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Capitolo 18

Lettera di D. Bosco al Comissariato generale di Torino pel Sindacato e sorveglianza delle Ferrovie per ottenere un sussidio - D. Bosco a Milano: guarigione sorprendente di un'inferma - Va a Brescia e a Lonigo - Supplica al Ministro della Guerra per ottenere vestiarii militari fuori d'uso - A Padova e a Venezia - Ritorna a Lonigo e a Torino - Testimonianza autorevole della santità di D. Bosco riconosciuta dai giovani - D. Bosco recita le preghiere colla comunità - Circospezione nel dare un chiesto consiglio - Insegnanti titolari nel ginnasio dell'Oratorio - Accettazione di nuovi socii - Elezione di tre membri del Capitolo Superiore - Stima che D. Bosco aveva delle opere riguardanti la sua missione: non vuole cangiamenti, innovazioni nelle usanze dell'Oratorio.


Capitolo 18

da Memorie Biografiche

del 06 dicembre 2006

 Continui erano i soccorsi che riceveva il Servo di Dio per sviluppare e sostenere l'opera sua, ma eguali erano le sue sollecitudini nel procurarli. Al Commissariato Generale di Torino pel Sindacato e sorveglianza delle Strade Ferrate aveva scritto in questi termini:

 

Ill.mo Sig. Commissario Generale,

 

Alcuni bisogni urgenti, in cui attualmente versa questa Casa, mi spingono a ricorrere a V. S. Ill.ma per avere soccorso. Credo che sia anche in qualche modo a Lei noto come il ministro dei lavori pubblici e la Direzione Generale dello Stato abbiano indirizzato a questo stabilimento parecchi giovanetti orfani appartenenti ad impiegati in codesta amministrazione. Parecchi fanno ancora parte dei nostri allievi com'Ella potrà vedere nella nota a parte. Io li ricovero volentieri perchè questa casa fu sempre di buon grado aperta alle autorità governative e perchè la benemerita Direzione delle Ferrovie mi concedeva parecchi favori con trasporti gratuiti che in certo modo le spese occorrenti almeno in parte comportavano. Ma questi favori furono ristretti assai dalla novella Amministrazione. Ora questi giovanetti sono tuttora in numero notevole nello stesso stabilimento; anzi uno di essi, perchè mancante di età, fu ed è eziandio mantenuto a spese dello scrivente nel Collegio di Lanzo.

E' vero che ogni volta che la Direzione inviava qualche ragazzo ci univa sempre qualche sussidio; ma esso per lo pi√π era appena sufficiente a vestirlo e provvederlo del necessario corredo.

In tale stato di cose io mi sono deliberato di ricorrere a V. S. Ill.ma supplicandola a volermi venire in aiuto in questo momento di bisogno essenziale e di accordarmi quel maggiore sussidio che a Lei sembrerà beneviso o complessivamente o per ciascun dei giovanetti ricoverati.

Pieno di fiducia nella nota di lei bontà, le auguro ogni bene dal cielo, mentre colla più sentita gratitudine ho l'onore di potermi professare

Di V. S. Ill.ma

Obbl.mo Servitore

Sac. GIOVANNI Bosco.

 

 

Il chiesto sussidio venne concesso.

 

MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI

10° Divisione 1° Uff .

Commissariato Generale pel sindacato

e sorveglianza delle Strade Ferrate.

 N. 6201.

Firenze, 12 ottobre 1865.

 

Il sottoscritto pregiasi di notificare a V.S. che questo Ministero, accogliendo di buon grado la domando da Lei fatta con sua lettera del 9 p. p. settembre, ha decretato che le venga retribuita la somma di lire 8oo, col mezzo di mandato in capo di Lei, spedito alla Tesoreria Provinciale di Torino.

Il Commissario Generale

BELLA.

 

 

 

Questa risposta fu ricevuta da D. Rua, mentre D. Bosco aveva intrapreso, da solo, un nuovo viaggio per recarsi in varie città e distribuire i biglietti della Lotteria. Non abbiamo documenti che descrivano il suo itinerario o ciò che egli fece nei luoghi ove si fermò, ma in compenso abbiamo qualche lettera, il ricordo di qualche sua narrazione, e alcuni cenni di coloro che lo ospitarono.

La sua prima fermata fu a Milano, ove tempo addietro erasi incontrato, nell'Oratorio di D. Serafino Allievi, col signor Giuseppe Pedraglio e col signor Guenzati, ambedue negozianti, che frequentavano quel caro asilo domenicale di numerosa gioventù. Abbiamo già detto della generosità del signor Guenzati per le opere di D. Bosco; ora diremo quello che ci scrisse nel 1909 la figlia di questo benefattore, la signora Carolina Rivolta Guenzati.

“ D. Bosco nell'anno 1865, nell'occasione della sua venuta a Milano, onorò la nostra casa accettandovi ospitalità. Qui accadde il seguente fatto. Una signora milanese, certa Pedraglio Marietta, saputo che il venerando D. Bosco si trovava tra noi, venne ad ossequiarlo. Prima ancora che la signora parlasse D. Bosco le chiese: - Lei è malata? -Pur troppo lo sono, rispose quella, e da parecchi mesi; ho preso molte medicine, ho fatto diverse devozioni, ma a nulla giovarono. - Allora D. Bosco le disse: - Vuol guarire? Faccia una novena a Gesù Sacramentato e reciti cinque Pater, Ave, Gloria, aggiungendo le parole: “D. Bosco mi ha detto che voi mi farete guarire, ed io voglio guarire “. Poi mangi e beva. - Al mattino seguente la mia famiglia fu meravigliata dal trovare la signora libera da tutti i disturbi che da tempo l'affliggevano “.

Da Milano si recò a Brescia per visitare i due fratelli sacerdoti Elena, presso i quali pranzò. Uomini pieni di ardente zelo per la salute delle anime, avevano un fiorentissimo oratorio festivo pei giovanetti. D. Bosco aveva scritta loro una lettera, da essi conservata come prezioso pegno di amicizia dell'uomo di Dio. Da uno scritto indirizzato al Cav. Oreglia pare che a Brescia egli visitasse anche la signora Maddalena Girelli, figlia di Maria, nel suo Istituto, contrada S. Antonio.

Da Brescia passò a Lonigo, una cittadina poco lungi dai Monti Berici, ove in quel tempo villeggiava il Conte di Soranzo, suo amicissimo, che abitualmente stava a Cremona e aveva anche un palazzo a Venezia. A Lonigo il Servo di Dio predicò, e di là scriveva a D. Rua:

 

Carissimo D. Rua,

 

Ti mando qui una copia di memoriali da farsi copiare come segue: Quello “ Eccellenza, ecc. “, vuole essere copiato su carta da bollo di fr. 1.

La lettera farai copiare su carta libera: di poi farai un solo plico, da indirizzarsi come è qui notato, al generale Incisa.

Probabilmente non posso essere a casa se non al prossimo venerdì al più tardi; se posso andrò prima. Intanto nota che ai 18 di questo mese avvi una cambiale di mille franchi che scade. Se ti sembra di poterla pagare non occorre parlarne, altrimenti scrivilo subito per mia norma.

Da' l'unito bigliettino a Rinaudo; mandami (Lonigo presso S. E. il conte Soranzo) i dati per parlare ai parenti di Nicolini padovano.

Saluta tutti i nostri cari amici e Iddio ci aiuti tutti a crescere nel santo timor di Dio.

Sono tutto tuo

Lonigo, 14 ottobre 1865,

Aff.mo in G. C.

Sac. GIOVANNI Bosco.

 

P.S. - Saluta D. Cagliero e D. Francesia; tira la barba al Cavaliere.

 

Le due carte che D. Bosco spediva a D. Rua avevano per oggetto una supplica al Generale Petitti, Ministro della Guerra.

 

Eccellenza,

 

Già più volte negli anni passati ho fatto ricorso all'Eccellenza Vostra, per avere sussidio di vestiario pei poveri giovani ricoverati nella casa detta Oratorio di S. Francesco di Sales, ed Ella ci venne sempre in aiuto.

Quest'anno molte circostanze concorsero ad accrescere il bisogno di questo stabilimento per modo che attualmente esso versa in gravi strettezze.

Egli è per questo che fo di bel nuovo ricorso alla esperimentata di Lei bontà, supplicandola a voler porgere la benefica mano a questi orfanelli e loro concedere quel numero di coperte, lenzuola, camicie, mutande, calzoni, tuniche, cappotti, scarpe od altro che si degni di concedere, per ripararli dal freddo nella imminente invernale stagione. Siano pure questi oggetti logori e posti fuori di uso, per noi sarà sempre una vera carità, cui mercè si provvederà ad un grave bisogno al quale non si potrebbe altrimenti provvedere.

Sarà forse l'ultimo anno in cui potremo sperare di godere questa beneficenza e perciò in lei riponiamo la più viva fiducia di essere favoriti. Oltre all'incancellabile gratitudine che conserveremo del benefizio, non mancheremo di invocare ogni dì le benedizioni del cielo sopra di lei che annovereremo fra gli insigni nostri benefattori.

Con pienezza di stima, ho l'alto onore di potermi professare della E. V.

Torino, ottobre 1865,

Obbl.mo Ricorrente

Sac. GIOVANNI Bosco.

 

 

Chiarissimo sig. Generale,

 

Da pi√π anni mediante i buoni uffizii di V. S. chiarissima ho potuto ottenere un sussidio di vestiario pei poveri giovanetti di questa casa, il cui numero monta a circa ottocento.

Qui mi fu supposto che il favore dipende unicamente da lei e perciò con gran fiducia raccomando quanto so e posso alla sua carità lo stato bisognoso di questi poveri giovanetti.

Non potendo altrimenti dimostrare la nostra gratitudine, pregheremo il Signore Iddio affinchè conceda sanità e giorni felici a Lei e a tutta la rispettabile di Lei famiglia.

Colla pi√π sentita gratitudine ho il bello onore di potermi professare

Di V. S. chiarissima

Torino, ... ottobre 1865,

Obbl.mo Servitore

Sac. GIOVANNI BOSCO.

 

Sig. Generale d'Incisa, Segretario Generale al Ministero della guerra

Torino.

 

Da Lonigo, accompagnato dal Conte Soranzo, e dopo aver toccata Padova per dar notizie ai parenti del giovanetto Nicolini ricoverato nell'Oratorio, D. Bosco arrivò a Venezia. Qui gli accadde di udire da un terrazzo della piazza di San Marco le mirabili sinfonie delle bande militari austriache. Senza riflettere, entusiasmato da quella musica, fece atto di applaudire, ma fu subito avvertito essere imprudenza una qualsiasi approvazione. Bollivano, benchè represse, nei cuori dei cittadini le passioni politiche. Infatti quantunque la piazza fosse gremita di popolo, quando i suonatori finirono il loro pezzo, continuò a regnare un silenzio sepolcrale.

A Venezia D. Bosco s'intrattenne col Patriarca, il Card. Giuseppe Luigi Trevisanato, con varii distinti personaggi del clero e della nobiltà e specialmente con D. Apollonio, che fu poi Vescovo di Treviso, a cui il Servo di Dio era carissimo, col Can. Teol. Mons. Berengo e Mons. Giorda.

Ritornato a Lonigo scriveva alcune lettere all'Oratorio.

 

D. Rua carissimo,

 

La tua lettera giunse troppo tardi; pazienza. Da' queste bozze al Cav. Oreglia; la lettera a D. Savio; un caro saluto e la benedizione del Signore a tutti i nostri cari dell'Oratorio. Quante cose ho da raccontare delle Lagune, delle gondole, di S. Marco, di D. Apollonio ecc.! Ogni cosa a suo tempo.

Si Dominus dederit, venerdì alle 8 di sera spero di essere con voi. Ho portato duemila biglietti e ne ho portati pochi.

Lonigo, 1865.

Aff.mo in G. C.

Sac. BOSCO GIOVANNI.

 

 

Congedatosi dal Conte Soranzo e dalla sua famiglia, si avviò per ritornare a Torino. Non abbiamo notizie certe della strada da lui percorsa: ma pare che sia stato per qualche ora anche a Bologna. Rientrò nell'Oratorio il 20 ottobre, dopo aver promesso in tutti i luoghi, pei quali era passato, la protezione della Madonna per coloro che lo avrebbero aiutato a fabbricare la sua chiesa in Valdocco.

I giovani, fra i quali ve n'erano molti raccomandati da Municipii, occupavano già tutto l'Ospizio e lo accolsero con vive dimostrazioni di gioia. Anche i novellini ben presto si accorsero che avevano da fare con un santo. Più volte noi abbiamo recato le testimonianze giurate di chi narrò le prime impressioni avute, quando, entrato nell'Oratorio per esservi educato, potè conoscere l'Uomo di Dio. Ora vogliamo riportane un'altra, la quale, come le precedenti, fu deposta innanzi il Tribunale Ecclesiastico di Torino nel Processo Ordinario per la Causa di Beatificazione. Si verranno a ripetere alcune cose già dette nelle nostre Memorie Biografiche, ma una testimonianza autorevole di più non è superflua in omaggio alla verità.

Il Teologo Don Antonio Berrone di Casalgrasso, Canonico cantore della Metropolitana di Torino, il quale percorse nell'Oratorio le ultime quattro classi ginnasiali dal 1865 al 1869, così confermava nel 1896 la non interrotta stima universale dei giovani per D. Bosco:

“ L'amore alla gloria di Dio forma il compendio della sua vita. Io ho sempre ammirato e sentita ammirare la sua condotta esemplare e di sacrificio, modello a noi giovanetti. Nelle disgrazie e nelle traversie lo si vedeva sempre calmo e fidente nel Signore. L'ho osservato tante volte a tavola: egli mangiava con tutta indifferenza senza far parola della qualità dei cibi. Io credo che non abbia mai fatto una passeggiata per puro diporto. La sua camera, arredata semplicissimamente, servì sempre per udienze, studio e riposo.

” Era generale la persuasione che D. Bosco fosse dotato di doni soprannaturali. Al mio ingresso nell'Oratorio udii dai miei compagni che egli parecchie volte aveva predetta la morte di qualche giovane e che la predizione si era avverata, come egli aveva assicurato, nelle sue precise circostanze. Ricordo che nel 1865 trovai la chiesa di Maria Ausiliatrice in costruzione e udii dai compagni anziani a ripetere la predizione che D. Bosco aveva fatta negli anni prima, disegnando

il luogo e l'ampiezza della medesima: e tanto più è da ammirare questa predizione, perchè D. Bosco in quel tempo non solo era sprovvisto di mezzi, ma ancora poco conosciuto ed osteggiato. Ricordo pure come fosse cosa nota che D. Bosco aveva predetto anni ed anni prima, che l'Oratorio si sarebbe ampliato ed avrebbe prosperato. Era anche voce accreditata negli alunni che D. Bosco leggesse nelle coscienze: ed in prova di questo sta il fatto che quando taluno aveva qualche peccato sulla coscienza non osava presentarsi a lui, eccetto che in confessione, per timore che glielo leggesse in fronte. Io fui testimonio di questo fatto ripetutamente. Era pure persuasione in noi che D. Bosco, anche di lontano, qualche volta abbia conosciuto disordini che avvenivano nell'Oratorio.

” Rifulgeva in lui una grande e oculata prudenza, sicchè nell'Oratorio non si ebbero mai a deplorare disordini e scandali che alcune volte si veggono in altri collegi, anche ben diretti. Era suo sistema mettere i giovani nell'impossibilità di mancare. Col suo esempio, colla sorveglianza su tutti manteneva sempre l'ordine e la disciplina, benchè vi fossero alunni in buon numero e di carattere diverso. In tutto ei si regolava con giustizia. Anche quelli che pagavano una retta mensile intiera non corrispondevano a quanto loro si dava dalla casa.

” La sua umiltà risplendeva nel suo fare alla buona, dolce, affabile, accessibile a tutti in modo che a guisa di calamita attirava a sè i nostri cuori, per cui era a noi una festa il poterlo avvicinare e parlargli. Ne' suoi discorsi famigliari inculcava sempre il pensiero e il desiderio del Paradiso. Era così viva la sua fede e la sua fiducia nella misericordia di Dio da sperare che tutti noi saremmo andati in Paradiso, e che quanti sarebbero morti nell'Oratorio andrebbero certamente salvi. Ben sovente diceva all'uno e all'altro di noi giovani qualche parola che ci portava a Dio, e questa sua parolina faceva sempre salutare effetto ne' nostri cuori. Era uno spettacolo veramente sorprendente il vedere eziandio l'affollarsi dei forestieri i quali cercavano e volevano ad ogni costo baciargli la mano e la sua benedizione, che possibilmente ricevano in ginocchio. Per noi in que' giorni era una vera privazione non poterlo avvicinare. Egli aveva un dono specialissimo, e fu quello che seppe farsi amare non solo da coloro che rimasero con lui nelle varie sue case, ma ben anche e costantemente da tutti quelli che educati da lui si dispersero poi nelle diverse condizioni sociali.

” Nel ricordare ora que' tempi posso affermare che i giovani in generale corrispondevano alle sante industrie di Don Bosco, tenevano una condotta lodevole, ed alcuni di essi degna di ammirazione. Nell'Oratorio fioriva lo spirito di pietà e il santo timor di Dio. Che se qualche volta accadeva che qualche giovane non si addattasse allo spirito della casa, volontariamente ne usciva, cosicchè raro era il caso che si dovesse espellere. Ciò in parte l'ho veduto io stesso e in parte l'ho udito a narrare dagli antichi allievi dell'Oratorio.

” La memoria figliale che D. Bosco conservava per sua madre era per noi una lezione di rispetto ai genitori. Di mamma Margherita udii parlare moltissime volte nell'Oratorio, come di donna di grande virtù e pietà, essendosi consecrata totalmente alle opere del suo figlio. Gli allievi che la conobbero, e noi stessi che non la conoscemmo più, avevamo per lei una grande stima ed affetto ”.

Noi aggiungeremo uno dei mezzi coi quali D. Bosco accendeva nei giovani lo spirito di preghiera. Dal 1846 fino al 1871, cioè finchè potè, egli fu assiduo nel recitare tutte le sere le orazioni colla comunità. Il giovane Luigi Bussi diceva un giorno sottovoce ad un compagno, mentre gli allievi si radunavano: - Perchè D. Bosco quando si trova in casa viene sempre a dire le orazioni con noi? - Intanto si dava principio alle preghiere e come furono terminate, D. Bosco salì in cattedra, parlò, e quando discese, Bussi gli si avvicinò, dicendogli: - D. Bosco, mi dica una parola! - E D. Bosco gli sussurrò nell'orecchio: - Si dicono le orazioni insieme cogli altri, pel buon esempio! - Il giovane strabiliò essendo certo che D. Bosco non poteva averlo udito.

Il fiorire di tanta virtù nell'Oratorio era uno spettacolo così evidente, che non di rado ricorrevano a D. Bosco per consiglio sacerdoti addetti ad Istituti religiosi di educazione, i quali vedevano da qualche ostacolo impacciata o anche resa vana la loro difficile missione. Se le loro angustie erano esposte per lettera, e per fatti particolari, la risposta di Don Bosco era dettata da una grande prudenza, acciocchè per una indiscrezione altrui non venisse a conoscere quel segreto. Una di queste risposte era così concepita:

“ 31 ottobre 1865. - In Domino. Casus consideratione dignus. Vide, fac quod potes. Iterum in Domino vale. - Sac. Joan. Bosco ”.

Dalla risposta che D. Bosco fece alla circolare del Regio Provveditore degli studi, N. 83, riguardante l'annuario scolastico 1865-66 vediamo la statistica del personale assistente, di quello insegnante, e degli alunni iscritti al ginnasio: - V° ginnasiale: professore Sac. Celestino Durando e 70 alunni; IV°: prof. Sac. Francesia G. B. e 30 alunni; III°: professore Tamagnone Giovanni e 90 alunni; II° professore Sac. Rua Michele e 40 alunni; I°: Dalmazzo Francesco, alunni 90.-D. Bosco notò anche i professori supplenti e insegnanti delle materie accessorie e aggiunse questa osservazione: “ Siccome quasi tutti questi insegnanti frequentano ancora qualche corso all'Università, dovendo alcune volte variare l'ora di scuola a seconda dell'orario di quella, non si può precisare il tempo in cui fanno le loro lezioni. Le ore di scuola poi sono quattro e tre quarti ogni giorno ”.

Sul finire di ottobre si fece l'accettazione di nuovi soci e l'elezione di tre membri del Capitolo Superiore della Pia Società.

Leggiamo ne' verbali del Capitolo: 24 ottobre 1865. Questa sera radunatosi il Capitolo della Società di S. Francesco di Sales, il Rettore Sacerdote Bosco Giovanni propose e furono accettati i seguenti: Berto Gioachino chierico; Maranzana Francesco chierico; Bernocco Secondo chierico; Cuffia Giacomo chierico; Polledri Eugenio chierico; Franchino G. chierico.

Li 29 ottobre 1865 radunatosi il Capitolo della Pia Società di San Francesco di Sales, il Rettore D. Bosco Giovanni per supplire alla mancanza di due membri capitolari, cioè del Prefetto D. Alasonatti che morì il 7 del corrente, e del Direttore Spirituale D. Fusero colpito da malattia di cervello, elesse nuovo Prefetto D. Rua Michele e nuovo Direttore Spirituale D. Francesia Giovanni.

Radunatisi poi nello stesso giorno tutti i confratelli della Società, si fece l'elezione del terzo consigliere mancante. La maggioranza dei voti cadde su D. Durando Celestino, onde fu da tutti come terzo consigliere riconosciuto.

Nelle conferenze il Servo di Dio cercava assai spesso di trasfondere negli altri la stima altissima che egli aveva delle sue imprese e delle sue opere, la quale aveva radice nell'intima persuasione, che il comando, il consiglio, e l'indirizzo di quanto faceva provenivano da un misterioso impulso celeste. Dal conoscere infatti la volontà di Dio derivava la fermezza incrollabile nel raggiungere una mèta che gli era prefissa.

Dava anche importantissimi avvisi. In generale il suo carattere era alieno dalle singolarità, dalle imitazioni, e dalle novità. Egli teneva per principio che quando le cose vanno bene, non bisogna cangiarle facilmente sotto pretesto di migliorarle.

Quando qualcheduno della Casa gli proponeva questa o quell'altra opera da promuovere, non prescritta dal regolamento, rispondeva:

- Se abbiamo le cose nostre! Promuoviamo queste che ci riguardano. Le cose altrui saranno ottime finchè si vuole, ma non servono per noi e ci allontanano dal nostro scopo. Noi, per bontà del Signore, non abbiamo bisogno di prendere dagli altri, ma gli altri vengano, se loro piace, a prender da noi.

Era poi contrario che s'introducessero nelle nostre case compagnie nuove o divozioni estranee, ma raccomandava che si coltivassero bene quelle già esistenti nell'Oratorio e si praticassero le nostre pie usanze. Voleva altresì che si eliminasse in certuni la smania di voler adottare o preferire libri stampati da altre tipografie a preferenza di quelli che escono dalla nostra. Diceva:

- Questo è un cattivo gusto, è una pazzia, un'offesa. Facciamo conoscere le cose nostre ai nostri ragazzi ed allievi, e guardiamoci bene dal censurarle!

 

 

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