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Capitolo 44

Letture Cattoliche - L'ultima messa di Don Bosco a Roma - Partenza da Roma e arrivo a Firenze - A Torino - Accoglienze trionfali all'Oratorio - Affetto del Teol. Borel per Don Bosco - Don Bosco presenta all'Arcivescovo di Torino il Decreto di Approvazione e una lettera di Mons. Svegliati - Tenore dei due documenti - Profezia di Don Bosco ad una inferma - La solennità di S. Francesco di Sales - Un'accademia in onore di Don Bosco e sue parole di ringraziamento - Conferenza tenuta da Don Bosco a tutti i Salesiani intorno all'esito del suo viaggio a Roma; gli avvisi dati dal Papa ai Salesiani - Fioretti per la novena di S. Giuseppe - Il Cavaliere descrive alla Presidente di Tor de' Specchi la gioia degli alunni per l'arrivo di Don Bosco - Lettera di Don Bosco alla stessa per ringraziarla della carità usatagli nel suo soggiorno in Roma.


Capitolo 44

da Memorie Biografiche

del 07 dicembre 2006

 Finalmente Madre Maddalena Galleffi il 1° marzo dava l'annunzio al Cav. Oreglia che Don Bosco lasciava Roma: “ Poche righe a volo... Riceverò stamattina Don Bosco che è sul punto di partire. Si è mostrato molto soddisfatto del poco che io mi sono adoperata pe' suoi affari e mi ha promesso preghiere e benedizioni. Attendo Letture Cattoliche di marzo... ”

Queste avevano per titolo: Valentina, ossia una degna figlia di Maria. Versione del Sac. Pietro Bazetti. L'operetta rileva l'amabile Provvidenza Divina che soccorre una poveretta; le croci che santificano la giovane signora in mezzo alle grandi ricchezze: il premio e la consolazione in questa vita a un'anima che arde di amore per Dio e per il prossimo.

Don Bosco fu impedito dall'andare a Tor de' Specchi; e la buona Religiosa scriveva al Cavaliere: “ Godo nel pensare alla loro giusta consolazione nel rivedere Don Bosco: questa non diminuisce la mia pena nel vederlo allontanato da Roma. Mi promise di tornare l'ultimo giorno della sua dimora, ma non venne ”.

Il giorno 2 marzo celebrò la S. Messa in S. Pietro in Vincoli, ove era aspettato da un gran numero di persone; e il Marchese Angelo Vitelleschi ne dava ragguaglio al Cavaliere:

“ Oggi il carissimo Don Bosco ci lascia con nostro sommo dispiacere. Ieri sera Guidi gli faceva avere le mille medaglie in argento, le quali Don Bosco stesso porterà seco in Torino per le altre pare che presto saranno finite; anzi per oggi promise di mandarmene cinquemila di S. Giuseppe ”.

In quel mattino fu recato a Don Bosco un plico coi suggelli della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, perchè lo consegnasse a S. E. Mons. Riccardi. Racchiudeva il decreto di approvazione della Pia Società Salesiana e una lettera per l'Arcivescovo.

Buona parte di quell'ultimo giorno Don Bosco lo passò, col suo ospite il Tipografo Marietti: e verso mezzanotte si recò alla stazione, accompagnato dal Padre Verda. Il Card. Berardi e le famiglie Vitelleschi e Villarios mandarono le loro carrozze per accompagnarlo.

Molti amici lo aspettavano per salutarlo. Giunto a Firenze la Marchesa Uguccioni scriveva a Torino:

 

 

Signor Cavaliere,

 

Le annunzio con vero piacere l'arrivo di Don Bosco a Firenze questa mattina circa le 9. Ebbi la consolazione di averlo qui a dire la S. Messa nella mia cappellina. Le annunzio poi con gran rincrescimento che venerdì mattina verso le 10 conta di essere a Torino. Vede come sono egoista. Don Bosco mi incarica di dirle cosa che mi sembra inutile, cioè che gli faccia trovare qualcuno alla stazione.

 

3 marzo 1869.

GEROLAMA UGUCCIONI GHERARDI.

 

A Firenze Don Bosco fu ospite dell'Arcivescovo e s'intrattenne col Cav. Canton, al quale raccontò delle pratiche già a buon punto per la casa di S. Cajo proposta dal Papa, senza rinunziare alle trattative per le Chiese del S. Sudario.

Ripartito da Firenze il giorno 4, alle ore 11 pomeridiane, lo seguiva una lettera dell'Uguccioni al Cav. Oreglia:

 

Ecco dei nuovi libri che mi prendo la libertà di domandarle, perchè mi sono stati richiesti dalle Signore di Ripoli e credo di obbedire ad un cenno di Don Bosco, procurandone lo spaccio. Sento dal Rev. P. Verda che quel nostro Santo ha fatto molta impressione a Roma. Roma, città dei santi! ! ! Bisogna pur dire che sia santo davvero! ! Ma non torna più!  Se Ella potrà dirmene qualche cosa, mi farà somma grazia.

 

Don Rua, nella sua Cronaca, descrive l'arrivo del Venerabile nell'Oratorio.

“ 25 marzo, venerdì. - Circa alle ore 7 e1/2 di sera Don Bosco giunge in Torino accompagnato da uno dei figli del cav. Marietti. La musica andò alla portieria. Due file di alti pali, uno sì l'altro no, portavano sulla cima un globo di cristallo con entro un lume, gli altri una grossa fiamma, cominciando dalla portieria fino sotto ai portici. Di qua e di là, divisi in due ali, stavano schierati i giovani, lasciando il passaggio libero; gli studenti da una parte, gli artigiani dall'altra. D. Bosco, preceduto dalla musica, passò in mezzo tra le più vive acclamazioni. L'illuminazione dei poggiuoli lo rendeva visibile a tutta la famiglia e si potevano chiaramente leggere le iscrizioni preparate per la circostanza. Egli saliva all'anticamera della prefettura, e quivi prese un po' di respiro e un po' di refezione raccontando alcune vicende del suo soggiorno a Roma. Si fermò specialmente a far vedere la pianta della nuova località, colà acquistata, colla Chiesa, che sola era stimata del valore di centocinquanta mila lire. In cortile intanto si suonarono diversi pezzi di musica e l'inno. Fu un continuo evviva, un continuo succedersi di mille segni di giubilo ”.

Quella sera accadeva una scena che commosse tutti i Salesiani e i giovani che ne furono testimonii.

Il Teologo Borel, che si trovava a letto gravemente ammalato nel vicino Ospizio del Rifugio, sentendo nell'Oratorio il risuonare della musica e le grida di evviva e i battimani, capì che era arrivato Don Bosco e, approfittando dell'essere solo, poichè in quel momento nessuno lo custodiva, si alzò e si vestì. Appoggiandosi quindi alle pareti e ad un bastoncello, scese le scale, uscì dal Rifugio, percorse il tratto della via Cottolengo, ed entrò nell'Oratorio. Attraversato a stento e barcollando il cortile, giunse sotto i portici mentre Don Bosco, circondato da tutti i giovani, era giunto ai piedi della scala che metteva nelle sue camere, anzi era già salito sul primo gradino.

 - Oh Don Bosco! oh Don Bosco! ... si sforzava di gridare il Teologo con fioca voce.

I giovani fecero largo.

 - Oh Teologo! rispose Don Bosco, volgendosi prontamente.

 - La Pia Società è approvata? continuò il venerando sacerdote.

 - Sì, è approvata!

 - Deo gratias! Ora, muoio contento!

E senza altro aggiungere, si voltò, ritornò alla sua casa e si rimise in letto.

Quanto amore e quanta stima professava per Don Bosco il Teologo Borel! Verso il 1870, riavutosi alquanto dai suoi mali, incontrava per Torino Don Albera e gli diceva: - Voi dell'Oratorio credete di conoscere Don Bosco! È nulla ciò che sapete. Oh se avessi tempo di raccontarvi ciò che so di meraviglioso intorno a lui, stupireste!

Il Teologo conosceva intimamente le cose dell'Oratorio, e sapeva assai bene l'immensa stima che i giovani avevano per il Venerabile, da tenerlo per un santo straordinario.

Don Bosco non tardava a recarsi in Arcivescovado. Dice la Cronaca di Don Rua:

“ 6 marzo. Don Bosco presenta a Monsignor nostro Arcivescovo il decreto di approvazione della Congregazione o Società di S. Francesco di Sales, con una lettera di accompagnamento spedita da Roma ”.

Il Decreto era del tenore seguente:

 

DECRETO .

 

La salute delle anime, affidata alla cura del Santissimo Signor Nostro Papa Pio IX dal Principe dei Pastori, Lo rende di continuo vigilante a fine di non tralasciare alcuna cosa intentata, perchè la Sacrosanta Cattolica Fede, senza cui è impossibile piacere a Dio, in ogni parte della terra sempre fiorisca e si dilati. Per la qual cosa predilige sopratutto colla singolare Apostolica sua benevolenza quegli uomini Ecclesiastici, i quali riuniti in società, si prendono cura della gioventù, l'ammaestrano nello spirito della scienza e della Pietà, e con ogni studio e sforzo s'adoperano di arrecare abbondanti frutti di virtù e di onestà nella vigna del Signore. Tostochè Sua Santità ebbe conosciuto essere tra simili Società la Pia Congregazione de' religiosi, che, preso nome da San Francesco di Sales, fu eretta in Torino nel 1841 dal sacerdote Giovanni Bosco, la onorò con un decreto di Apostolica lode addì i luglio 1864. Ma il summentovato Fondatore, venuto testè a Roma, insistette appresso alla S. Sede, perchè si degnasse approvare la prefata Congregazione e le sue Costituzioni. Il Sommo Pontefice pertanto, nell'udienza avuta dal sottoscritto Mons. Segretario di questa Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, in data 19 febbraio 1869, attese le Lettere Commendatizie di moltissimi Vescovi, approvò e confermò l'enunciata Congregazione sotto il governo del Superiore Generale, salva la giurisdizione degli Ordinarii secondo la forma dei Sacri Canoni e delle Apostoliche Costituzioni, come a tenore del presente Decreto l'approva e conferma, differita a tempo più opportuno la approvazione delle Costituzioni, le quali dovranno correggersi secondo le osservazioni per ordine di Sua Santità già altre volte comunicate, eccetto la quarta, che dovrà modificarsi come segue: Cioè la Santità Sua benignamente annuendo alle preghiere del sacerdote Giovanni Bosco, concesso al medesimo, come a Superiore Generale della Pia Congregazione, la facoltà, valevole soltanto per tutto il decennio prossimo venturo, di rilasciare le Lettere Dimissoriali per ricevere la Tonsura e gli Ordini tanto Minori, quanto Maggiori, agli alunni, che avanti i quattordici anni furono accolti in qualche collegio o convitto della medesima Congregazione o vi saranno accolti in avvenire, e che a suo tempo diedero il nome alla prefata Pia Congregazione o lo daranno in appresso; ma in modo che, se per qualsiasi motivo vengano licenziati dalla Pia Congregazione, debbano rimanere sospesi dall'esercizio degli Ordini ricevuti, finchè provvedutisi di sufficiente Sacro Patrimonio, se sono insigniti dei Sacri Ordini, non trovino qualche Vescovo che benevolmente li accolga.

Non ostante qualunque contraria disposizione.

 

Dato a Roma, dalla Segreteria della S. Congregazione dei Vescovi e Regolari, addì 1° Marzo 1869.

 

A.     Card. QUAGLIA Prefetto

S. SVEGLIATI, Segretario.

 

 

Al decreto era unita una Nota della S. Congregazione dei Vescovi e Regolari a Mons. Riccardi Arcivescovo di Torino, la quale, annunziando l'approvazione della Società di San Francesco di Sales, diceva così:

 

3 marzo 1869.

 

La Santità di Nostro Signore, essendosi degnata di approvare l'Istituto fondato in costesta città dal benemerito sacerdote Don Giovanni Bosco, come la S. V. rileverà dall'annesso decreto, ha ordinato contemporaneamente che i chierici alunni del suddetto Istituto continuino a frequentare le scuole di S. Teologia del Seminario Arcivescovile fino a nuova disposizione della S. Sede, sebbene il Superiore possa ai medesimi rilasciare le lettere dimissoriali per la sacra ordinazione, qualora siano entrati nell'indicato istituto, prima di aver compiuto l'anno decimo quarto di loro età. E ciò in considerazione che prima della detta età può anche omettersi la fede di stato libero.

L'Istituto in parola, estendendo i suoi vantaggi morali principalmente alla città e diocesi di Torino, non può non interessare lo zelo della E. V. a mostrargli ogni impegno, onde maggiormente raggiunga lo scopo per cui venne fondato. E sebbene la cosa si raccomandi per se stessa, tuttavia questa Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, che ha la tutela e la sorveglianza di tali pie fondazioni, non può dispensarsi dal fare ogni premura alla S. V., onde continui a coprire della di lei protezione un'opera così buona, nata sotto la invocazione di S. Francesco di Sales. Con tale lusinga le auguro dal Signore ogni più estesa prosperità, ecc.

 

Il giorno di sabato, 6 marzo, Don Bosco aveva confessato fino circa le dieci del mattino; e alla sera confessò dalle 6 sino alla mezzanotte.

In sacristia si presentarono varie persone che desideravano la sua benedizione. Eravi tra esse la signora Lucia Perlo da Caramagna Piemonte, che aveva la figlia, per nome Maddalena, di anni 18 circa, molto ammalata. Sentendo dai medici che l'infermità volgeva in etisia, la condusse a Torino e la presentò a Don Bosco. Il Servo di Dio la benedisse dicendo alla madre:

 - Questa vostra figlia, nel mese di maggio, riacquisterà la salute.

E così fu: la figlia guarì ed entrò fra le suore Giuseppine di Torino. Questo fatto ci venne raccontato da Don Bartolomeo Marchisio, compaesano della giovane.

Don Rua così descrive, nella Cronaca, la festa celebratasi il giorno dopo.

“ 7 marzo, domenica. - Festa di S. Francesco di Sales, nella nuova Chiesa, essendo priore il Conte Viancino. Fu solennissima e passò con santa allegria di tutta la Comunità.

Don Bosco confessò al mattino dalle 6 e1/2 fino alle 9, sotto il pulpito. Il Teol. Murialdo Leonardo venne a cantar la Messa e fare il panegirico, e Mons. Balma a dare la benedizione. Per questi personaggi ed alcuni altri fu ammanito un pranzo a parte.

” Fuvvi di singolare in questa festa che il Conte Viancino compiè una promessa per grazia ricevuta. Una settimana prima era venuto a raccomandarsi alle preghiere dell'Oratorio per poter fare l'esazione di un credito assai considerevole, che parevagli quasi perduto, promettendo la decima a Maria Ausiliatrice, se vi riusciva. All'indomani della promessa ricevè avviso di recarsi alla posta. Colà trova una lettera cortesissima del suo debitore, in cui era acclusa l'intiera somma dovuta per capitale, con tutti gli interessi che da qualche anno più non gli venivano pagati, e tutto ciò accompagnato da espressioni della più sincera amicizia e gratitudine ”.

Dopo pranzo alle 2 e ½ circa, si raccolsero i giovani nello studio preparato con addobbi per festeggiare l'arrivo di Don Bosco. Stava alla destra del nostro buon padre Mons. Balma, alla sinistra alcuni sacerdoti della casa e forastieri, D. Picco, D. Pechenino e varii chierici. Alla destra di Mons. Balma, il Baron Bianco di Barbania, il Conte Viancino ed altri personaggi illustri. L'accademia durò un'ora e mezzo. Si cantò l'inno messo in musica da Don Cagliero, accompagnato dalla banda; si lessero varie composizioni analoghe in prosa ed in poesia, in piemontese ed in italiano, si recitò qualche dialogo, e Gastini cantò le sue ballate. Sei giovanetti, vestiti alla calabrese, cantarono la canzone napoletana Nuia portammo la musica bella, che riuscì piacevolissima.

Don Bosco, dopo la lettura delle composizioni, parlò: - Tutto quello che avete espresso non appartiene a me, ma qui a Mons. Balma e agli altri benefattori. Io dovrei essere l'ultimo, poichè sono essi che concorsero colle loro elemosine, ed intervenendo colla loro presenza resero più bella questa festa. Io vi ringrazio delle preghiere che avete fatte durante la mia assenza, le quali furono esaudite e per cui si sono ottenuti molti favori, come vi dirò poi. Adesso ringraziamo, e molto, il Signore Gesù Sacramentato.

Quindi si andò in Chiesa per i vespri solenni, cantati dai giovani. Il Maestro Beatrice cantò l'Ave Maria prima della benedizione.

Alla sera, lotteria ed illuminazione. Su tutte le finestre interne della casa e sui poggiuoli brillavano lumi disposti a disegno e formanti iscrizioni in onore di S. Francesco di Sales e per l'arrivo di Don Bosco. Le preghiere furono dette nello studio.

Quella sera D. Bosco parlò ai membri della Congregazione radunati nel refettorio, ove convennero eziandio coloro che aspiravano ad appartenere alla Pia Società di S. Francesco di Sales. Non mancavano i Direttori delle altre case con Don Pestarino di Mornese. Di questa conferenza, della quale abbiamo già fatto cenno, possediamo vari riassunti. Secondo il più diffuso Don Bosco esordì così:

 

È vostro vivo desiderio in questo momento sapere l'esito del mio viaggio a Roma e che cosa siasi conchiuso intorno alla nostra Società. E ancor io provo un gran piacere nel narravi l'esito delle mie fatiche, perchè si vede in modo palese che il Signore voleva che le nostre cose si stabilissero in modo sicuro. Questo viaggio mi fu favorevole oltre ogni mia aspettazione.

Tutti sapete che questa nostra Casa, o meglio questa nostra Società, finora andava avanti così senza avere un fondamento sicuro di sua esistenza: aveva regole, ma non essendo approvate si restringevano a legare individui attorno ad una persona per uno scopo determinato. E quindi, morto Don Bosco, poteva forse anche morire la sua Società. Fin dall'anno 1864 la Società fu lodata, e Don Bosco ne era stato costituito capo, ma nulla di più; poi nel 1867 fu da parecchi Vescovi commendata e raccomandata. Ma ora si trattava di venire ad una conclusione definitiva, o di approvazione, o di scioglimento. La vita nostra era precaria. E ad ogni occasione i Vescovi potevano richiamare i loro chierici, perchè soggetti alla loro giurisdizione; ed allora la Società restava sciolta di fatto. Perciò era d'uopo che i membri fossero quindi liberi e affrancati dalla giurisdizione Vescovile. Perciò pensai di andare a Roma. Si frapponevano immensi ostacoli. Il Consiglio diocesano richiesto di un modulo, che salvasse ad un tempo l'autorità vescovile e l'esistenza della Società, aveva lasciata la cosa in ponte. Molti Vescovi ed altre persone, per altro piissime e di più a me favorevoli, mi voleano persuadere essere inutile la mia andata, perchè non sarei riuscito a far approvare le mie regole e per conseguenza la Società; tanto più che a Roma si doveva pensare al concilio ecumenico. Adducevano gran numero di ragioni e di insuperabili difficoltà. Da Roma mi scrivevano e mi davano anche avvisi, coi quali mi si assicurava essere cosa affatto inutile e tempo perduto l'andare a Roma, perchè non avrebbero mai concesso ciò che dimandava, ed essere impossibile l'approvazione delle Regole.

Io pensai allora: - Tutto mi è contrario, eppure il cuore mi dice che, se vado a Roma, il Signore nelle mani del quale sta il cuor degli uomini, mi vorrà aiutare. Dunque andrò a Roma! - E pieno di fiducia partii. Era intimamente persuaso che la Madonna mi avrebbe aiutato e ogni cosa avrebbe disposto in mio favore; e niuno mi avrebbe tolta questa persuasione. Rispettava i consigli dei miei amici, ma non voleva tralasciar di fare quanto pareami essermi suggerito dal Signore. Partii adunque confidando unicamente nel Signore e nella Madonna.

 

Passò quindi a descrivere, fra la viva attenzione di tutto l'uditorio, quanto noi abbiamo narrato nei capitoli precedenti sulle pratiche da lui aperte per ottenere le sospirata approvazione. Enumerò le difficoltà incontrate, che sembravano insuperabili; palesò e descrisse l'intervento della Madonna Santissima nel persuadere que' Prelati che opinavano di non poter acconsentire a certe domande; disse come un tale intervento valse più di qualunque ragione; ricordò il paterno affetto col quale il Papa lo accolse; ringraziò Iddio dell'approvazione concessa dalla Chiesa alla Pia Società; specificò i favori e le indulgenze elargite dal Sommo Pontefice; e facendo notare l'importanza del decreto del 1° marzo osservava:

 

Il S. Padre approvò adunque la Congregazione non solo secondo la mia aspettazione, ma, posso ben dire che se sperava come uno, ottenni come dieci. Ecco il risultato principale:

1° La Società di S. Francesco di Sales è definitivamente approvata.

2° I giovani, entrati prima dei quattordici anni nel Collegio di Torino, o negli altri dipendenti dal Superiore della Società di S. Francesco di Sales, sono sottratti alla giurisdizione vescovile, e il Superiore Generale potrà dar loro le dimissorie. Per costoro non abbiamo dunque più bisogno di chiedere la licenza dai Vescovi per poterli ordinare. I giovani poi che entrano dopo i quattordici anni e che appartengono alla Società, dietro lista spedita a Roma, saranno muniti

delle dimissorie della S. Sede.

3° Si potranno ordinare senza necessità di patrimonio, ma solo titulo mensae communis.

Intanto vi dico aver ferma speranza, che la legge sui chierici non passerà, e che Maria Ausiliatrice ci aiuterà.

Vi sono altre cose che saranno spiegate in appresso .....

Quello che ha di particolare la nostra Società si è che si può adattare a qualunque forma di governo, sia repubblicano, o monarchico assoluto, o costituzionale; poichè i suoi membri in faccia alla società civile sono considerati come liberi cittadini, e possono possedere e disporre per testamento.

Scese in seguito (secondo altre memorie) a narrare distesamente della casa a noi assicurata sul Quirinale, dietro suggerimento di Stia Santità, per fondarvi uno studentato, e, ringraziando il Signore, soggiungeva:

 

Io ebbi poi due lunghissime conferenze col S. Padre Pio IX ed in queste mi diede molti consigli da riferirvi e che disse essere di somma importanza. Io me li sono notati, e ve li esporrò poco per volta. Si mostrò molto benevolo verso di noi, poichè egli, come sempre, fu ed era favorevolissimo per l'approvazione della Pia Società.

Egli mi disse adunque:

In I° luogo: estote prudentes sicut serpentes et simplices sicut columbae. Nello spirito e nell'unione osservate e imitate i Gesuiti. Essi in primo luogo non manifestano a nessuno ciò che riguarda l'ordinamento e l'andamento interno delle loro case. Quindi non danno appiglio alla gente di metter lingua nei loro affari Chi è che possa dire ciò che i Gesuiti fanno, trattano, dispongono nelle loro Case? Così voi parlate della vostra Società meno che potete; se siete interrogati, poche parole e poi cambiate argomento; e dovendone parlare, ditene sempre bene. Nessuno conosca ciò che fate nell'interno: chi vada, chi venga, quali ordini diano i Superiori, se vi saranno cambiamenti di personale, e via discorrendo. Tenete celati tutti i difetti della Comunità. Se qualche cosa avvenga che possa in qualche modo macchiare o diminuire il nome o la riputazione della Società, fate che rimanga sepolta ad ogni estraneo.

In 2° luogo non sentirete mai un Padre della Compagnia parlare meno favorevolmente di uno dei loro. Anzi è sempre con grandi elogi che rispondono a chi entra con loro in discorso di qualsivoglia loro confratello. La carità è ingegnosa nel trovar sempre argomento di lode. Allo stesso modo sanno sostenere e far conoscere i pregi di quanto fra loro si dà alle stampe o, comunque sia, operasi a vantaggio della Chiesa, dei popoli, delle missioni, e della gioventù: uno per tutti e tutti per uno, ecco la loro insegna. Così voi difendetevi a vicenda in ogni circostanza: non si palesino le miserie di un membro della Società, per quanti difetti egli abbia. Ogni membro sia disposto a sacrificare se stesso per salvare il corpo: e a vicenda animatevi al bene.

In 3° luogo ricordate che non il numero fa una Casa, ma lo spirito. Vi sia un solo spirito per raggiungere un unico fine; quindi vi sarà Società, quando siate anche due o tre soltanto, ma questi buoni.

I molti e cattivi imbrogliano. Guardatevi dal ricevere con troppa facilità un individuo senza averlo ben provato nella vostra Società. Bricchetti alla prova. Chi vuole entrare nella Società si metta primo a qualche cimento per vedere se regge. Se lo vedeste dubbioso, non lo ricevete.

In 4° luogo la vostra Congregazione fiorirà se si osserveranno le regole, fino a che non vi entreranno dei nobili, o dei ricchi, perchè con essi incominceranno ad introdursi le agiatezze, le parzialità e quindi la rilassatezza.

Procurate di attenervi sempre ai poveri figli del popolo. Non fallite il vostro scopo primiero e la vostra società l'abbia sempre sott'occhio: non aspiri a cose maggiori. Meglio far bene su queste sue prime basi, che optime, in un'altra sfera che non è la sua. Educate i giovani poveri, non mai abbiate collegi pei ricchi e pei nobili. Intanto che vi occuperete della gioventù povera e degli orfanelli, sempre collo scopo di dare membri al clero, la vostra Società andrà avanti bene; ma se vi occuperete per metter su collegi ed istituti di nobili, allora la Società degenererà. Tenete le modiche pensioni. Non accrescetele mai. Non prendete ad amministrare case ricche. State celati, nascondetevi per non essere veduti. Se educherete i poveri, se sarete poveri, se non farete chiasso, nessuno avrà invidia di voi, nessuno vi cercherà, vi lasceranno tranquilli e farete del bene. Tutti i collegi colpiti oggigiorno, lo furono perchè, parlando molto di loro, accesero gelosia. Fate parlare di voi il meno che sia possibile: e poi se starete alle vostre Regole, non mancherete a questa prudenza.

5° Se qualcheduno possiede qualche ricchezza, ritocchi il suo testamento tutti gli anni, e il Superiore sappia colui che si vuol lasciare crede, poichè possa anch'esso disporre. Così sarete cautelati e non sorgeranno contestazioni o perdite. Principalmente quando i beni son lasciati all'individuo, per la casa.

Il Santo Pontefice mi diceva eziandio:

 - Io stimo che sia in condizione migliore una Casa religiosa dove si prega poco, ma si lavora molto, di un'altra nella quale si facciano molte preghiere e si lavori niente o poco.

E mi raccomandò che si guardasse bene dall'affidare a' religiosi giovani la cura delle sacrestie nelle Chiese pubbliche, perchè diceva che quivi si mena regolarmente una vita oziosa, che vi si trovano più pericoli di quello che non si creda, e che l'esperienza insegna essere ciò causa di lagrimevoli cadute.

Il Papa finì coll'incoraggiarci ad andare avanti per guadagnare anime al Signore. Egli era sommamente commosso per le meraviglie che Dio operava in nostro favore e delle grazie che spandeva su di noi. Ed è perciò che il suo Vicario ci accompagna colle sue benedizioni.

 

Don Bosco chiudeva la conferenza così:

Ecco in breve il motivo per cui sono andato a Roma e in generale ciò che ho fatto colà. Abbiamo ottenuto esenzioni e privilegi, ma noi saremo sempre obbedientissimi ai Vescovi ed ai parroci, e non ci serviremo delle nostre facoltà, se non esauriti tutti gli altri mezzi, anche di umile deferenza. Del resto siane di cuore ringraziato Iddio e faccia ora che la Congregazione nostra si purifichi nel suo intero corpo e nei suoi membri e che possa apportare degni frutti a sua gloria e al bene delle anime. In questo modo ci faremo amare, e nel nome del Signore opereremo grandi cose.

 

Ciò detto, Don Bosco scioglieva l'assemblea. Gli avvisi di Pio IX furono più volte da lui ripetuti e spiegati, in privato e nelle Conferenze. Il domani i Direttori si congedavano dal caro padre, recando seco i fioretti per la novena di S. Giuseppe.

 

Fioretti per la novena di S. Giuseppe - marzo 1869.

 

1° Patire, ed anche morire, ma non peccare.

2° Le ricchezze, gli onori, i piaceri, che mi serviranno al punto di morte?

3 ° Tardi o tosto mi dovrò presentare al tribunale di Dio.

4° È una pazzia cercare la felicità lontano da Dio.

5° Oh quanto sarà lunga l'eternità.

6° Come si vive, così si muore.

7° Dio non abbandona il giovane virtuoso.

8° Che dolce piacere riposare in pace con Dio.

9° O Paradiso, quanto devi essere bello! Voglio guadagnarti.

10° In onore di S. Giuseppe, non macchierò giammai la mia lingua con parole indecenti.

 

 

Il Cav. Oreglia il giorno dopo scriveva alla Presidente Galleffi :

 

Nell'Oratorio paiono diventati tutti matti. Chi canta, chi suona, chi grida, tutti così allegri che più nessuno sta nella pelle. Neanche le campane stanno quiete un momento, per cui obblighiamo anche i lontani a rallegrarsi con noi. Don Bosco è arrivato e quindi non è più possibile tener quieti, non solo i ragazzi, ma anche i grandi. Poche cose posso dirle in dettaglio: Lei capisce bene cosa possono fare 900 giovani che sono contenti. Se fosse qui, ne sarebbe assordata per un mese. Grazie a Dio, Don Bosco sta bene ed è allegro è contento anche lui... Già mi parlò di Lei... spero che sarà stata soddisfatta di Don Bosco, benchè certo egli non potè fare il millesimo di quanto fa Ella per noi... Ma ora si tratta di affari in grande. Bisogna proprio che si metta nell'impegno di vendere tanti libri, da procurarci i mezzi da fabbricare la casa in Roma...

 

Qualche giorno dopo anche Don Bosco scriveva alla stessa religiosa :

 

 

Benemerita Signora Presidente,

 

Sebbene il Cav. Oreglia ed altri le scrivano di quando in quando anche da parte mia, giudico però mio dovere di esprimerle in questo giorno almeno alcuni pensieri di gratitudine. Pertanto ringrazio Lei e, nella sua persona, ringrazio tutte le sue figlie religiose, della bontà e della carità usatami durante il mio soggiorno in Roma ed in tante altre occasioni.

Io intendo di raccomandare ogni giorno nella Santa Messa Lei e tutte le sue figlie, affinchè Dio loro conceda il centuplo di quanto fanno per questi poveri giovanetti; la Santa Vergine poi pagherà a tutti la parte sua.

Non mi fu pi√π possibile di parlare al P. Ambrogio prima di partire da Roma, ma non ho mai mancato di raccomandarlo al Signore e far particolari preci per lui.

Il Cav. Oreglia nella prossima settimana parte per Roma, onde prendere parte alla messa cinquantenaria del Santo Padre. Egli le parlerà di molte cose. Esso e D. Francesia si uniscono meco ad ossequiarla. Se vede mad. Merolli la riverisca da parte mia e le dica che io intendo di raccomandare Lei e le persone che ho vedute in sua casa alle preghiere che si fanno all'altare di Maria Ausiliatrice ogni giorno.

Se poi vedesse la principessa Orsini, abbia la bontà di dirle che a nome di Maria Ausiliatrice si adoperi per la mia commissione.

Alle Marchese Villarios, Vitelleschi, Calderari ecc. buone feste.

Dio conceda a tutti il dono della perseveranza. Così sia.

 

Torino, 25 marzo 69.

Obbl.mo Servitore

Sac. Giovanni Bosco.

 

 

 

 

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