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Capitolo 4. - VIVERE IN MANIERA EUCARISTICA

Vivere in maniera eucaristica significa uscire da se stessi, dalla ristrettezza della propria vita e crescere nella vastità della vita di Cristo. Chi cerca il Signore nella sua casa non gli chiederà solo di preoccuparsi di lui e delle sue faccende.


Capitolo 4. - VIVERE IN MANIERA EUCARISTICA

da L'autore

 

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VIVERE IN MANIERA EUCARISTICA

Vivere in maniera eucaristica significa uscire da se stessi, dalla ristrettezza della propria vita e crescere nella vastità della vita di Cristo. Chi cerca il Signore nella sua casa non gli chiederà solo di preoccuparsi di lui e delle sue faccende. Comincerà ad interessarsi delle faccende del Signore. La partecipazione giornaliera al sacrificio ci coinvolge automaticamente nella vita liturgica. Le preghiere e i riti della messa mantengono presente alla nostra anima, nel corso dell’anno liturgico, la storia della salvezza e ci permettono di penetrare sempre più a fondo nel suo significato. E l’atto sacrificale imprime in noi ogni volta di nuovo il mistero centrale della nostra fede, il perno della storia universale: il mistero dell’incarnazione e della redenzione. Chi ha spirito e cuore sensibili non potrebbe stare vicino alla vittima santa senza rendersi disponibile al sacrificio, senza farsi prendere dal desiderio che la sua piccola vita personale si inquadri e risolva nella grande opera del Redentore. I misteri del cristianesimo costituiscono un tutto indivisibile. Quando si è penetrati in uno, si comprendono tutti gli altri.

La sofferenza e la morte di Cristo continuano nel suo corpo mistico e in tutte le sue membra. Ogni uomo deve soffrire e morire. Ma quando è un membro del corpo di Cristo, la sua sofferenza e la sua morte ricevono forza redentrice dalla divinità del capo. Questo è il motivo per cui tutti i santi hanno desiderato la sofferenza. Non si tratta di un desiderio morboso di soffrire. Agli occhi dell’intelletto naturale, questo sembra addirittura perversione. Ma alla luce del mistero della redenzione si dimostra invece suprema ragionevolezza. E così chi è legato a Cristo resisterà imperturbato anche nella notte oscura in cui si sentirà lontano ed abbandonato da Dio; forse la provvidenza divina usa la sofferenza per liberare chi è oggettivamente incatenato. Per questo «Sia fatta la tua volontà!» - anche e soprattutto nella notte più oscura.

Il nostro amore umano è la misura del nostro amore per Dio. Ma è diverso rispetto all’amore umano naturale. L’amore naturale va a questo o a quello che ci è vicino, legato a noi da un vincolo di sangue o per affinità di carattere o per comunanza di interessi. Gli altri sono «estranei», dei quali non ci si interessa, che magari ripugnano per come sono, tanto da volerseli tenere possibilmente ben lontani. Per i cristiani non esiste nessun «estraneo». Si tratta di volta in volta del prossimo che abbiamo davanti a noi e che ha molto bisogno di noi; è indifferente che sia o non sia un parente o che ci piaccia o meno, che sia più o meno «degno moralmente» di aiuto. L’amore di Cristo non conosce frontiere, non cessa mai, non indietreggia rabbrividendo davanti alla bruttura e al sudiciume. È tenuto per i peccatori e non per i giusti. E quando l’amore di Cristo vive in noi, allora facciamo come lui e andiamo alla ricerca della pecora smarrita.

Gesù non ha solo partecipato alle funzioni religiose pubbliche e prescritte. Forse ancora più di frequente, i Vangeli raccontano di preghiere solitarie nella quiete notturna, sulla cima indisturbata delle montagne, nel deserto, lontano dagli uomini. Quaranta giorni e quaranta notti di preghiera precedettero la vita pubblica di Gesù. Prima di scegliere e di inviare i dodici apostoli, si ritirò in preghiera nella solitudine delle montagne. Nelle ore trascorse sul Monte degli Ulivi, si preparò a salire il Golgota. Che cosa disse al Padre in quelle difficili ore della sua vita, ci è stato rivelato in poche brevi parole: parole che ci sono state date per guidarci nelle ore in cui anche noi saliremo sul nostro Monte degli Ulivi. «Padre, se puoi, allontana da me questo calice. Ma sia fatta la tua volontà, non la mia!». Queste parole sono come un lampo che per un istante illumina la vita più profonda dell’anima di Gesù, l’insondabile mistero del suo essere divino ed umano e del suo dialogo con il Padre.

Non si tratta di contrapporre la preghiera interiore, libera da tutte le forme tradizionali, in quanto devozione «soggettiva», alla liturgia, come preghiera «oggettiva» della Chiesa. Ogni autentica preghiera è preghiera della Chiesa: attraverso ogni vera preghiera accade qualcosa nella Chiesa ed è la Chiesa stessa che prega, perché in lei vive lo Spirito Santo, che in ogni singolo «prega per noi con indicibili gemiti». Proprio questa è la «vera» preghiera: perché «nessuno può dire Signore Gesù, se non nello Spirito Santo»...

La dedizione a Dio, illimitata e piena d’amore, e la risposta divina a quest’amore, l’unione piena e duratura: questo è lo stato più alto che ci sia accessibile, il più alto livello della preghiera. Coloro che lo hanno raggiunto sono veramente il cuore della Chiesa: in loro vive l’amore sacerdotale di Gesù. Insieme con Cristo, sprofondati in Dio, non possono fare altro che irradiare negli altri cuori l’amore di Dio di cui sono pieni e collaborare così affinchè tutti si completino nell’unità in Dio.

Nella vita del Signore le ore più” felici furono certamente quelle da lui trascorse nel silenzio della notte, in solitario dialogo col Padre. Ma esse furono soltanto una pausa di respiro dopo un’attività febbrile che lo poneva in mezzo al tumulto degli uomini e gli mostrava giorno per giorno e ora per ora il triste impasto della debolezza, della bassezza e della cattiveria umana, porgendoglielo come un miscuglio di fiele ed aceto.

Non sappiamo e non dobbiamo chiedere prima del tempo dove ci vuole condurre su questa terra il Figlio di Dio. Sappiamo solo questo: che per coloro che amano il Signore, tutto si volge al bene. E inoltre che le vie del Signore oltrepassano i confini di questa terra. Oh, miracoloso scambio! Il creatore del genere umano ci dona la sua divinità assumendo un corpo umano.

Il regno del re divino è risultato diverso da come lo avevano raffigurato i Salmi e i Profeti. I romani restarono signori del paese e i sommi sacerdoti e gli scribi continuarono a tenere il popolo sotto il loro giogo. Chi apparteneva al Signore portava invisibile in sé il regno dei cieli. Non gli fu tolto il suo fardello terreno, anzi gliene furono affidati degli altri; ma ciò che aveva in sé era una forza possente che rendeva dolce il giogo e leggero il peso.

Il bambino divino è diventato un maestro e ci ha insegnato che cosa dovevamo fare. Affinchè l’intera vita umana sia compenetrata dalla vita divina, non basta inginocchiarsi una volta all’anno davanti al presepe e farsi prendere dall’incanto della notte santa. Bisogna stare per tutta la vita in contatto quotidiano con Dio, ascoltare le parole che lui ha detto e che ci

Occorre soprattutto pregare, come il Signore stesso ci ha insegnato e come con insistenza ci ha sempre di nuovo raccomandato di fare. «Chiedete e vi sarà dato». Questa è la sicura promessa che si sarà esauditi. E chi ogni giorno dice con tutto il cuore il suo «Signore, sia fatta la tua volontà», può essere certo di non tradire la volontà divina anche se non ha più alcuna certezza personale.

Il Signore sa che siamo uomini e che rimaniamo uomini, che ogni giorno devono combattere con le proprie debolezze, e viene in aiuto alla nostra umanità in maniera veramente divina. Come il corpo terreno ha bisogno del pane quotidiano, così anche la vita divina in noi esige un continuo nutrimento. «Questo è il pane di vita, disceso dal cielo». In chi lo fa diventare davvero pane quotidiano, si manifesta ogni giorno il mistero del Natale, l’incarnazione della Parola. E questa è certo la via più sicura: mantenere costante l’unione con Dio, crescere ogni giorno con sempre maggiore saldezza, profondità nel corpo mistico di Cristo. So bene che a molti ciò sembrerà una richiesta troppo radicale. Praticamente, significa per la maggior parte dei casi, se si comincia da capo, una trasformazione di tutta la vita esteriore ed interiore. Ma deve proprio essere così! Nella nostra vita si deve far posto al Salvatore eucaristico, affinchè possa trasformare la nostra vita nella sua vita. Si pretende troppo?

La preghiera della Chiesa è la preghiera del Cristo vivente. Il suo modello è la preghiera di Cristo durante la sua vita terrena.

Cristo ha partecipato alle funzioni religiose pubbliche del suo popolo, le ha messe in strettissimo rapporto con la sua offerta sacrificale, dando loro così un senso pieno e specifico - quello per cui la creazione rende grazie al creatore. In questo modo ha trasformato la liturgia del Vecchio Testamento in quella del Nuovo Testamento.

Le preghiere solenni che innalzano i monaci, bocca sonante della Chiesa, incorniciano la santa vittima, incorniciano anche, compenetrano e santificano ogni altro lavoro giornaliero, cosicché preghiera e lavoro diventano un unico «opus Dei», un’unica «liturgia» Le loro letture dalla Sacra Scrittura, dai Padri della Chiesa, dai testi liturgici e dalle encicliche dei suoi Pastori sono un grande e continuo inno di lode all’opera della provvidenza e alla progressiva realizzazione del piano eterno di Dio. I loro canti di lode mattutini chiamano a raccolta l’intera creazione, perché si unisca nella lode del Signore: monti e colline, fiumi e torrenti, mari e venti, pioggia e neve, tutti i popoli della terra.

Che cosa sarebbe la preghiera della Chiesa se non il dono d’amore a Dio, che è l’amore stesso?

Il tuo sguardo amoroso nel mio affondi porgi l’orecchio ai deboli sussurri e il cuor ricolmi di profonda pace.

Ma il tuo amore di ciò non è ancor pago che in tal scambio resta divisione e intimità maggiore il cuore agogna.

Passa la carne tua per la mia carne

l’anima tua con la mia si salda

quel ch’ero prima già io più non sono.

 

Tu vieni e vai, ma in me lasci un seme

ch’è come un pegno di futura gioia

seme nascosto nella mortal carne.

 

È possibile, o Signore, che uno possa rinascere se ha già oltrepassato la metà del corso della vita? Tu l’hai detto, e in me divenne realtà: mi liberai del grave peso di colpa e dolore di una lunga vita.

Nel tuo cuore abita la pace eterna.

Vorresti infonderla in ogni cuore, vorresti traboccarvi, ma non trovi accesso su questa terra.

Non hanno orecchie per te,

che bussi piano,

con il martello

devi picchiare.

Dopo la lunga notte

appena si fa giorno,

il tuo regno nasce

tra alte grida.

 

Il Signore preme nel torchio, le sue vesti sono rosse. Possente, spazza il paese con una scopa di ferro.

Nell’ululato della tempesta annuncia il suo ultimo avvento. Sentiamo il sibilo potente - il Padre solo sa quando.

Chi ci condurrà

dalla notte alla luce?

Come finirà il terrore?

Dove il tribunale colpirà i peccatori?

Quando si volgerà il destino?

Sul Monte degli Ulivi,

mentre sudava sangue,

lottava con il Padre

e lo scongiurava,

a lui toccò la vittoria

e si decise il destino del mondo.

Là gettatevi a terra

a pregare

e non chiedete pi√π

chi? come? dove? quando?

 

Non permetterci di giudicare per non essere giudicati, tutti ci inganna l’apparenza delle cose. Vediamo enigmi qui sulla terra, solo il creatore sa la verità.

Benedici l’anima affranta

dei sofferenti,

la pesante solitudine degli uomini,

chi è senza pace,

il dolore che nessuno mai

confida ad altri.

 

E benedici il cammino

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di chi vaga di notte

e non teme gli incubi

di vie sconosciute.

Benedici la miseria degli uomini

che stanno morendo.

Concedi loro, Signore,

una buona fine.

 

Benedici i cuori, Signore,

i pi√π amareggiati.

Dai sollievo ai malati.

A chi hai tolto

la cosa pi√π cara,

insegna a dimenticare.

Su tutta la terra

non permettere a nessun anima

di essere straziata.

 

Benedici chi è lieto, Signore,

proteggilo.

Non hai mai preso

la mia tristezza.

Talvolta grava,

pesante, su di me.

Dammi la forza

per sopportarla.

 

Chi sei, luce, che mi inondi e rischiari

la notte del mio cuore?

Tu mi guidi

come la mano di una madre,

ma se mi lasci

non saprei fare

neanche un passo solo.

Tu sei lo spazio

che circonda l’essere mio

e lo protegge.

Se mi abbandoni

cado nell’abisso

del nulla,

da cui mi hai chiamato

all’essere.

Tu, pi√π vicino a me

di me stessa

a me pi√π intimo

dell’anima mia -

eppure sei intangibile

ed incomprensibile

e di ogni nome infrangi le catene:

Spirito Santo - Eterno Amore “.

 

Tu che dal cuore del Figlio scendi nel mio cuore non sei forse la mamma degli angeli e dei beati? Lui che dalla morte

si è sollevato alla vita

dal sonno della morte

ha risvegliato anche me

a vita nuova

e mi dà nuova vita

di giorno in giorno.

la sua pienezza

mi inonderà,

la vita della tua vita-

sì, tu stesso:

Spirito Santo - Vita Eterna.

 

Sei tu il raggio

che guizza

dal trono del giudice

e irrompe

nella notte dell’anima,

che mai si comprende?

Misericordioso e inesorabile

penetra in pieghe segrete.

Sbigottita

alla vista di se stessa,

da spazio -

al timor sacro,

al principio di quella saggezza

che viene dall’alto

e ci ancora saldamente

al cielo -

dà spazio

alla tua opera

che ci rigenera:

Spirito Santo - Acuto Raggio

Sei tu la pienezza dello spirito

e la forza

con cui l’agnello scioglie gli enigmi

del volere eterno di Dio?

Da te incitati,

i messaggeri della giustizia

cavalcano per il mondo

e con spade affilate

dividono il regno della luce

dal regno della notte.

Allora rinascerà il cielo

e rinascerà la terra

ed ogni cosa

sarà al suo posto

grazie al tuo soffio:

Spirito Santo - Forza Vittoriosa.

 

Sei tu

il canto dell’amore

e del timor sacro

che risuona eterno

intorno al trono di Dio,

che sposa in sé

il puro suono di tutte le cose?

L’armonia,

che unisce

le membra al capo,

nella quale ognuno

trova beato

il senso profondo del proprio essere

ed esultando scorre

nel tuo fluire:

Spirito Santo - Giubilo Eterno.

Edith Stein

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