco. Il Beato, recatosi a quel collegio per la festa di S. Luigi, aveva detto la Messa per le Suore e prima di partire era stato a salutarle. Quella povera Figlia aveva tanto bisogno di parlargli, ma non le fu mai possibile. Don Bosco, al vedersela dinanzi, le lesse nello sguardo l'angosciosa pena interiore, e senza dirle nulla, con solo paternamente mirarla, la guarì. - Al solo sguardo di Don Bosco ogni nube si dissipò, dichiarava la Suora, e mi scese in cuore la calma.

Prima di lasciare Mornese, il Beato, fatta radunare tutta la comunità, disse parergli giunto il tempo di raccomandare l'osservanza esatta della clausura. - Fino adesso siamo andati veramente alla buona in fatto di clausura, perchè eravate più una famiglia che una comunità in tutta forma, e si doveva pensare a muratori, eccetera, eccetera. Ma ora è tempo che ci mettiamo in regola anche per questo. E poi con tutta la gioventù che avete in Casa, e quella di più che avrete presto, bisogna che la porta esterna rimanga chiusa sempre e che vi sia una Suora incaricata delle chiavi e di ricevere le persone esterne che vengono per parlare.

 - Nei monasteri di clausura non entra nessuno senza uno straordinario bisogno e permesso. Quando va il confessore per qualche malata, precede una Suora, sonando il campanello, e, mentre la malata si confessa, quella di tanto in tanto dà qualche tocco di campanello per far sentire che è presente. Fra voi non si tratta di dover far questo, perchè non siete obbligate da clausura monacale; voi dovete essere sempre a contatto della gioventù, e spesso spesso anche degli esterni. Però è bene che nelle stanze riservate alle Suore, come dicono le vostre Costituzioni, non siano introdotte persone estranee senza vera necessità e senza una Suora che le accompagni.

 - Nessuna esca mai da sola, per nessun motivo, e nessuna si fermi fuori quando si fa notte; e, sonata l'Ave Maria della sera, non si riceva più nessuno in casa.

 - Quelle di voi che sono state a Borgo S. Martino, hanno visto che, per mandare quanto occorre dalla cucina al refettorio dei superiori e dei ragazzi, ed anche dalla stanza delle guardarobe agl'incaricati della distribuzione, vi è la così detta ruota, in maniera che la Suora può soddisfare tutti senza bisogno nè di vedere nè di esser veduta.

 - A Mornese per ora la ruota per il servizio vostro ai sacerdoti non c’è, benchè anche qui col tempo bisognerà forse metterla; e intanto bisognerà stare attente a osservare in questo pure la clausura, che significa appunto chiusura, separazione.

 - Le vostre Regole dicono pure che le Suore non frequenteranno le case dei signori parroci nè di altri sacerdoti, nè vi presteranno servizi. Non siete ancora in questo caso; ma quando arrivasse... facciamo, facciamo come è scritto nelle Regole: la Regola è la voce di Dio.

Non disapprovò l'introdotto abito nero. Ragioni di economia non permettevano di darlo subito a tutte; ond'egli disse: - Sì, fateli pur neri di mano in mano che potete senza troppo disagio di spesa. Le Suore, che non sono sempre a contatto con gli esterni, possono consumare il loro abito caffè. Dobbiamo volere, sì, l'uguaglianza dell'abito; ma qui si tratta di aver a fare i conti con la signora Povertà. Poi, piano piano, sarete tutte dello stesso colore. Va bene?

Il Beato partì con Don Cagliero e Don Costamagna alla volta di Ovada. Là convenivano nove vescovi per le feste centenarie di S. Paolo della Croce; egli fece loro e da loro ricevette visite. L'occasione di poter conferire con tanti vescovi sui bisogni delle sue Opere dovette essere l'unico motivo che gli consigliò quell'andata. Infatti in una di quelle lettere, che durante le sue assenze era solito mandare a Don Rua con elenchi di ordini, d'informazioni e d'istruzioni, diceva: “ Per parlare coi vescovi, con cui ho affari, vado ad Ovada ”. La lettera non è datata, ma fu scritta certamente da Mornese in questo tempo. Condusse con sè anche il direttore di Mornese, perchè lo aiutasse nella revisione delle Regole dell'Istituto, a fine di presentarle al Vescovo di Acqui per l'approvazione. Furono ospiti di Don Tito Borgatta dal 29 al 31 agosto.

Finite le sue pratiche in chiesa, il buon Padre si ritirava in casa, dove Don Costamagna gli leggeva quelle Regole articolo per articolo, ed egli a correggere, ampliare, aggiungere, e poi a far rileggere, e poi a ritoccare, finchè non vi vedeva ben incarnato il suo concetto. Ne uscirono così quasi interamente trasformate.

Grazie a quel lavora dei Fondatore le Costituzioni furono trovate meritevoli dell'approvazione vescovile, che venne accordata nel gennaio del '76. Don Costamagna nel commentare il decreto ricordò alle Suore una parola del Beato. Io vi posso assicurare, aveva egli detto loro, che l'Istituto avrà un grande avvenire, ma se voi vi manterrete semplici, povere e mortificate.

L'inopinata partenza di Don Cagliero per l'America costernò le buone Suore, tanto più che a Mornese la notizia giunse quando già il direttore generale era salpato da Genova: la ristrettezza del tempo non gli aveva permesso nemmeno di salutarle. Dice la cronistoria: “ La Madre è quella che ne sente più d'ogni altra la pena; essa che più di tutte ha esperimentato l'efficacia dell'appoggio morale di lui, essa sulla quale pesa la scabrosità del momento ”. Il Beato però aveva provveduto. Infatti il 10 novembre le visitò Don Rua, che ascoltò le Suore e s'informò di tutto: si capì subito che egli suppliva il direttore generale lontano.

Don Rua vi capitava proprio in buon punto. Il Fondatore aveva mandato a Mornese una, per dirla col nostro documento, “ veneranda signorina di 63 anni ”. Il buon Padre non le rifiutò di provare, anche per far piacere al di lei fratello, professore nella Regia Università e suo amico. Ma a quell'età essa non era più riducibile. Peggio ancora: si tirava dietro qualche testa piccola. Le superiore pazientarono fin oltre i limiti del credibile. Finalmente la Madre, impensierita, andò a consultare Don Bosco, tornandone con la sua parola, che sonava così: - Quelle che io mando a Mornese, le mando per obbedire, non per comandare. - A obbedire pare che colei non si rassegnasse; perciò Don Rua la ricondusse a Torino.

Prima che ci allontaniamo dal caro nido di Mornese, vogliamo riferire un brano di lettera scritta da monsignor Costamagna e capitataci sott'occhio in mezzo ad altre carte. Il vescovo Salesiano dice così!: “ Quando io mi trovava a Mornese a dirigere la Casa della Fondazione, venne Don Bosco a visitar le Suore, e, vedendo che tutte lo attorniavano per baciargli la mano, cominciò, come si dice, a masticare, a dimenar il capo in segno di non completa approvazione; e, poi, rivoltosi a me, che mi trovava presente, disse forte, in modo da essere inteso da tutti: - Adesso si bacia la mano a Don Bosco; più tardi si vorrà fare lo stesso con tutti gli altri, e ne potranno venire delle spiacevoli conseguenze - ”..

Noi vedremo i ristretti orizzonti di Mornese allargarsi d'anno in anno a perdita d'occhio; ma su qualunque plaga e sotto qualunque cielo le Figlie di Maria Ausiliatrice si avanzino, vi saranno ognora trasportate dallo spirito che, auspice il Beato Don Bosco e grazie alle eroiche virtù di Madre Mazzarello, aleggiò là dove fu la culla dell'Istituto.

Per le Figlie di Maria Ausiliatrice il Beato preparava un posto presso l'Oratorio. Battagliò da gennaio a luglio per la conquista del luogo. Si trattava infatti di sloggiarne il demonio. Il grido d'allarme è in questa circolare da lui mandata ai Cooperatori.

Di rimpetto all'Oratorio di S. Francesco di Sales; da oltre 25 anni devesi tollerare una casa d'immoralità, con quanti disturbi e pericoli pei giovanetti interni ed esterni ognuno il può immaginare. Ciò fu d'impedimento finora di incominciar i lavori davanti la Chiesa di Maria Ausiliatrice.

La Divina Provvidenza finalmente dispose che il proprietario di quell'edifizio pel mal esito de' suoi affari fosse costretto di porlo in vendita.

Per impedire che altri lo comperi col medesimo scopo perverso, venne incaricata terza persona a fare un Compromesso in forza di cui il sottoscritto può fare l'atto di compera a fr. 55 mila.

La casa essendo di cattiva costruzione e di cattiva posizione è mestieri demolirla dalle fondamenta. Il terreno però è opportunissimo a regolarizzare il piano della Piazza di Maria Ausiliatrice.

I materiali poi servirebbero alla costruzione degli edifizii che intorno alla medesima si dovrebbero quanto prima cominciare.

Ora si tratta di mettere insieme la somma sopramentovata: a tale bisogno si ricorre a quelli che colle loro sostanze possono concorrere ad impedire l'offesa del Signore e salvare delle anime.

 

Torino, 20 gennaio 1875.

Sac. GIO. BOSCO.

 

Abbiamo sotto la medesima data un saggio delle lettere, con cui accompagnava la sua dichiarazione di guerra, allorchè la inviasse a persone influenti e facoltose. Scriveva alla Nobildonna torinese Angelina Dupraz:

 

Benemerita Signora,

 

Nei casi gravi son solito di fare ricorso alla sua carità che non mi venne mai meno. Ora trattasi di una impresa ardita, distruggere dalle fondamenta una casa di satanasso, come vedrà dal foglietto, che le unisco. Finora non ho ancora un soldo. Spero che la sua offerta sarà la prima. Se può, certamente sarà ricompensata dal Signore quando si presenterà a lui [che le dirà]: Hai salvato anime, hai salvata la tua.

Comunque ella sia per concorrere, io non mancherò di pregare ogni giorno per Lei e per l'ottimo Commendatore di Lei marito, affinchè Dio li conservi ambidue a lunghi anni di vita felice, mentre mi raccomando alle loro sante preghiere e mi professo con profonda gratitudine

Di Casa, 20, 1875.

 

Obbl.mo servitore

Sac. GIO. BOSCO.

 

Soltanto il 21 luglio potè cantare vittoria. Ne diede subito il lieto annunzio alla contessa Callori, con accenti che sembrano lo squillo del trionfo.

 

Mia buona Mamma,

 

D. Milanesio mi ha dato sue notizie che mi tornarono molto gradite, perchè annunciano qualche miglioramento della sua preziosa sanità. Questo dimandiamo da molto tempo all'altare di Maria A. e continueremo fino a tantochè Ella mi dica: La mia antica salute è felicemente ritornata. Fiat, Fiat.

Oggi finalmente si è fatto il contratto della famosa casa. Il Demonio, ha fatto tutti i suoi sforzi.

Racconterò tutti gli orridi, ma curiosi episodii di questo acquisto. Qui le noto solo che con pazienza, disturbo e sacrifizio finalmente ogni cosa è terminata e il demonio si è rotto un corno.

Mia Buona Mamma! Che Dio La benedica e La conservi a vedere il frutto della sua carità e mentre Le professo la più sentita gratitudine per quanto fa per me, prego, ma di tutto cuore, che Maria le tenga preparata degna mercede nel tempo e nella beata eternità. Amen.

Le sono in G. C.

Torino, S. Maria M., 21 luglio, 1875.

 

Umìl.mo figliaccio

Ed obbl.mo servitore

Sac. GIO. BOSCO

 

Ma chiudere la casa infame non era che la prima parte dell'impresa; bisognava dopo aprirne ivi stesso un'altra, che fosse Casa di benedizione. Si affrettò quindi a sollecitare dall'Autorità diocesana i necessari poteri.

 

Eccellenza Rev.ma,

 

Il Sac. Gio. Bosco espone rispettosamente all'Ecc. V. Rev.ma che le povere ragazze del quartiere di Valdocco non avendo nè luogo nè comodità di frequentare le scuole, nemmeno intervenire alle funzioni religiose, versano in grave pericolo della moralità. A fine di provvedere per quanto si può a questo urgente bisogno avrebbe preparato un locale che pare conveniente per un Oratorio femminile in cui quelle ragazze possano radunarsi nei giorni feriali per la scuola e nei festivi per le sacre funzioni, specialmente pel catechismo.

Il locale stabilito per chiesa dista circa cento metri dalla chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice, in piano terreno, coll'adito pubblico e congiunto all'edifizio destinato per l'abitazione di alcune religiose, che di buon grado verrebbero a prendere cura di quelle pericolanti fanciulle.

Supplica perciò la E. V. R. a voler delegare la persona che meglio giudicherà, affinchè venga a visitare il mentovato Oratorio, e, trovate le cose secondo le prescrizioni di S. Chiesa, benedirlo e così poter ivi celebrare i divini misteri.

Che della grazia

Umile esponente

Sac. GIO. BOSCO.

 

La risposta si fece aspettare fino al 31 ottobre. La copia che noi abbiamo della missiva qui sopra riprodotta è senza data; ma otto giorni dopochè la risposta venne, cioè il 7 novembre, riferendone al Capitolo Superiore, il Beato disse che “ già da un po' di tempo ” egli aveva scritto. Comunque sia di ciò, nell'attesa egli, era tornato alla carica, unendo alla lettera anche le Regole di Mornese. Qui pure noi dobbiamo contentarci di una copia non datata.

Il Sac. Gio. Bosco nel vivo desiderio di provvedere al bisogno che si fa gravemente sentire per l'abbandono in cui si trovano le ragazze povere di Valdocco avrebbe divisato di stabilire una scuola di beneficenza e di affidarne la direzione alle Religiose dette Figlie di Maria Ausiliatrice la cui casa principale è in Mornese diocesi di Acqui.

A tal uopo domanda il beneplacito di V. E. R., le manda copia delle loro regole e dei documenti relativi con preghiera di voler deputare il Sac. Michele Rua per confessore ordinario e il Sac. Bodrato Giovanni nei casi che quello fosse assente o per altra ragione non potesse compiere quell'ufficio.

Che della grazia

 

Umile supplicante

Sac. GIO. BOSCO.

 

Nella suddetta risposta l'Ordinario accluse una carta, in cui presentava al Beato sei condizioni da sottoscrivere, con quest'avvertenza: “ Se Ella il giudica conveniente, vi ponga la sua sottoscrizione con la data e la mandi all'Arcivescovado ”.

Una delle condizioni era imbarazzante. Le Suore, abitando presso la chiesa di Maria Ausiliatrice, non avrebbero potuto avere cappella in Casa; per confessarsi e per le funzioni andassero nella chiesa. Ma essendo la chiesa pubblica e molto frequentata e servendo essa già per i giovani, come mai le Suore vi avrebbero potuto compiere bene le loro pratiche religiose? Quindi Don Bosco replicò, mettendo in rilievo l'inconveniente. L'Ordinario gli fece rispondere non aver egli difficoltà a concedere la cappella, purchè le Suore aprissero un oratorio festivo per le ragazze. E questo appunto voleva il Servo di Dio; sicchè si trovarono perfettamente d'accordo.

Ottenuto il sospirato consenso, Don Bosco prontamente ordinò che si adattasse per le Suore il locale acquistato. Là accanto avevano la scuola gli esterni e i Figli di Maria, come si è detto altrove; ma c'era modo di segregarle. “ Locale bruttissimo ” però, lo confessò il Beato stesso ai superiori del Capitolo; ma, soggiunse, “ capace di contenere molte persone ”. Tuttavia si consolò dicendo: “ Intanto il Signore provvederà per cose migliori ”. Se e come il Signore vi abbia provvisto, lo vedrebbero oggi perfino gli orbi.

Se al Beato ci volle tempo per diventare padrone del campo, non ce ne volle meno a Don Rua per mettere in ordine la casa. Riparleremo, a Dio piacendo, di questa fondazione unitamente con altre, ideate nel '75, ma attuate nel '76.

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