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Capitolo 41

Ancor della Perquisizione - Opportuno incoraggiamento dato a D. Bosco dal Can. Anglesio - I Bollandisti - La confessione - Sospetti di un nascondiglio - Un'altra raccomandazione di Farini per un giovane da ricoverarsi - Scherzo della Provvidenza - Si stura una bottiglia; i brindisi -La fine della perquisizione - Verbale e prova d'innocenza - I fiscali partono: gioia dei giovani - Preghiere in tutti gli Istituti per D. Bosco - Delirio di un giovane al falso annunzio che D. Bosco è prigioniero - D. Bosco avvisa D. Cafasso degli ordini ministeriali al Fisco - D. Bosco compra un foglio che sparla di lui - Continue visite di condoglianza all'Oratorio - Articoli dell'Armonia e della Gazzetta del popolo - Don Bosco pensa ad ampliar L'Oratorio -Parlata al Capitolo di questo disegno - Trattative per comperare casa Filippi - Generosa offerta del Cavalier Colla - Ragione del coraggio di D. Bosco in simili ampliamenti.


Capitolo 41

da Memorie Biografiche

del 30 novembre 2006

Alle quattro ore, Reano Giuseppe, terminata la scuola ai giovani esterni si recò nella camera di D. Bosco per vedere come andassero le cose. Lasciò scritto: “ Lo trovai in piedi nell'atto di correggere gli stamponi delle Letture Cattoliche; e l'udii esclamare: - Ma cosa vogliono trovare in casa di un povero prete?

- Il Delegato gli rispondeva: - E non sa ella che alle volte si può trovare il corpo del delitto e che lei non sappia nemmeno d'averlo? Da lei in fuori non vi sono altri in questo Oratorio? E poi perchè non si vede in queste camere l'effigie di Vittorio Emanuele?

” D. Bosco a sua volta: - Perchè non vi è legge che mi obblighi. Loro Signori guardino bene, non vedranno neppure quella di Pio IX!

” Uscito dalla camera di D. Bosco, D. Alasonatti mi fece chiamare e mi consegnò 200 lire da portare in Torino al costruttore Delponte. Ma ad ogni passo che si faceva in casa s'incontravano guardie di pubblica sicurezza e nel cortile e alla porta e all'ombra dei gelsi, nel prato innanzi all'Oratorio. Mentre io voleva uscire le guardie me lo impedirono; ma a furia d'insistenze, esponendo la premura di fare un pagamento e con un buon spintone dato a tempo, me la cavai. Dopo mezzora compiute le mie commissioni, rientrava in casa e andai in camera di D. Bosco per assicurarmi che nulla fosse accaduto di nuovo. Gli inquisitori continuavano sempre a fargli domande ”.

Nello stesso tempo uno dei più stimati personaggi della città volle compiere un caritatevole ufficio verso D. Bosco. Fu questi il Can. Luigi Anglesio, Superiore della Piccola Casa della Divina Provvidenza. Il sant'uomo, per la vicinanza del luogo avendo saputa la cosa, si portò immediatamente all'Oratorio per parlare con D. Bosco; ma giunto alla porta, gliene ne fu dai poliziotti proibita l'entrata, come estraneo. Disse pertanto al portinaio: - Va, chiama Don Bosco e digli che debbo parlargli dì cose d'urgenza. Il portinaio andò, ma D. Bosco era in mezzo ai perquisitori e non poteva allontanarsi; d'altra parte il Delegato non glielo avrebbe permesso. Il portinaio ritornò dicendo come non gli fosse stato possibile avvicinare D. Bosco e pregava il Canonico a volerlo attendere.

- Ho premura, non posso, rispose il Canonico e visto il Chierico Giovanni Boggero, lo chiamò e gli disse: - Vada da D. Bosco e gli dica da parte mia che si faccia animo e prenda fiducia. Oggi l'Oratorio di S. Francesco di Sales è messo dal Signore alla prova; ma da questo istante lo ha benedetto in modo speciale, e sarà consolidato. Da qui innanzi prenderà tale sviluppo ed incremento, che porterà i suoi benefici influssi fuori di Torino e in molte parti del mondo. - E fu profezia.

Gli uomini del Fisco intanto continuavano a togliere libri dagli scaffali, ed uno di loro preso in mano un grosso volume dei Bollandisti, domandò a D. Bosco: - Che cosa sono questi libracci ?

- Sono libri dei Gesuiti, che per niente vi riguardano; lasciateli stare e si passi ad altro.

- Libri dei Gesuiti! esclamò colui: siano tutti sequestrati.

- No, osservò il Delegato, son troppo grossi e ci andrebbe un mulo a portarli via: anzitutto si osservi che cosa contengono.

Quel primo per non dare a divedere che non sapeva leggere nei libri grossi, aperse il volume che aveva tra mano e continuò a leggere per quasi una mezz'ora; infine disse: - Vadano alla malora questi libri e chi li ha scritti! non se ne capisce un'acca: son tutti latini. Se fossi re, vorrei abolire il latino, e proibire di stampare libri in questa lingua. Insomma che cosa contengono questi volumi? Quali argomenti trattano ?

- Le vite dei santi. Questo che voi leggete, rispose Don Bosco, contiene la vita di S. Simone Stilita. Udite un istante tutti: Quest'uomo straordinario atterrito dal pensiero dell'inferno, pensando che aveva un'anima sola, e temendo di perderla, abbandonò patria, parenti ed amici, e andò a fare vita santa nei deserti. Salì poscia e visse molti anni sopra una colonna, gridando sempre contro agli uomini del mondo che pensano soltanto a godersela, senza badare alle pene eterne, che nell'altra vita stanno preparate per coloro i quali vivono malamente sopra la terra. - E sfogliando quel volume, continuava: - Tratta anche di altra brava gente, vedano, che per non andare a casa del diavolo, furono obbedienti alle leggi di Dio e della Chiesa. Osservino questo santo, e accennava l'intestazione della pagina, questo santo si confessava una volta per settimana. Quell'altro, e, mostrava un'altra intestazione, si confessava due volte alla settimana. Quest'altro, poi si confessava tutti i giorni, e quest'altro che vien dopo .....

- Basta, basta D. Bosco!

- E basti! Ma osservino che tutti coloro dei quali si leggono le gesta in questi libri, hanno sempre fatta la Pasqua tutti gli anni, come spero che saranno loro pure, o miei signori, soliti a farla.

A questa sparata a bruciapelo quei bravi signori risposero. - Oh! già!... già!…: diacine...: non creda poi che noi sicuramente…! - E i Bollandisti furono rimessi al loro posto. In quel mentre un inquisitore gli diceva: -Ma, D. Bosco, se continua un poco in queste prediche dovremmo andarci tutti a confessare.

- Appunto, appunto, rispose D. Bosco. Oggi è sabato, e domani la solennissima festa della Pentecoste. Verso le ore cinque cominciano le confessioni de' miei cari giovani. Che bell'esempio dareste, se voi foste i primi!

- Sarebbe cosa veramente degna di essere tramandata alla posterità, osservò l'Avvocato Tua, se la nostra perquisizione andasse a finire nella confessione.

- Bene! Optime! Preparatevi dunque, proseguì Don Bosco, e io impiegherò per voi assai volentieri tutta la sera, e con maggior vantaggio che non è la perquisizione.

- Eh! per me sarebbe inutile, aggiunse l'Avv. Grasso; per ora mi manca il pentimento.

D. Bosco sorrideva.

- Ma come va questo, osservarono quei signori, in tutte quelle case nelle quali andiamo è uno spettacolo d'orrore. Là cade una svenuta, qui un'altra ha le convulsioni, in un luogo vi è uno che piange, altrove uno che grida e lei ride è tranquillo e ci tien tutti allegri. Perchè?

- Perchè, rispose D. Bosco, io son tranquillo? non ho paura. Non è possibile che mi trovino cose che mi compromettano. La loro visita è una burla e nulla più.

Intanto quei signori avevano i panni tutti sporchi di polvere, di ragnateli e del bianco color del muro. Pulivansi le mani coi fazzoletti, storcevano il collo guardando sulle proprie spalle e soffregavano e scuotevano leggermente i panni. D. Bosco li guardava con aria di compassione e l'Avv. Tua brontolava: - Se non fosse la speranza di maggior avanzamento .......

Mentre così andavano e venivano per la stanza, parve ad uno di costoro che sotto il pavimento vi fosse un vano risuonante e dubitò di un ripostiglio: - Che cosa c'è qui sotto? interrogò.

- Che cosa vuole che ci sia?

- Si sente un rimbombo; c'è del vuoto.

- Certo che il pavimento è pavimento.

- Or bene mandi a chiamare un muratore.

- E che cosa faremo del muratore ?

- Per rompere e per vedere che cosa c'è qui sotto.

- Bravi signori! Si prendano essi questo fastidio, io non ci ho gusto a rovinar la mia camera.

Intanto quel fiscale andava battendo fortemente le pianelle col tacco onde accertarsi. D. Bosco rivolto allora agli altri e sorridendo: -Scusino, dirò una facezia; ma quel Signore che batte il pavimento con tanto fracasso ha forse i piedi ferrati?

A questa osservazione, della quale intesero benissimo la portata, dissero al compagno: - Ben ti sta; giusta osservazione. Ma lei D. Bosco dica; qui sotto c'è proprio nessun nascondiglio ?

- Se vogliono saperlo, sanno come fare. Guardino.

- Parla con tanta franchezza, dunque possiamo risparmiarci questa noia.

In quell'istante entrava il fattorino della posta con un grosso fascio di lettere del giorno. Fu subito afferrato dai fiscali, i quali incominciarono a disuggellare le lettere. Ed ecco la prima lettera è niente meno che dello stesso Ministro degli Interni che raccomandava un altro giovanetto:

Carlo Luigi Farini, il quale temeva che D. Bosco mettesse a repentaglio le sorti future del regno d'Italia, nello stesso tempo raccomandavagli i suoi protetti per la terza volta.

Ecco il testo della nuova raccomandazione:

 

Ministero Dell'Interno -.Divisione 5 - N. 1470

 

Torino, addì 23 maggio 1860.

 

Giuseppe Raspino di Govone ha fatto calde istanze verbali perchè il Ministro volesse accompagnare al Sig. Sacerdote Bosco una domanda per ricovero nell'Ospizio di S. Francesco di Sales in Valdocco di un suo nipote Fulgenzio Craveri, di circa anni dieci, il quale appartenente ad onesta, ma povera e numerosa famiglia e orfano di padre, ha la madre affetta da ricorrenti pazzie e non è in grado di apprendere una professione, che lo metta nella condizione onorata cui apparteneva il genitore.

Poichè a tale intento eminentemente risponde l'Ospizio diretto dal Sac. Bosco, lo scrivente aderisce di buon grado al desiderio del ricorrente, trasmettendogli la domanda corredata dalla fede di nascita del giovane Craveri e un'attestazione a lui favorevole della Giunta Municipale di Govone, nella lusinga che il Signor Direttore voglia anche in questo caso compiacersi di accettare in un epoca più o meno rimota l'orfano Craveri nel suo Ospizio, come già ebbe ad aderire anche di recente per altri casi consimili.

Quando l'accettazione fosse decisa, il Ministero non mancherà di disporre pel pagamento del contributo di lire 150 una volta tanto a carico dello Stato, da effettuarsi dopo che sarà seguito il ricovero del Craveri.

D'ordine del Ministro

SALINO

 

Al Sig. Sacerdote Giovanni Bosco Direttore dell'Ospizio di S. Francesco di Sales in Valdocco - Torino.

- Contacc! I gridò colui che l'aveva in mano: guardate! Ci mandano a fare le perquisizioni, ci spingono a fare vitacce di questo genere e tengono corrispondenze coi sospetti inquisiti.

- Signori! esclamò D. Bosco; hanno conosciuta quella firma? Sembra loro leale e generoso questo modo di procedere? In casa i raccomandati dal Ministero, o da persone addette a' suoi ufficii o a quelli del Municipio sommano a 15. Ma io perdono tutto e voglio contraccambiare l'iniquità con un atto di carità.

Gli inquisitori allora senza più gettarono le altre lettere ancor suggellate sul tavolino, senza curarsi di esaminarle. Se le avessero aperte ne avrebbero trovata una spedita da Roma, la quale, per sè innocentissima, pure avrebbe potuto diventare corpo di delitto e far arzigogolare chi sa quali congiure contro le istituzioni dello Stato. Quanto è buono il Signore e come scherza in cento modi in aiuto de' suoi cari!

Intanto erano già trascorse quasi tre ore d'inutili ricerche; e i cinque perquisitori e per l'affacendarsi nel loro ingrato uffizio, e per la polvere che avevano dovuto assorbire nel rimovere e scartabellare vecchi libri, e pel caldo che faceva nella camera, avevano tutti la gola asciutta ed arsa dalla sete. D. Bosco se ne accorse e ne ebbe compassione. Era entrato poco prima in camera il giovine Giuseppe Buzzetti, sotto colore di fare a D. Bosco una commissione, ma in realtà per vedere se gli occorresse qualche cosa, e D. Bosco gli diede ordine di portare da bere. In quell'ora i giovani studenti erano già usciti dalla scuola, e stavano facendo ricreazione quasi in silenzio. Se ne vedevano varii gruppi qua e là pel cortile a discorrere tra il timore e la speranza; altri andavano e venivano dalla chiesa a pregare pel buon esito della cosa; tutti poi erano ansiosi di vedere la fine di quell'affare così disgustoso che li teneva tutti in pena. Quando videro Buzzetti con sottocoppa in mano, con bottiglia e bicchieri, apersero il cuore alla speranza e diedero segni di grandissima gioia, ritenendo che non vi fosse pericolo per D. Bosco.

I perquisitori ormai convinti che D. Bosco non era persona da inspirare timori agli uomini del Governo, scorgendo ancora la bontà e cortesia, che usava loro nell'atto stesso che essi compivano contro di lui un incarico odiosissimo, finirono per concepirne stima ed ammirazione: lo ringraziarono e bevettero tutti insieme allegramente, brindando alla sua salute.

Questo fatto, le lepidezze precedenti e le amorevoli parole di quando in quando loro rivolte, avevano in certo qual modo reso D. Bosco padrone del cuore dei suoi perquisitori; onde bevuto che ebbero, ei fece loro notare essere giunta l'ora in cui al sabato si metteva a confessare. Perciò li pregò o che lasciassero venire i giovani in sua camera come erano soliti, oppure cominciassero eglino stessi a fare la propria confessione.

- Io ne ho bisogno, disse uno.

- Io pure, soggiunse un altro.

- Ed io pi√π di tutti, concluse l'Avv. Grasselli.

- Dunque, ripigliò D. Bosco, cominciamo.

- Se facessimo questo, osservò il Delegato, che direbbero mai i giornali?

- E se voi andate a casa del diavolo ripetè D. Bosco, i giornali e giornalisti verranno forse a liberarvi ?

- Ha ragione, ma... contacc... basta... un'altra volta... un'altra volta.

Intanto tra un discorso e tra un fatto e l'altro suonarono le ore 6 di sera. Avevano rifrustato per ogni angolo della camera di D. Bosco e della vicina biblioteca, ma le loro indagini erano riuscite infruttuose. I perquisitori non avevano solamente pi√π sete, ma appetito. D. Bosco alla sua volta era chiamato ora dall'uno ora dall'altro della casa e con insistenza per molti affari della famiglia; anzi i giovani soliti a confessarsi da lui volevano entrare in camera e cominciavano ad altercare colle guardie, che li respingevano. Laonde i fiscali fatte ritirare le guardie dai luoghi dove erano state poste, giudicavano di venire ad un accomodamento e conchiudere coll'andarsene; ma Don Bosco si oppose.

- Fate un verbale del vostro operato, diss'egli, e poi partirete.

- Lo faremo in uffizio, rispose il Delegato.

- Non conviene nè a voi, nè a me, soggiunse D. Bosco. - Perchè?

- Perchè voi potreste variare lo stato delle cose, come potrei fare anch'io; perciò sia fatto qui il dovuto verbale.

- Ma se non abbiamo trovato niente.

- Fate un verbale negativo, in cui si esprima non essersi trovato nulla.

- Lo sottoscriverà anche lei?

- Fatelo qui secondo la verità e lo sottoscriverò ancor io. - E così fu fatto.

Ecco il documento:

L'anno 1860, alli 26 del mese di maggio, in Torino, nella casa del molto reverendo Sacerdote D. Giovanni Bosco, tenente convitto di giovani artigiani e studenti, situata in via Cottolengo, casa propria.

In esecuzione della riverita odierna ordinanza dell'illustrissimo signor Questore di Torino, avv. Chiapuzzi, con cui venne prescritto,di procedere ad una minuta perquisizione domiciliare nella casa anzidetta, ci siamo noi sottoscritti Grasso Savino, Delegato di pubblica sicurezza, Tua Avvocato Stefano e Grasselli Avvocato Antonio, ispettori, il primo della sezione Borgo Dora e l'altro a quella di Moncenisio, e colla scorta delle guardie di sicurezza pubblica, trasferiti nella suddetta località, ove giunti, avuta la presenza del predetto Sacerdote D. Giovanni Bosco, s'è notificato al medesimo lo scopo di tale trasferito, e quindi si è passato in di lui concorso ad una diligente visita in tutti gli angoli, ripostigli, carte e libri esistenti nelle due stanze, che servono di abitazione del medesimo; ma, a fronte delle più esatte ricerche, nulla si rinvenne che interessar possa le viste fiscali.

Di quale operato tutto si è fatto constare col presente verbale, che venne in conferma da tutti quanti gli intervenuti sottoscritto, annotando che copia uguale venne rilasciata al prelodato Sacerdote dietro una sua richiesta. Sottoscritti: GRASSO SAVINO Delegato - TUA Avv. STEFANO, Ispettore - GRASSELLI Avv. ANTONIO, Ispettore.

Verso le ore 6 e mezzo i perquisitori se n'andavano dall'Oratorio recando alla questura la carta originale della dichiarazione; e le guardie levavano l'assedio.

Appena partiti, Don Bosco fu l'oggetto delle pi√π affettuose attenzioni dei suoi cari giovani, i quali fecero tosto con lui quasi come un giorno gli angeli nel deserto praticarono col divin Salvatore, quando fu lasciato libero da un certo perquisitore, di cui ci parla il Vangelo. Chi pertanto gli domandava se avesse bisogno di qualche cosa, chi piangeva di consolazione per vederlo libero, chi voleva sapere quello che gli avevano fatto e detto quei signori in quelle lunghissime ore, chi disapprovava quell'atto ostile e via dicendo: ed egli con volto sereno e col sorriso in sulle labbra rispondeva agli uni, consolava gli altri, a chi sparlava imponeva silenzio, e tutti invitava a ringraziare Iddio, che li avesse fatti degni di patire qualche cosa per suo amore.

Tale fu la prima perquisizione la quale non riuscì ad altro che a soddisfare la borsa di qualche spia del Governo e ad appagare la vendetta di qualche delatore, recando non lieve disturbo alla casa. L'innocenza di D. Bosco e quella di tutti coloro i quali abitavano nell'Ospizio era dunque altamente constatata. Quel verbale, di cui fu conservata copia nei nostri Archivii, avrebbe quindi dovuto persuadere quei certi rappresentanti del Governo di lasciare in pace D. Bosco; ma pur troppo non doveva essere così.

D. Bosco era uscito incolume da quel primo terribile frangente, poichè lo scopo della visita poliziesca era precisamente di trovare un pretesto per sradicare l'opera sua. Ma le preghiere di migliaia di anime buone avevano sventato il desiderio dei peccatori. Il falegname Coriasco sopranominato Gioanin, che, abitava nella sua casetta presso l'Oratorio, nel sito ove attualmente si trova la nostra libreria, al comparir delle guardie era corso smanioso, piangente al Cottolengo, al Rifugio, all'opera di S. Pietro, alle Orfane e ad altri pii Istituti dicendo a tutti: -Pregate, pregate; fanno la perquisizione a D. Bosco: vogliono condurlo in prigione.

Quindi ritornato alla sua casetta dopo aver spiato e cercato di aver notizie, ogni mezz'ora ripigliava il suo giro, correndo e dicendo: -Pregate, pregate; le guardie sono ancora nell'Oratorio! - Finalmente in sull'Ave Maria fu visto comparire tutto lieto sulle porte di quelle case benedette coll'annunzio: - Ringraziate il Signore! Le guardie sono andate via e D. Bosco è libero.

E questa fu una vera grazia della Madonna, perchè era talmente decisa la carcerazione di D. Bosco, che il giornale La Perseveranza, nella stessa mattina, aveva data la gran notizia che D. Bosco era stato tradotto alle prigioni del Senato. Questa notizia fu causa di una scena commovente. Il giovane Gastini, il quale con varii altri giovani dell'Oratorio, andava a lavorar fuori presso capi d'arte esteri e nelle loro botteghe, dopo aver pranzato, ritornava al suo posto, senza nessun sospetto che la invidiabile pace della casa sarebbe stata fra pochi istanti turbata sì gravemente.

Mentre lavorava ad un tratto gli si avvicinò un compagno, dicendogli: - Ho una notizia da darti! Il tuo D. Bosco è in prigione. - A Gastini caddero di mano i ferri del mestiere e gridò con angoscia: -Che cosa hai detto? -Che D. Bosco è in prigione; leggi questo foglio. - E glielo porse.

Gastini lesse, cambiò colore in volto, uscì dalla bottega e a precipizio corse verso l'Oratorio. Si cacciò dentro cogli occhi quasi fuori delle orbite e gridava: - Dov'è D. Bosco, dov'è D. Bosco? Voglio vederlo.

D. Bosco stava ancora sotto i portici, ma Gastini era talmente fuori di sè,che non lo vide e continuava a chiedere: - Dov'è D. Bosco, dov'è D. Bosco? - I compagni glielo indicarono, anzi lo condussero dov'era. Gastini subito non lo riconobbe, ma poi calmatosi a poco a poco, scoppiò in pianto e si gettò nelle sue braccia, esclamando: - Ah! D. Bosco! È proprio Lei?

Anche Villa Giovanni alla voce sparsa in Torino e riportata dai giornali della prigionia di D. Bosco, all'indomani, festa della Pentecoste, era corso all'Oratorio per informarsi dell'accaduto; e lo trovò in chiesa che confessava. Ritornato dopo pranzo lo vide in mezzo a più di duecento giovani, e avvicinatosi a lui, gli disse: - In Torino si va dicendo che D. Bosco è in prigione; ed invece D. Bosco è qui prigioniero in mezzo a' suoi giovani.

D. Bosco nella seconda festa di Pentecoste si affrettò a recarsi al Convitto di S. Francesco d'Assisi per mettere sull'avviso D. Cafasso e suggerirgli le precauzioni da prendersi per eludere una perquisizione che sembrava imminente. D. Cafasso, nell'udire i termini precisi dell'ordine ministeriale, non turbossi. Esclamò solamente: - Hanno posto Gesù sulla Croce e perchè dovranno risparmiare noi? Nell'andare e nel venire per la via la gente si fermava meravigliata a guardare D. Bosco, avendo tutti creduto che fosse stato tradotto in carcere.

Infatti mentre D. Bosco si trovava per la città accompagnato dal giovane Garino all'imboccatura della via allora S. Maurizio, entrandosi in via S. Teresa, udì gli strilloni dei giornali che urlavano: - D. Bosco in prigione: un soldo la copia.-

Era un foglietto in due paginette. Tutti compravano anziosi di leggere la grande notizia. D. Bosco diede due soldi a Garino, perchè comprasse due copie e rideva saporitamente. Certo che il venditore era ben lungi dal sospettare, che colui il quale comperava in quel momento il foglio, era lo stesso D. Bosco.

Sparsasi per Torino la notizia della perquisizione, cominciò all'Oratorio un andirivieni di persone, di ogni ceto e condizione, ecclesiastici e laici, nobili e plebei, per fare visita a D. Bosco e condolersi con lui per l'affronto ricevuto e congratularsi per la trama sventata. Tra i primi accorse il Marchese Fassati. La serie de' visitatori si protrasse lunghissima per varii giorni. Molto severi erano i giudizi che ognuno emetteva contro gli ordinatori di quell'atto illegale.

Al martedì 29 maggio nel giornale l'Armonia usciva alla luce un articolo così concepito:

Perquisizione nell'Oratorio di San Francesco di Sales.

Omai non passa giorno che in questa benedetta terra della libertà non abbiamo da registrare o qualche arresto di Vescovi o Cardinali, o qualche processo o imprigionamento di parrochi, canonici o sacerdoti, o finalmente qualche perquisizione domiciliare.

Sabato alle due pomeridiane toccò a quel gran cospiratore che è il Sacerdote Giovanni Bosco, il quale, come tutti sanno, cospira, sovvenendo alla miseria, ricoverando ed educando i poveri figli dell'operaio, e logorandosi la vita nell'esercizio della carità e del ministero sacerdotale.

Il fisco sperò che nell'Oratorio di S. Francesco di Sales potessero ritrovarsi alcune carte da interessare le viste fiscali. E fu spedito un drappello di apparitori capitanati da un delegato di pubblica sicurezza e due avvocati ispettori, col mandato di procedere ad una minuta visita domiciliare.

D. Bosco stava appunto accettando un povero giovine raccomandatogli dal Ministro, quando gli giunse inaspettata questa visita. Egli accolse con la sua solita affabilità gli incaricati della forza pubblica, e sebbene v'avesse molto da dire sulla legalità del proprio mandato, tuttavia sciorinò loro innanzi le carte e le lettere, che trovavansi nella sua abitazione.

Le ricerche si protrassero dalle due pomeridiane fino oltre alle sei, e il Sacerdote Bosco, che in quel tempo doveva ascoltare le sante confessioni, perchè giorno di sabato e vigilia di Pentecoste, fu costretto invece ad assistere alle operazioni della polizia. E vi assistè con quella giovialità, che è figlia di tranquilla coscienza, cercando di trar frutto da quelle ore d'ozio involontario, col fare ai poliziotti qualche opportuno e cristiano riflesso, e mostrare agli avvocati che non era molto gloriosa l'impresa a cui attendevano.

Non occorre dire che le più minute ricerche riuscirono a nulla. Non sono i preti che cospirano, e i ministri lo sanno. Due carte diedero un po' da pensare alla polizia tra le tante di D. Bosco. In una trovavasi una sentenza un po' troppo clericale. Ma si venne a scoprire che era una sentenza di Marco Aurelio! Nell'altra contenevasi un Breve del Papa al Sacerdote Bosco, ma trovossi che quel Breve era già stato pubblicato per le stampe!

Alle sei passate la polizia abbandonava l'Orat. di S. Francesco di Sales, rilasciando al suo Direttore la seguente dichiarazione.

È la stessa che noi abbiamo riferito più sopra. I giornali riportavano i giudizi dell'Armonia, ma da tutte parti il giornalismo settario declamava contro la Casa e l'Opera di D. Bosco perfidiando ad eccitargli contro la popolazione.

Più inviperiia e più invelenita la Gazzetta del Popolo, non si peritò di tornare alla carica, scrivendo: “ Il Fisco; ha proceduto ad una perquisizione al noto D. Bosco, direttore di una nidiata di baciapile in Valdocco; si dice che nulla siasi trovato di compromettente. E che? Non basta al Fisco la Storia d'Italia di questo moderno padre Loriquet, per convincerlo quanto possa essere pericoloso un tale precettore? ” Non meno plateali erano le espressioni di cui farciva più altri suoi articoli, indicando sempre l'Oratorio come centro dì reazione, essendo vivaio di preti.

Ma D. Bosco sentiva l'efficacia di quella promessa: Ego eripiam te de affligentibus te, e risolse di maggiormente ampliare l'Oratorio. La tranquillità del suo animo dimostrava inalterabile speranza nella protezione del cielo.

Aveva già prima progettato col venerando Padre Anglesio, l'acquisto di caseggiati e terreni attigui per duplicare il numero de' ricoverati, quindi una sera raccolti i membri del Capitolo, disse loro: - La perquisizione ha dato occasione ai giornali sia benevoli, sia nemici di parlare di noi e delle nostre opere. Ecco dunque il tempo opportuno per dilatarle. Il Signore per mezzo di questa angheria ci ha fatti conoscere al mondo: approfittiamoci di questa occasione. I nemici hanno tentato di chiudere l'Oratorio e causa precipua di tanti fastidi furono le delazioni di una persona molto beneficata dalla nostra Casa, che volle apparire spregiudicata in fatto di religione, per ottenere avanzamento nella carriera; e noi domani faremo l'acquisto dei locali attigui della Signora Ganna vedova Filippi. La spesa sarà di 80.000 lire. State tranquilli l'anno Venturo avremo un gran numero di giovani”. Fanno testimonianza d'aver udito questo parole D. Rua, D. Savio Angelo ed altri.

Dio infatti aveva aperta la via a D. Bosco perchè giungesse a tale acquisto. Ad oriente dell'Oratorio c'era un fabbricato ad uso allora di setificio, appartenente al figlio della vedova Filippi. D. Bosco anche per liberarsi dalla molestia delle vicine operaie, aveva fatte pratiche più volte per comperarlo, ma sempre senza effetto. Ed ecco che dopo la perquisizione, lo stesso proprietario invitò D. Bosco a manifestarsi se voleva tuttavia comperare.

- Sì, disse D. Bosco, ma ora mi mancano, i danari.

Per questo non s'inquieti, gli rispose il buon signore; se non può oggi, lo farà domani. Io non ho fretta. - E venne tosto firmato il compromesso.

Poco dopo giungeva all'Oratorio il Cav. Cotta e D. Bosco gli parlò della compra di casa Filippi e della somma che veniva a costare. Il cavaliere approvò quel contratto e senz'altro disse a D. Bosco: - Faccia pure; per metà della somma ci sono io! - D. Francesia e D. Vaschetti, presenti venne tosto firmato il compromesso.

Ma oltre la compera era anche necessario adattare quei locali, e D. Bosco ne parlava con due suoi alunni osservando che la spesa non sarebbe inferiore alle 100.000 lire. Uno di quelli, che sapeva essere egli ben lontano dal possedere una tale somma, gli disse: - Signor D. Bosco! Comperare la tale casa, riattarla è cosa utile, va bene: ma e i danari?

- Siete propriamente uomini materiali! Non sapete che pel Signore dare un'idea buona ad uno e dargli i mezzi per realizzarla, è una stessa cosa? Anzi è molto più difficile il creare questa idea, che dare i mezzi da metterla a compimento! Io tengo questa base in tutte le mie imprese. Cerco prima ben bene che quella tale opera ridondi a maggior gloria di Dio ed a vantaggio delle anime: se così è, vo avanti sicuro, che il Signore non lascia mancare la sua assistenza; se poi non è quello che io m'immagino, anzi credo, vada pur tutto in fumo ed io sono ugualmente contento.

Così egli sperava e parlava, mentre tutti i buoni temevano per lui e alcuni ancora lo biasimavano come eccessivamente audace. “ Egli però, scrisse il Can. Anfossi, faceva, con dignità e sempre sorridente il suo cammino, ed io che vissi con lui per tanti anni, mi formava l'idea che ogni sua decisione, non fosse altro che l'effettuarsi di un consiglio ricevuto dall'Alto. Sub tuum praesidium confugimus Sancta Dei Genitrix ”.

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