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Capitolo 40

LA STORIA D'ITALIA. Suo scopo - Encomii della stampa e di personaggi illustri - Omaggio di questo volume al Papa ed a benefattori - Proposta non accettata del Governo - Altre edizioni - Vantaggi recali alla società da questa storia - Sua traduzione in inglese.


Capitolo 40

da Memorie Biografiche

del 29 novembre 2006

 In quest'anno 1856 i giovani dell'Oratorio, anzi tutta la gioventù italiana riceveva da D. Bosco un dono, che sarà monumento imperituro della sincerità dell'amor suo verso di questa speranza della Chiesa e della patria. I nostri lettori non potranno non fare le più alte meraviglie al sapere come, in mezzo a tanti travagli di mente e a tante fatiche di corpo pel governo di sua numerosa famiglia, D. Bosco abbia ancora trovato tempo per comporre e dare alle stampe una Storia d'Italia, quale è una delle opere più belle ed importanti uscite dalla sua penna.

Un consiglio di D. Giuseppe Cafasso aveva affrettato il compimento di questo lavoro. D. Bosco erasi presentato a lui con due quaderni, sopra ciascuno dei quali eravi scritto un titolo, e gli aveva chiesto: - Debbo comporre una Storia d'Italia, ovvero un Metodo per confessare la giovent√π?

   A Don Bosco sembrava meglio scrivere intorno al secondo argomento, poichè certuni non davano V importanza dovuta a queste confessioni. Il pregiudizio che fosse quello tempo perduto, l'impazienza e la noia cagionata dalla leggerezza e dall'ignoranza di moltissimi fanciulli, la mancanza di esperienza, in più luoghi, riducevano a piccol numero que' sacerdoti che sapessero o volessero confessare i giovanetti. Le loro confessioni erano ascoltate solo a Pasqua.

   D. Cafasso, udite le ragioni di D. Bosco, senz'altro gli disse:

     - Scrivete la Storia d'Italia!

   D. Bosco obbedì. Egli d'altra parte vedeva in que' giorni con alto rammarico perfidi scrittori, per mezzo di Epiloghi, di Sommarii, di Compendii, di Storie patrie e via dicendo, fare barbaro scempio della Storia Italiana, rimettere in luce viete e già le mille volte confutate calunnie contro i Papi, dipingerli siccome nemici d'Italia, travisare, torcere in cattivo senso, o tacere i fatti più gloriosi, per dare in quella vece come storiche verità prette invenzioni od opinioni di cervelli balzani, purchè fossero di sfregio al Papato; anzi gli stessi Romani Pontefici, che erano in grido dei più benemeriti della penisola, tradurre quali fautori di sue sciagure e simili. E quel che era peggio, tali storie nazionali incominciavano ad adottarsi in varie scuole come libri di testo. Si aggiunga che i Protestanti in tre loro periodici combattevano fieramente il Papato, e il giornalismo settario ne assaliva il dominio temporale falsandone l'origine e lo scopo e negando che fosse basato sul diritto.

Questi tradimenti della verità, questo avvelenamento delle giovani menti rivoltava l'animo a D. Bosco e si accinse ad apprestarvi quell'antidoto più efficace che per lui si potesse. Il Ch. Rua Michele scrisse tutta la Storia, d'Italia sotto la sua dettatura; e il giovanetto Melchior Voli, che fu poi avvocato, sindaco di Torino e senatore del regno, aiutò D. Bosco a tracopiarla trovandosi con lui in Casa Roasenda, poichè il manoscritto originale era coperto di correzioni. Nel 1855 Paravia ne aveva incominciata la stampa. Queste pagine contengono una vera difesa della Chiesa e dei Papi, dimostrano i beneficii resi da loro alla civiltà e specialmente all'Italia, e sostengono con argomenti perentorii il dominio temporale dei Papi, necessario per il libero esercizio della loro autorità spirituale.

  L'orditura dell'opera è distinta in quattro periodi dì tempo. Mentre però tutti gli storici dividono la parte che riguarda la Storia Romana in tre epoche: i Re, la Repubblica e l'Impero, D. Bosco, la divide in due: l'Italia pagana e l'Italia Cristiana. In ciò si spiega sempre più il sentimento profondo che aveva nel cuore: Gesù Cristo, il suo Vicario, la sua Chiesa.

  La prima epoca o periodo adunque incomincia dai primi abitatori d'Italia, e si estende fino al principio del­l'era volgare quando tutto l'Impero Romano passò sotto la dominazione d'Augusto. La seconda epoca dal principio del Romano Impero fino alla caduta del medesimo in Occidente nel 476, perchè in tale spazio di tempo il Cri­stianesimo fu propagato e stabilito in tutta l'Italia. La terza epoca incomincia dalla caduta del Romano Impero in occidente fino alla scoperta dell'America fatta da Cri­stoforo Colombo nell'anno 1492: la storia del Medio Evo.

La quarta comprende il resto della storia sino al 1855, comunemente appellato Storia Moderna. Quasi tutti i capitoli si chiudono con una sentenza del libro dei Proverbi.

   D. Bosco a mano a mano che il suo lavoro progrediva portava le bozze di stampa al Professore Abate Amedeo Peyron pregandolo a leggerle e a dare il suo giudizio su quel lavoro. Il Professore, volendo fargli un buon servizio, correggeva, correggeva, ma alla fine rileggendo si avvide non essere possibile far meglio. Quindi cancellò le correzioni e lasciò il libro come era stato dettato da D. Bosco. Così ci narrò il Prof. D. Garino. Ma in questa occasione Peyron diede un ammonimento a D. Bosco che non fu mai dimenticato.

   Tra le altre brevi biografie degli uomini illustri aveva pur messa quella di Vittorio Alfieri. Il Peyron disse a D. Bosco: - E perchè in un libro destinato ai giovanetti mette la biografia dell'Alfieri, di uno scrittore sì guasto di costumi, di idee così perniciose e che ha fatto tanto male co' suoi scritti e colle sue tragedie? Tolga questa biografia. Dell'Alfieri si dovrebbe far perdere perfino la memoria. Se lei lo nomina o lo biasima, o peggio ne tesse qualche lode, nei giovani si desterà la curiosità di andarne a comperare e a leggere le opere, con grande loro danno. Lo tolga, lo tolga!

   E D. Bosco così fece. E poi avvisava i professori che si guardassero bene dal nominare o citare autori cattivi e molto meno farne elogio in quanto alla lingua o ad altri pregi.

   Eziandio al suo antico Professore D. Pietro Banaudi, aveva dato ad esaminare la sua storia, forse per ciò che riguardava i giudizii sui fatti ecclesiastici.

 

 

Car.mo Signor Professore,

 

  Eccole due altri quaderni della nostra comunque siasi storia d'Italia, che io raccomando alla sua bontà siccome fu compiacente di fare nei quaderni antecedenti.

  Presentemente è in corso di stampa e presto spero di essere in grado di mandarle il rimanente fino a' nostri giorni.

  La ringrazio di cuore, mi ami nel Signore e mi creda con gratitudine sincera

Di V. S. Car.ma

Torino, 5 dicembre.

 

                                                                                                         Obbl.mo allievo

                                                                                                Sac. Bosco Giovanni.

 

E nella metà del 1856 usciva alla luce la Storia d'Italia raccontala alla gioventù, da’ suoi primi abitatori sino ai nostri giorni, corredata di una carta geografica d'Italia dal sacerdote Bosco Giovanni. Questa prima edizione era di 2500 copie.

  Sono preziose le parole colle quali egli espose lo scopo che si prefisse nello scrivere quest'opera, parole che meritano di essere qui riportate, perchè rivelano come la sana educazione della gioventù fosse il continuo suo pensiero, l'oggetto precipuo di ogni sua fatica.

 

  “ Egli è un fatto universalmente ammesso, così egli, che i libri devono essere adattati all'intelligenza di coloro a cui si parla, in quella guisa che il cibo deve essere acconcio alla complessione degli individui.

       ” Giusta questo principio io divisai di raccontare la Storia d'Italia alla gioventù, seguendo nella materia, nella dicitura e nella mole del volume le stesse regole già da me praticate per altri libri al medesimo scopo destinati. Tenendomi pertanto ai fatti certi, più fecondi di moralità e di utili ammaestramenti, tralascio le incerte, le private congetture, le troppo frequenti citazioni di autori, come pure le troppo elevate discussioni politiche, le quali cose tornano inutili e talvolta dannose alla gioventù

  ” Posso nondimeno accertare il lettore, che non iscrissi un periodo senza confrontarlo cogli autori 'Più accreditati, e, per quanto mi fu possibile, contemporanei, o almeno vicini al tempo, cui si riferiscono gli avvenimenti. Neppure risparmiai fatica nel leggere i moderni scrittori delle cose d'Italia, ricavando da ciascuno quello che parve convenisse al mio intento. Ho fatto quello che ho potuto perchè il mio lavoro tornasse utile a quella porzione dell'umana società, che forma la speranza di un lieto avvenire, la gioventù. Esporre la verità storica, insinuare l'amore alla virtù, la fuga del vizio, il rispetto all'autorità e alla Religione fu intendimento finale di ogni pagina.

  ” Le buone accoglienze fatte dal pubblico ad alcune mie operette altra volta pubblicate mi fanno sperar bene di questo comunque siasi lavoro. Se a taluno riuscirà di qualche vantaggio, ne renda gloria al Dator di tutti i beni, cui intendo di consecrare queste mie tenui fatiche ”.

Fin qui D. Bosco.

  Appena quest'opera fu messa in vendita, uomini competenti in materia ne fecero grandi elogi.

   D. Trusso nostro antico allievo ed insegnante narrava che un distinto professore siciliano, avendo preso a leggere questa storia, finita che ebbe la lettura esclamò: - Chi ha scritto questo libro è un santo!

   I dotti scrittori della Civiltà Cattolica levandola al cielo la chiamarono un libro che nel suo genere non ha forse pari in Italia; e nel loro periodico, anno 13, serie 5 Vol. 3 pag. 474 ne esternavano quest'altro giudizio: “ Sotto la penna dell'ottimo D. Bosco, la Storia non si tramuta in pretesto di bandire idee di una politica subdola o principii di una ipocrita libertà, come pur troppo avviene di certi altri compilatori di epiloghi, sommarii, compendii che corrono l'Italia e brulicano ancora per molte scuole godenti riputazione di buoni. Alla veracità dei fatti, alla copia della materia, alla nitidezza dello stile, alla simmetria dell'ordine l'autore accoppia una sanità perfetta di dottrine e di massime vuoi morali, vuoi religiose, vuoi politiche ”.

   Qualche spirito melanconico sentissi punto da queste lodi e andava ripetendo nelle conversazioni, essere caduto in mano a D. Bosco il manoscritto, trovato in una biblioteca, di un Gesuita, e averlo egli pubblicato sotto il suo nome. D. Bosco taceva, ma il Prof. D. Picco prese le sue parti: - Che Gesuita, che Gesuita! rispondeva a chi gli dava la peregrina novella. Ma se io ho visto foglio per foglio quanto D. Bosco ha scritto! E nell'atto stesso che li scriveva!.... Oh! Si vede che non conoscete D. Bosco!

D. Bosco intanto non aveva tardato nel far presentare al Sommo Pontefice una delle prime copie di questa storia convenientemente legata, e da Roma gli perveniva il de­siderato riscontro.

 

Ill.mo Signor D. Bosco,

 

In conformità ai desiderii che V. S. Ill.ma mi manifestava col suo foglio del 7 corrente rassegnai di buon grado al S. Padre l'esemplare del Corso della Storia d'Italia raccontato alla gioventù da Lei compilato. Mi reco pertanto a premura di significarle che il S. Padre accolse con gradimento questa dimostrazione di os­sequio verso la sacra ed augusta di Lui persona e Le comparte per mio mezzo l'Apostolica sua benedizione.

Io poi me Le dimostro obbligatissimo per l'altro esemplare dell'opera stessa che si compiacque destinarmi in dono e nel porgerle i debiti ringraziamenti mi pregio di dichiararle i sensi della mia distinta stima.

Di V. S. Ill.ma

Roma, 18 settembre 1856.

 

                                                                                                          Servitore vero

                                                                                                    G. Card. Antonelli.

 

Nello stesso tempo D. Bosco ne mandava altre copie in dono a varii amici e benefattori, fra le risposte dei quali noi sceglieremo la seguente:

 

 

 

 Molto Rev. e carissimo D. Giovanni,

 

  Ho tardato a ringraziarla del pregevole dono che Ella mi ha fatto di un suo accurato lavoro nel compendio storico dell'Italia nostra, partendo dai più remoti tempi e venendo ai giorni nostri; ho tardato, dico, a compiere questo mio dovere, perchè fin qui non trovai tempo di assumerne lettura e cognizione. Ora pertanto che mi trovo nella quiete campestre e lungi dalle continue e troppe mie occupazioni cittadine, lo adempio con riconoscenza più animata, e con ammirazione per un lavoro che Le deve essere costato molta fatica nel ridurre a compendio le vicende del nostro bel paese che sempre nelle arti e nelle scienze emerge a gloria nostra sopra gli altri. Ammiro l'accurato studio che con risultato ottimo Ella pose nel ridurre il molto in poco senza tradire la verità storica, e senza nessuna vicenda omettere delle più famigerate e notevoli, a cui nei casi avversi soggiacque Italia e primeggiò nei felici. Ella si merita la gratitudine della gioventù torinese, alla quale Ella dedica con tanto amore le sue provvide cure, e direi anche della gente tutta italiana, cui debbe interessare di trovare in un libro di piccolo formato epilogata la origine nostra insieme colla serie delle vicende che il bel paese ove il sì suona ebbe a sostenere.

  Colgo eziandio il favorevole incontro per ringraziarla assai assai dell'essersi occupata a fare eseguire dai buoni suoi allievi i deboli miei componimenti musicali caratteristici, che ebbero costì prospera fortuna senza averne il merito.

  Mi perdoni la lunga lettera che passa i confini della discrezione, mi conservi nella, da me pregiatissima, sua memoria e mi creda disposto a servirla ove il possa onde dimostrarmele con riconoscenza e quale mi pregio di dirmi

Milano, 29 ottobre 1856.

 

                                                                                          Dev.mo Obbl.mo Servo

                                                                                            Cesare Di Castelbarco.

 

In seguenti edizioni D. Bosco vi aggiungeva un Capitolo sulla guerra del 1859, ossia la conquista della Lombardia, e più tardi un sommario cronologico dei principali avvenimenti dalla pace di Villafranca (1859) alla morte di Napoleone III (1873). Vi inserì eziandio alcune nuove biografie di uomini illustri, di Carlo Denina, Giuseppe De-Maistre, Antonio Canova, Antonio Cesari, Vincenzo Monti, Cardinal Mezzofanti, Silvio Pellico, Antonio Rosmini, Carlo Boucheron, Pier Alessandro Paravia, Amedeo Peyron, Alessandro Manzoni.

  Di Alessandro Manzoni, dopo aver lodato i suoi scritti e specialmente i Promessi Sposi, fa qualche osservazione su questo romanzo. “ La stima, ei scrive, che abbiamo di quest'opera non ci tratterrà tuttavia di biasimare altamente il ritratto che ci porge di D. Abbondio e quello della sgraziata Geltrude. Il Manzoni, che voleva dare all'Italia un libro veramente morale ed ispirato da sentimento cattolico, poteva, certo, presentarci migliori caratteri; gli stessi romanzieri d'oltre Alpe ben altra idea ci porgono generalmente del parroco cattolico. Il giovane poi, che fin da' suoi primi anni ha imparato, coll'amore ai genitori, la venerazione al proprio parroco, dovrà necessariamente ricevere cattiva impressione nella mente e nel cuore dopo siffatta lettura ”.

  Quindi non consigliavane ai giovanetti, perchè inesperti e impressionabili, la lettura, e solamente la tollerò quando fu nelle scuole prescritta dal Governo. Da ciò si argomenti che cosa D. Bosco pensasse degli altri romanzi. Ei diceva continuamente, che i libri, anche non cattivi, ma leggeri ed appassionati, sono pericolosi, in specie per la moralità.

  Questa storia fu per que' tempi e in appresso una provvidenza, stimata dai buoni e anche dai non sospetti di troppo cattolicismo. Dio solo sa il bene che arrecò alla gioventù e il male da cui la preservò. Non appena conosciutine i pregi, i padri di famiglia, i maestri, gli istitutori, che desideravano avere figliuoli e discepoli eruditi nella storia patria, ma non attossicati, andarono a gara per loro provvederla.

   Nel corso di trent'anni se ne spacciarono oltre a 70.000 copie.

   In principio lo stesso Ministro della Pubblica Istruzione, che era Giovanni Lanza, la fece esaminare, gli piacque molto, l'onorò d'un premio di lire mille, e mostrò desiderio che venisse adottata nelle scuole governative. Per ciò vi fu chi da parte del Governo venne a promettere a D. Bosco che sarebbe stato emanato un decreto per approvare questa storia come libro di testo nell'insegnamento, purchè D. Bosco, non già correggesse il suo lavoro, ma togliesse alcuni periodi che gli sarebbero indicati. Egli però nulla volle mutare, e non si curò di un progetto che pure gli avrebbe fruttato un lucro grandissimo. Anzi era pronto a soffrire con gioia l'ira dei settarii, che lo avean preso in sospetto di reazionario e capo di reazione, in favore del Sommo Pontefice.

   I giovani dell'Oratorio intanto leggevano con assiduità quella storia, e talora ne recitavano a memoria dei capi intieri; e lo stesso D. Bosco per animarli distribuiva ai migliori lodi e premii, come saviamente praticava con quelli, che meglio sapevano recitare il catechismo, o gli squarci più belli di Storia Sacra o di Storia Ecclesiastica.

   Un altro vantaggio di grande importanza arrecò la Storia d'Italia alla società. Ella servì di modello ed esempio a non pochi autori a scrivere libri sullo stesso argomento e così togliere dalle mani della gioventù storie grandemente in voga e molto pericolose anche per la moralità.

Un fatto dobbiamo ancora aggiungere, cioè che il nome di D. Bosco, ancor vivente, a sua insaputa fu da questa opera fatto conoscere in Inghilterra, perchè adottata colà come libro scolastico. I nostri confratelli di Londra trovarono sopra un banchetto, ove si vendevano libri in seconda mano, un magnifico volume inglese, col titolo: “ Compendio della Storia d'Italia di Giovanni Bosco, traslato dall'italiano da un ex Ispettore Governativo delle scuole I. D. Morell, LL. D. ”. Era edito dalla tipografia Longman, Green una delle principali ditte editrici di Londra, nel 1881.

Il traduttore così scriveva nella prefazione: .......Durante la mia residenza di parecchi inverni in Italia, rivolsi naturalmente la mia attenzione alla storia di quel paese. E pensai soventi volte che un buon sommario di storia d'Italia in inglese, specialmente adatto alla gioventù, colmerebbe una vera lacuna.

  Noi abbiamo numerosi lavori sulla storia antica d'Italia, cioè della repubblica romana e dell'impero. Alcuni di essi diffusi, altri brevi adattati agli studenti di scuole inferiori e superiori. Ma appena arriviamo alla caduta dell'impero romano di occidente, e entriamo nel medioevo, quest'abbondanza, in servigio dello studio di questa parte della storia d'Italia, cessa subito.

  Non è per nulla facile trattare tutti questi complicati fatti politici combinando la brevità colla chiarezza, e farne un passabile sommario di storia italiana: è questo un lavoro niente affatto agevole.

  Il presente compendio è in massima parte tradotto dal lavoro di Giovanni Bosco (un dotto prete italiano) intitolato La storia d'Italia raccontata alla gioventù.

  Il compendio della storia d'Italia del Bosco comincia dalla fondazione di Roma. La prima parte (che inchiude la storia generalmente detta romana) era inutile a tradursi, perchè contiene la materia dei manuali inglesi usati in tutte le nostre scuole e collegi.

  Riguardo alla traduzione in sè, devo premettere che il libro, fu scritto (come il titolo esprime) per la gioventù d'Italia, cioè per uso delle scuole superiori di quella nazione. Ha già avuto cinque edizioni, ed è largamente usato come testo approvato.

Lo stile è estremamente semplice, e vi sono intrecciate varie spiegazioni, che non sarebbero punto necessarie in libro destinato a lettori più istruiti. Ho tentato in qualche modo riprodurre nella traduzione la leggiadra semplicità dello stile: delle spiegazioni accennate sopra, alcune le ritenni, altre le tralasciai come non necessarie. Devo anche dichiarare che siccome l'autore è un prete della Chiesa Cattolica molto zelante, si trovano sparsi nelle sue pagine molti sentimenti ed opinioni che non accorderebbero punto colle nostre idee inglesi e sopratutto protestanti. Io mi tenni giustificato in modificarle od ometterle secondo il caso....

 

 

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